In migliaia in marcia ieri, 8 dicembre, tra Susa e la piana di San Giuliano. Non soltanto per commemorare la data ormai canonica, 8 dicembre 2005, in cui il popolo NoTav riuscì a ‘riconquistare’ i prati innevati di Venaus, quando una vera e propria marea umana costrinse alla ritirata le truppe di occupazione; ma per denunciare una volta di più l’illegittimità di quella recente “presa di possesso”, nella notte tra il 5 e il 6 ottobre scorso, per quel fazzoletto di terra nella piana di San Giuliano che ospitava il presidio Sole e Baleno, a tutti gli effetti proprietà privata in condivisione tra oltre 1000 attivisti comproprietari – oltre che ultimo luogo di socializzazione rimasto per il movimento NoTav dopo che anche il presidio di San Didero era stato chiuso d’ordinanza mesi fa.

Foto Daniela Bezzi

Tantissimi i giovani provenienti da Torino che fin dalla tarda mattinata hanno cominciato ad affluire alla Piazza delle Armi adiacente alla Stazione di Susa per la tradizionale polentata. E bellissima partenza del corteo che quest’anno, invece del solito striscione, prevedeva una specie di panchina, realizzata con legni di recupero e fissata ad un trattore, su cui sedevano in amabile conversazione gli attivisti ‘storici’ Ermelinda, Guido e Marisa.

Foto Daniela Bezzi

Una ‘trovata’ che è riuscita a far sorridere persino quei cittadini di Susa che normalmente si dichiarerebbero contrari alle ragioni dei NoTav – ma difficile anche per i più incerti restare indifferenti alla certezza dello scempio che verrà. Questione di mesi, e l’intero territorio circostante la storica cittadina di Susa si trasformerà in immenso cantiere, che continuerà per… quanti anni esattamente? Nessuno è in grado di dirlo. Ma la certezza circa i ‘disagi’ (per usare un eufemismo) sul fronte della viabilità, trasporti, servizi pubblici, scuola, sanità si sta palesando sempre più chiara a tutti.

Le ragioni della manifestazione di ieri, per denunciare una volta di più l’inutilità, oltre che i costi sempre più enormi della Torino-Lione, sul piano economico, ambientale e sociale, sono state ribadite una volta di più da Pacifico Banchieri, presidente dall’Unione Montana e sindaco del comune di Caselette: mentre il corteo stava per mettersi in moto ha ribadito a nome di tutti i sindaci presenti con i loro gonfaloni la contrarietà alla Grande Opera “per il metodo con cui viene portata avanti che esclude i territori e scavalca gli amministratori locali, ignorandone il ruolo di rappresentanza, come dimostrato dagli espropri avvenuti di recente (…) non si può permettere che cantieri devastanti compromettano la storia, la cultura e l’equilibrio ambientale di questo prezioso territorio.”

Tantissimi e tutti molto sentiti gli interventi che hanno accompagnato il corteo nel suo percorso verso la piana di San Giuliano. Particolarmente applaudito quello di Philippe Delhomme a nome di un crescente numero di comitati NoTav in Francia, non più solo nei territori della Maurienne confinanti con l’Italia e già da tempo sfigurati dal cantiere, ma in parecchi comuni lungo l’ipotetico tragitto verso Lione, che si troveranno a subire impatti ambientali non meno gravi di quelli già registrati a Villarodin Bourget e dintorni.

Foto Marioluca Bariona

“Noi, che rappresentiamo il vivente” ha scandito Philippe Delhomme, “foreste e praterie, animali ed esseri umani, alberi e fiori (…) noi abitanti militanti di questi territori ci rifiutiamo di essere schiacciati dal rullo compressore di questo progetto di cosiddetto progresso che la TELT vorrebbe imporci, e che altro non è che distruzione della biodiversità, deforestazione, spreco di acqua (…) Non si può depredare la terra di ciò che non si è in grado di restituire. E comunque: come mai TELT si rifiuta di fornire dati precisi circa il danno alle sorgenti d’acqua, se è vero che il progetto non presenta alcun rischio per l’ambiente? (…)

Ai proponenti l’opera, ai nostri due governi, entrambi gravati da un deficit di bilancio già fin troppo enorme, chiediamo di fermare questi infiniti lavori preparatori per la Torino-Lione: immaginiamo i miliardi che potrebbero essere meglio spesi per scuole e ospedali, per il benessere delle nostre comunità! Abbiamo ben altra storia raccontare, nel nome dei diritti giuridici e fondamentali di ogni essere vivente compresi i corsi d’acqua che percorrono le nostre due valli, la Dora e il fiume Arc: entrambi sono sorgenti di vita che indicano il vero progresso, la via da seguire a tutti noi, semplici cittadini dei due versanti della montagna…”

Salviamo insieme la piana di Susa, recitava a caratteri cubitali un lungo striscione proprio all’inizio del corteo. Imponente il servizio d’ordine schierato in prossimità della suddetta piana, destinazione finale del corteo. Schierato in effetti a difesa del nulla, perché quel minuscolo fazzoletto di terra è ormai devastato dall’incuria e ridotto a deposito del materiale inizialmente utilizzato a mò di recinzioni.

Foto Marioluca Bariona

I lavori dell’ipotetico cantiere inizieranno infatti chissà quando – il che rende ancor più inaccettabili le modalità, la precipitazione e la violenza delle recenti requisizioni, in piena notte, a colpi di lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, senza alcuna consultazione con le autorità locali, in spregio alle ‘regolari’ procedure di esproprio che avrebbero previsto la convocazione di tutti i 1054 comproprietari dell’area.

L’infinito rosario degli abusi che anno dopo anno prosegue, nella più totale impunità.

 

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