Leonardo spa e Fincantieri sono in prima fila nel mercato delle armi: tutto questo emerge da un rapporto dell’area studi di Mediobanca sul Sistema Difesa_

L’enorme crescita degli investimenti nel settore delle armi registrato nel 2023, continuerà a crescere generando ingenti profitti per le multinazionali del comparto: atteso un aumento del 9% dei ricavi nel 2024 e del 12% nel 2025.

Mediobanca ha pubblicato il report sul Sistema Difesa: dallo studio emergono i dati finanziari di 40 multinazionali e di 100 aziende italiane che operano nel comparto della produzione bellica e della sicurezza, oltre a fornire un approfondimento sulle dinamiche più recenti e prospettiche del settore. Dallo studio di Mediobanca le industrie belliche europee hanno una crescita del +128,1% contro la crescita di quelle statunitensi del +59,0%, anche se quest’ultime risultano tre volte più grandi di quelle europee. La Leonardo spa conta per il 14% del giro d’affari europeo e per il 4% di quello mondiale.

Nel contesto attuale, caratterizzato da un’escalation che vede sempre più concretizzarsi la minaccia della deflagrazione di un conflitto globale, il settore  della Difesa richiede sempre maggiori investimenti per rendere le forze armate italiane idonee per un eventuale scontro fra titani. Questo è evidenziato dal rapporto di Mediobanca.

Nel 2023 le spese per la Difesa hanno raggiunto il massimo storico a livello globale con la strepitosa cifra di 2.443 miliardi di dollari (+6,8% sul 2022), pari a 306 dollari a persona.

Questa spesa è spinta dall’inasprimento delle devastanti e sanguinose guerre in corso in Ucraina e in Palestina, ma anche dalle guerre in zone dove l’attenzione mediatica è carente, come il Sudan, il Sahel, la Somalia e il Myanmar.

L’accendersi di nuovi conflitti, la crescita delle tensioni internazionali ha prodotto enormi profitti per le industrie del settore bellico, basta vedere l’ottimo rendimento dei titoli azionari in Borsa. 

Ma la cosa che salta all’occhio è che la proprietà pubblica delle imprese della Difesa pone i governi nel ruolo duplice di proprietari e clienti. Caso eclatante è anche quello del Ministro della Difesa Italiano Guido Crosetto che come presidente della Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (AIAD), fa palesare un chiaro e lampante conflitto d’interessi fra la funzione di industriale e la carica istituzionale. I venti di guerra sempre più vicini, il coinvolgimento diretto delle truppe italiane in diversi teatri bellici giocano un ruolo cruciale nel determinare il livello di spesa per la Difesa, influenzando le decisioni politiche e strategiche degli Stati.

Fra le 40  multinazionali che producono armamenti con fatturato superiore a un miliardo di euro nel comparto Difesa nel 2023, 17 hanno sede in Europa (quattro nel Regno Unito, quattro in Francia, due in Germania, Italia e Paesi Bassi, una ciascuna in Polonia, Spagna e Svezia), 16 negli Stati Uniti e sette in Medio Oriente e Asia (due in Corea del Sud e India, una ciascuna in Israele, Turchia e Taiwan). Lo scenario internazionale è da tempo dominato dai gruppi statunitensi, con una quota del 68% dei ricavi aggregati nel 2023, seguiti dalle industrie europee con il 27% e da quelle asiatiche con il 5%, (sempre dal rapporto Mediobanca).

Le prime cinque posizioni sono detenute esclusivamente da gruppi nord americani che da soli concentrano oltre la metà del giro d’affari generato dal core business Difesa: Lockheed Martin  RTX, Boeing Northrop Grumman e General Dynamics.

L’analisi dell’industria mondiale della Difesa si concentra sulle 40 principali multinazionali che rappresentano quasi il 60% del giro d’affari complessivo.

Il mercato è concentrato: le prime dieci multinazionali rappresentano oltre due terzi dei ricavi aggregati. Il grado di concentrazione è maggiore nel lato statunitense rispetto a quello europeo.

In Italia la maggiore fetta di torta dei profitti miliardari per la produzione bellica è appannaggio della Leonardo spa, seguita dalla  Fincantieri.

Le industrie belliche europee appaiono di un certo rilievo, ma sono ancora lontane dai colossi statunitensi: la loro dimensione media è pari a poco più di un terzo di quella dei gruppi oltre oceano.

