La spesa dei Comuni per i servizi sociali è di 37 euro pro capite in Calabria e di ben 429 euro in Trentino-Alto Adige e in generale tutte le regioni del Mezzogiorno si trovano in fondo alla classifica con dati medi inferiori ai 100 euro pro capite di spesa; l’unica eccezione è rappresentata dalla Sardegna che, con 279 euro di uscite per cittadino, è terza a livello nazionale. E’ quanto emerge dalla terza edizione del Rapporto “Salute e Territorio. I servizi socio-sanitari dei Comuni italiani”, elaborato da Ifel Fondazione Anci e Federsanità.

Secondo i recenti dati Istat pubblicati a maggio 2024, la spesa dei Comuni per i servizi sociali continua ad aumentare nel 2021 per proseguire a fronteggiare i nuovi bisogni assistenziali derivanti dall’emergenza sanitaria esplosa con il Covid-19 e della conseguente crisi economica e sociale. Di fatto i Comuni sono responsabili degli interventi e dell’offerta di servizi socio-assistenziali destinati ai propri cittadini e nel 2021 la loro spesa per tale funzione raggiunge gli 8,38 miliardi di euro, pari allo 0,46% del PIL, il 6,7% in più rispetto al 2020. In confronto con il 2013, quando la spesa complessiva era pari a 6,86 miliardi di euro, il dato ha subito una variazione positiva pari al 22%. Restano strutturate disuguaglianze territoriali inaccettabili: il Nord sempre al di sopra del resto del Paese, un Centro che insegue ed un mezzogiorno perennemente in affanno, con valori mai superiori agli 80 euro pro capite, ad eccezione dell’ultimo biennio.

Nell’ultimo anno, si legge nel Rapporto IFEL, la spesa dei Comuni per i servizi sociali per abitante è pari a 142 euro (era di 114 euro pro capite nel 2013) con differenze molto ampie a livello di ripartizione geografica: nel Mezzogiorno è pari a 92 euro, circa la metà del dato registrato al Nord (174 euro).”

Per quanto riguarda le tipologie di spesa e le aree di utenza, nel 2021 il 38% della spesa dei Comuni per i servizi sociali è utilizzata per interventi e servizi, il 33% viene assorbita dalle strutture, mentre la restante parte (29%) è costituita dai trasferimenti in denaro. Tale composizione percentuale è piuttosto stabile negli anni ad eccezione del 2020, quando si registra un balzo improvviso della spesa erogata sotto forma di trasferimenti in denaro, aumentati rispetto all’anno precedente del 22,7%. Nel 2021 si ripristinano le proporzioni tra le tre voci di spesa: le spese per gli interventi e servizi si attestano a 3,22 miliardi di euro, seguono le spese per le strutture a 2,75 miliardi di euro e i trasferimenti in denaro a 2,41 miliardi.

Nel periodo analizzato, ossia il 2013-2021, le spese dei Comuni per i servizi sociali hanno un andamento differente anche in base all’area di utenza alla quale sono indirizzati. A livello complessivo la variazione percentuale della spesa è pari al 22%, ma varia da un minimo del -21,6% nel caso delle dipendenze da alcol e droga, fino a un massimo di circa il +83% per la povertà ed il disagio di adulti e senza dimora. La spesa per tale categoria di utenti non è cresciuta progressivamente come avvenuto per gli immigrati, i Rom, i Sinti e i Camminanti, ma è balzato improvvisamente sopra i 900 milioni di euro a partire dal 2020, quasi raddoppiando rispetto all’anno precedente. Si rileva, inoltre, un preoccupante decremento della spesa per anziani pari al -6% nel periodo di tempo esaminato, un dato in controtendenza con il progressivo invecchiamento della popolazione in Italia. Le variazioni percentuali relative alle dipendenze, agli immigrati e alla povertà sono di grande entità, ma di fatto si riferiscono ad aree di utenza che non rappresentano i principali target di intervento delle spese dei Comuni. Nel 2021, infatti, le risorse sono destinate prevalentemente ai minori e alle famiglie con figli, alle persone con disabilità (26%) e agli anziani (15%), ossia ai residenti che abbiano compiuto almeno 65 anni di età.

Ma chi gestisce il complesso della spesa per i servizi sociali? Degli oltre 8,3 miliardi di euro di spese dei Comuni per servizi sociali nel 2021, 5,6 miliardi hanno l’amministrazione comunale come ente gestore. Si tratta a livello nazionale del 67% del totale. La seconda tipologia di ente gestore è il distretto/ambito/zona sociale, con 1 miliardo di euro, pari al 12,5% della spesa. Tali percentuali differiscono lievemente per ripartizione geografica: si segnala in particolare come nel Centro cresca la quota di spesa gestita dai Comuni, che raggiunge il 75,9%, mentre nel Mezzogiorno spicca il 27,4% della spesa sociale in capo a distretti/ambiti/zone sociali. Analizzando la distribuzione delle spese sociali per aree di utenza tra le diverse tipologie di enti gestori spicca l’alto coinvolgimento dei Comuni per gli immigrati (83,4%) e per le famiglie (76,9%), così come quello dei distretti/ambiti/zone sociali e dei consorzi per l’area disabili (15,3% in entrambi i casi) e gli anziani (14,4% e 11,9% rispettivamente).

Qui il Rapporto completo di Ifel Fondazione Anci e Federsanità: https://www.fondazioneifel.it/documenti-e-pubblicazioni/item/download/6115_e8e4facb08e90b3f5927201adde6fde4