“Aiutare dal basso…” è un’espressione che incontro spesso in articoli di stampa e non solo da quando è iniziata la tragedia palestinese. Ci limitiamo soltanto a quella iniziata il 7 ottobre 2023, a soli tre giorni di distanza – ricordiamolo – dall’evento organizzato da migliaia di donne del movimento israeliano “Women Wage Peace” e palestinese “Women of the Sun” che manifestavano con quei luminosi striscioni ‘Israeli and Palestinian mothers chianging reality’. D’altronde non facevano altro che rispettare e onorare, tra tante altre, anche quella risoluzione ONU 1325 (2000) “Donne, pace e sicurezza”, adottata dal Consiglio di Sicurezza alla 4213a sessione del 31 ottobre 2000, che ci fa piacere riportare qui pur se soltanto con qualche passaggio. Per respirare meglio.
Il Consiglio di Sicurezza,
Ricordando le proprie risoluzioni 1261 (1999) del 25 agosto 1999, 1265 (1999) del 17 settembre 1999, 1296 (2000) del 19 aprile 2000 e 1314 (2000) dell’11 agosto 2000, al pari delle Dichiarazioni del Presidente, e ricordando anche la Dichiarazione del Presidente per la stampa, in occasione della Giornata sui Diritti delle Donne e la Pace Internazionale (International Women’s Day) dell’8 marzo 2000 (SC/6816),
Ricordando anche gli impegni della Dichiarazione e della Piattaforma di Azione di Pechino (A/52/231), così come quelli contenuti nel Documento Finale della 23ˆ sessione speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, intitolata “Donne 2000: Uguaglianza di genere, Sviluppo e Pace per il XXI secolo” (A/S-23/10/Rev. 1), in particolare quelli relativi alle donne coinvolte nei conflitti armati
Tenendo a mente gli obiettivi e i principi della Carta delle Nazioni Unite e la responsabilità primaria del Consiglio di Sicurezza, in base alla Carta, in materia di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale,
Esprimendo preoccupazione per il fatto che i civili, in particolare donne e fanciulli, che costituiscono la vasta maggioranza di coloro che sono colpiti dai conflitti armati, anche nella veste di rifugiati e sfollati interni, sono presi di mira, in modo crescente, dai combattenti e dagli elementi armati, e riconoscendo l’impatto consequenziale che ciò ha sulla pace durevole e sulla riconciliazione,
Riaffermando l’importante ruolo delle donne nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti e nella ricostruzione della pace e sottolineando l’importanza dell’eguale partecipazione e del pieno coinvolgimento in tutti gli sforzi per il mantenimento e la promozione della pace e della sicurezza, e la necessità di accrescere il loro ruolo nei processi decisionali relativi alla prevenzione ed alla risoluzione dei conflitti […].
E qui ci fermiamo, non per noia o sfiducia, ma perché potremmo continuare a leggere per ore e dimenticarci della vita di Nour, di Diaa, di Karam, di Karim e di Siham, persone stupende e soprattutto persone reali che potrebbero essere ‘salvate’ da quei documenti, se venissero applicati correttamente, e non solo quelli, ma decine e decine di altri.
A questo punto qualcuno si domanderà giustamente: chi sono Nour, Diaa, Karam, Karim e Siham?
Queste persone le ho conosciute grazie agli articoli su Pressenza di Mauro Carlo Zanella. Riporto qui i link per chi non li avesse letti, o volesse rileggerli:
https://www.pressenza.com/it/2024/07/nour-la-mia-sorellina-di-gaza/
https://www.pressenza.com/it/2024/08/nour-e-i-suoi-sono-vivi-storia-di-una-famiglia-di-gaza/
https://www.pressenza.com/it/2024/08/gaza-e-un-inferno-una-tragedia-la-testimonianza-di-nour/
https://www.pressenza.com/it/2024/09/nour-elmasry-a-gaza-viviamo-in-uno-stato-di-genocidio/
Qualcosa di profondo e di doloroso mi suggeriva di andare oltre la piccola donazione personale e magari più continuativa quando possibile.
Così è iniziato un dialogo costante e quotidiano su Whatsapp (unico social che uso). Da semplice e modesta donatrice sono diventata un riferimento importante per la famiglia di Nour Elmasry e mi auguro di cuore di non essere la sola, non tanto per l’aspetto economico, quanto per il sollievo di sapere che nel mondo e lontano da loro, in una situazione di disperazione quotidiana, c’è qualcuno si ricorda che anche loro esistono.