In Europa il primato è conquistato dalla britannica Bae Systems, seguita da Airbus, Leonardo spa, Thales e Rheinmetall, Fincantieri.

Ma l’industria bellica europea soffre di un deficit strutturale rispetto a quella statunitense, e per far fronte alla competitività globale, è necessaria una maggiore integrazione fra le industrie del settore. (sempre da Mediobanca). Pierroberto Folgiero, il numero uno di Fincantieri, in un’intervista al Financial Times ha ribadito che “Dobbiamo deframmentare l’industria della difesa europea. Ci sono troppe piattaforme che generano inefficienze, costi elevati e ostacoli all’interoperabilità tra i Paesi membri. Il settore della difesa è in forte crescita, ma per consolidarlo è indispensabile una visione strategica condivisa”.

L’industria nord americana guarda con interesse lo sviluppo dell’industria bellica italiana.

La Lockheed Martin pensa possibili partnerschip con Leonardo spa e Fincantieri. Emanuele Serafini, vice presidente Western Europe Lockheed Martin intervenendo alla conferenza organizzata da Mediobanca ha dichiarato: “Con Leonardo ci sono grandi interessi nell’aumentare la collaborazione nel settore Spazio. Il primo partner strategico in Italia per il gruppo americano è Leonardo e il secondo è Fincantieri con cui è attiva una collaborazione decennale negli Stati Uniti. Lockheed Martin è pronta a investire e aumentare le partnership”.

Dal rapporto di Mediobanca emerge che la capitalizzazione aggregata delle multinazionali big del comparto della difesa si attesta a 1.000,9 miliardi di euro a fine ottobre 2024.

Gli investitori apprezzano il valore dell’industria bellica: da inizio 2022 a fine ottobre 2024, anni di escalation delle tensioni geopolitiche globali, il rendimento azionario dell’industria della morte è pari al +72,2%, oltre il triplo del +20,1% segnato dall’indice azionario mondiale, con l’industria europea più performante di quella statunitensi: +128,1% contro il +59,0%.

La Rheinmetall nel 2024 è l’industria degli armamenti che ha i migliori rendimenti borsistici, seguita dalla britannica QinetiQ e da Leonardo spa, con Fincantieri in ottava posizione. 

Il comparto italiano guidato da Leonardo spa e Fincantieri, entrambi a controllo statale, primeggia nei segmenti più rilevanti del mercato, in termini di volume d’affari e di contenuti tecnologici. Insieme a Leonardo e Fincantieri, le aziende che superano il miliardo di euro di ricavi sono solo otto che concentrano tre-quarti del fatturato aggregato. Di primaria importanza è il contributo delle società a controllo statale italiano che si attesta al 59,3% dei ricavi aggregati.

Risulta rilevante la presenza di gruppi stranieri nell’industria della Difesa italiana: 36 delle 100 aziende che lavorano in questo campo hanno una proprietà estera che controlla il 25,1% del fatturato aggregato. Le aziende a controllo familiare italiano contano per il 15,6% del totale. La filiera della Difesa vanta una lusinghiera quota di esportazioni, pari al 68,2% nel 2023, i principali mercati sono l’Europa che accoglie oltre la metà delle vendite (61%), le Americhe sostenute in massima parte dagli Stati Uniti (29%) e gli altri continenti (10%). 

Nel triennio 2021-2023 sono stati registrati profitti record. Secondo il rapporto Mediobanca, le aziende hanno messo in atto una buona campagna di investimenti che nel 2023 sono aumentati del 46,5% sul 2021 e si sono intensificati, salendo dal 3,1% del fatturato nel 2021 al 3,9% nel 2023. Come per la redditività, le medie imprese familiari italiane si distinguono per la crescita più incisiva degli investimenti (+71,9% nel 2021-2023) e per la più elevata intensità (5,2% nel 2023).

L’industria bellica, con Leonardo spa e Fincantieri in testa, è quindi direttamente interessata allo sviluppo dei conflitti armati che stanno incendiando il Pianeta. La loro politica di sviluppo e vendita di ordigni e macchine di distruzione e morte, genera guadagni miliardari. Oggi diventa sempre più pressante l’imperativo di fermare questi guadagni sporchi del sangue di decine di migliaia d’innocenti e accelerare la campagna per la riconversione dell’industria bellica italiana in industria di pace e benessere.