Arriva Natale. Paesi e città si riempiono di fredde luminarie. Il traffico aumenta per la corsa agli acquisti alimentari e ai regali da fare. Gli acquisti sembrano prevalere sulle relazioni. Una persona ha raccontato su facebook di aver salutato con l’augurio “Buon Natale!”, dopo aver pagato alla cassa di un supermercato, e aver constatato il silenzio sbigottito delle persone presenti.
Ci sono una serie di motivi del perché non possiamo più dirci cristiani. La “cristianità” è al tramonto, viviamo in un’epoca ormai post-cristiana; e non perché la gente non frequenti più in massa le chiese e i riti religiosi, ma per la prevalenza dell’egolatria nei confronti della dimensione comunitaria dell’esistenza, dell’attenzione all’altro/a.
L’Europa da tempo ha perso quelle che vengono definite radici cristiane (in realtà ebraico-cristiane), delle quali alcuni politici nostrani si riempiono la bocca. Viviamo in una società, quella europea e quella italiana, che si è allontanata dall’Evangelo. Solo all’Evangelo di Gesù si può far riferimento per rivendicare delle radici cristiane.
La buona notizia (dal greco euanghelion, buon annuncio, messaggio) è che il Dio che Gesù testimonia, nel cui nome agisce, ha due caratteristiche fondamentali: la misericordia e la solidarietà verso chi è sventurato, è precipitato nel bisogno estremo di cibo, di acqua, di vestiario; è malato, è in prigione, è straniero, che ha bisogno di essere accolto (Matteo 25). Il termine misericordia richiama il ventre materno che genera vita. Il Dio di Gesù, secondo la tradizione dei profeti, aborrisce i sacrifici e le offerte, i riti sacri, se le mani grondano sangue. Lo stesso nome di Gesù, Yeshu’a significa “Yahweh salva”.
Paradigmatico il racconto del Vangelo di Luca sulla visita di Maria, che incinta di Gesù, si reca dalla cugina Elisabetta, di lei più anziana, per la quale si avvicinano i giorni del parto. Maria si sottopone a un lungo viaggio per poterla accudire. La dimensione dell’accudimento, di prendersi cura dell’altro/a è alla base dell’essere cristiani.
Gesù, diventato rabbino (maestro) itinerante, senza fissa dimora, ha attraversato la Palestina predicando un vangelo di liberazione dalle oppressioni materiali e spirituali, guarendo i malati, frequentando i poveri e gli emarginati, accogliendo le donne nel gruppo dei seguaci, rifiutando il potere delle armi per difendere la propria persona.
La dimensione della misericordia, dell’accoglienza e della pace, è stata messa da parte nel mondo occidentale. Anche la nostra Europa – con essa l’Italia – ha scelto sciaguratamente la via delle armi per la soluzione dei conflitti, ha privilegiato il riarmo al disarmo, tagliando le spese sociali, in particolare quelle per l’istruzione e per la salute.
Ha preferito chiudere i porti e le frontiere, respingere i profughi che fuggono dalle guerre e i migranti costretti a lasciare le loro dimore a causa delle carestie, dei cambiamenti climatici, della devastazione delle foreste. L’Europa chiusasi in fortezza, come se fosse assediata da eserciti, ha fatto sì che il Mediterraneo diventasse un enorme cimitero.
Il Parlamento italiano ha emanato leggi che riducono il migrante irregolare a delinquente, e creato i CpR, centri di detenzione peggiori delle carceri. Un ministro del governo ha impedito a navi piene di naufraghi, salvati da morte sicura, di approdare al porto più vicino, lasciandoli per giorni e giorni in condizioni disumane. Il ministro del nostro Paese che “difende i confini” dall’ “invasione” di naufraghi, negando il diritto umano al soccorso in mare e sequestrando persone innocenti che non hanno commesso alcun crimine, è assolto dal giudizio di un tribunale umano. Non potranno essere assolti, tuttavia, lui e il Paese che rappresenta, da ogni coscienza umana che crede nella giustizia.
Un’ Europa che non si adopera per mettere fine al massacro genocida che si perpetua nella Striscia di Gaza, dove decine di migliaia di bambine/i sono vittime innocenti, come può dirsi cristiana, come può celebrare il Natale?
Non possiamo più dirci cristiani – come società – perché il cristianesimo non è tale se non realizza nella pratica la parabola del Buon Samaritano (Luca 10, 25 – 37), che si ferma a soccorrere la persona trovata ferita sul ciglio della strada, le trova un ricovero e si adopera perché sia curata e risanata, così da poter vivere una vita degna.