Ecco il primo messaggio ricevuto da Nour: “Ciao, grande sorella, ti amo moltissimo e sono molto felice della tua amicizia e della tua vicinanza a me e alla mia famiglia. Ti mandiamo un caloroso abbraccio da qui, dalla Palestina, dalla Striscia di Gaza assediata e distrutta”.
Così gli articoli di Mauro che avevano incontrato la vita di Nour e famiglia, le ricerche di Emanuela, un’altra volontaria che dopo mesi e mesi di silenzio aveva ritrovato un nuovo profilo di Nour, sfollata e priva di tutti i suoi pochi beni, cellulare incluso, mi hanno offerto questa preziosa opportunità.
Con tutte le difficoltà di un collegamento Internet debole e spesso assente, manteniamo tra noi questo filo fragile eppure robusto che non si spezza e unisce le nostre vite ogni giorno.
È la loro vita vera, assurdamente immersa nella sofferenza che mi riporta alla memoria i racconti, i video di Vittorio Arrigoni con i contadini e i pescatori palestinesi, la vita spezzata da una violenza non umana di Rachel Corrie, la morte assurda di Tom Hurndall e di Aysenur Ezgy Eygi, tutti attivisti dell’International Solidarity Movement e tante altre vite umane spazzate via come oggetti fastidiosi.
Poco dopo la nostra conoscenza, Nour m’informa che vorrebbe comprare una tenda robusta per potersi almeno riparare dalla pioggia e con un piccolo gruppo di amiche e amici raccogliamo i soldi e li inviamo. Si devono raccogliere 700 dollari, tanto costa la tenda. “Spero che sia meno, ma ti giuro, sorella mia, che i costi qui sono così alti che la mente umana non riesce a crederci”, mi spiega.
Ci sono tanti momenti di sconforto anche per me perché raccogliere somme in fondo ragionevoli per noi, essendo in tante persone, non è così facile.
“Non so cosa fare, te lo giuro, stiamo morendo in ogni momento. Spero che ci aiuterete, per favore, per il bene dei miei figli piccoli e di mio marito malato”, scrive Nour traducendo diligentemente tutti i miei messaggi inviati in italiano.
I soldi li abbiamo poi raccolti, ma poi non ho più avuto cuore di domandarle della tenda, perché poco tempo dopo sono stati colpiti da piogge torrenziali. Come acquistare e montare una tenda in quelle condizioni?
“Ciao sorella, giovedì comprerò tutto perché ho una brutta influenza”.
“Non sto bene, sorella mia, vivo nel campo di Nuseirat, che è sottoposto a sterminio da quasi una settimana. Riusciamo a dormire solo due ore su 24”
Quando all’improvviso non l’ho più sentita per qualche giorno ho iniziato a temere il peggio. Poi Nour ha scritto di nuovo, quasi cancellata dal dolore di aver perso 9 membri della sua famiglia il 17 novembre scorso, uccisi dai bombardamenti dell’IDF. Pur sconvolta questa donna, e come lei migliaia di altre persone sottoposte a sofferenze indicibili, trova la forza di elencarci i nomi di tutti i suoi parenti uccisi e si preoccupa persino di avvisare: “Se tardo a rispondere online, sappi che i bombardamenti stanno prendendo di mira ogni luogo e non posso chattare con te.”
Poi il nostro piccolo giro di aiuti si allarga un po’ e l’avviso che arriveranno altri contributi da amici di Londra a cui ho inviato gli articoli di Mauro per diffondere le loro storie.
”Grazie mille, grande sorella, a te e a tutti coloro che sono stati accanto a me e alla mia povera famiglia. Sono molto grata a te e a mio fratello Mauro. Sei il cuore pulsante della mia famiglia”.
Ogni giorno per la famiglia di Nour e per migliaia di famiglie è una corsa contro la morte, contro la fame e contro la disperazione.
“Oggi il prezzo di un sacco di farina ha superato i 300 dollari. Aiutami. Se posso comprarlo alla metà del prezzo della farina, per favore, amici miei…”
“Spero che condividerai il mio post e chiederai aiuto, mia grande sorella, per favore”.
Ogni giorno la rassicuro, invento qualcosa da domandarle per farle sapere che non li dimentichiamo, che diffondiamo le loro storie e che, in una parola, li amiamo.
Grazie all’impegno e ai piccoli-grandi contatti tra noi, volontarie e volontari, abbiamo inserito la famiglia di Nour in un gruppo di aiuto le cui donazioni arrivano dall’Italia. Ringraziamo Patrizia.
Ho iniziato con l’espressione “aiutare dal basso…” ma personalmente non sono capace di distinguere il ‘basso’ dall’’alto’. Forse qualcuno me lo potrà spiegare.