Un Natale fiorentino che parla di Speranza e tiene insieme la Lotta, che usa parole somiglianti dentro due piazze che vivono la fatica di questo tempo, in cui in molte persone ci chiediamo il senso di tutto questo essere in Viaggio, solidali e resistenti, anche quando non sembrano esserci spazi di trasformazione dell’Utopia in Realtà; eppure Firenze ancora incontra e si confronta.

Si parte dalla Realtà, non potremmo fare altrimenti, si parte dalle tante troppe situazioni in cui viviamo mancanza di sicurezza sul lavoro, mancanza di sicurezza ambientale, mentre ricorrono parole spesso vuote intrise di ipocrisia quando il dopo significa tardi, il prima non viene ascoltato: all’inizio di questo mese ancora morti annunciate (perché la situazione era già stata “denunciata”) nella zona della piana – a Calenzano per l’esattezza e non si è trattato soltanto di morti sul lavoro, sono state messe a rischio le zone già messe a dura prova per i danni ambientali causati dalle opere realizzate dall’essere umano (le alluvioni, l’inquinamento da polveri sottili e da pfas…); si parte quindi dalla necessità di una lotta che rimetta al centro sì la speranza, ma soprattutto quella di avere ancora la determinazione e la forza per non rinunciare a portare l’indignazione.

La Veglia di Natale all’Isolotto ha tenuto insieme gli interventi di movimenti e persone che hanno spezzato il silenzio, delle Donne insieme per la Pace e degli Uomini della ex GKN o meglio le donne e gli uomini che in forme differenti promuovono presidi e occasioni di convergenza; ha tenuto insieme Assopace Palestina e Fuori Binario che denunciano da lontano e da vicino le morti per guerra e per incuria – abbandono – dimenticanza … è la voce di chi non dimentica e rivendica che anima questa piazza, una piazza fredda eppure piena di colori e di voci ancora capaci di indignarsi, che ricorda le donne (e gli uomini) che ci hanno lasciato negli ultimi giorni e li tiene nel cuore e al centro dell’agire collettivo che prosegue.

“ (…) Mare nostro portali a riva, prima che muoia l’ultima stella, prima del cambio di guardia, che non li veda la sentinella. Che la riva non sia galera, ne manette ne foglio di via (…) Sono loro la storia del grano, il fuoco che torna al tramonto, il pane spezzato e diviso alla fine del giorno. Mare, ti prego, stanotte falli arrivare, Mare nostro, mare.”

La Messa di Natale alle Piagge si pone nella traiettoria che continua il percorso di testimonianza/e e lo fa in una modalità certamente piena di contraddizioni, lo fa in un modo che non può lasciare indifferenti, che riempie la “chiesa” di simboli tra loro anche divergenti, perché sarebbe riduttivo fare di una collettività un segno solo, di una comunità una parola comprensiva delle diversità. Alessandro e Gherardo: due esseri umani, che hanno provato a tenere insieme quei nastri colorati che durante il gesto dello scambio di un simbolo di pace sono stati annodati (alcuni imbarazzati anche solo nell’incontrare davvero lo sguardo di chi sedeva accanto, altri a proprio agio perché intrecciare è qualcosa di familiare). Nell’augurio di sopravvivere al mare c’è stato potente (credo) l’appello alla Umanità e nella Ballata della Speranza l’augurio di essere donne e uomini di Pace.

Per tutte le persone che credono che le Piagge siano il luogo in cui abitano gli ultimi e le ultime, che chiama alla carità, in questa occasione di convergenza di parole, simboli, gesti, oggi la testimonianza è stata la proposta di poter tenere insieme (senza rinunciare alle differenze, senza annullare momenti di conflitto dialettico) le persone che non sono poste in cima o in fondo ad una gerarchia di soldi – bisogni, perché hanno tutte un Sogno e questo consiste nell’ascoltare la complessità e trovare insieme le risposte.

“Crediamo in Gesù che strappa il velo di ogni ipocrisia e ci apre alla sincerità e all’ascolto. (…) Crediamo negli uomini che riescono a dare un nome alle cose senza possederle, custodi responsabili e non padroni, di tutto ciò che esiste.”

Adagiato sopra un intreccio di nastri colorati, sotto la croce che parla di nonviolenza e lotte (No Tav), avvolto dalla sciarpa che non lascia spazio a interpretazioni (denuncia della situazione palestinese), nella profondità della immagine di un “bambino” (Gesù per le persone credenti, simbolo di “nascita” universalmente), da questo luogo di contaminazione insorgente che riporta nella piazza (Isolotto), Firenze in questi due giorni ha presentato la Lotta quale strumento della Speranza. Ed ha chiesto quindi alle persone presenti, anche solo per portare la loro rappresentanza istituzionale, di ascoltare e osservare con il cuore aperto alla messa in crisi necessaria perché non basta la presenza, occorre la coerenza dentro e soprattutto fuori dalle stanze protette dove la politica si confronta, perché è qui, è fuori che si incontra anche con la propria coscienza collettiva istituzionale e chiede restituzione e collaborazione.

Emanuela Bavazzano e Paolo Mazzinghi