Più di 30 città nel mondo, tra cui Tavira, Los Angeles, Belfast, Amsterdam e Edimburgo, hanno aderito al Trattato Plant Based, un accordo che si propone di mettere i sistemi alimentari in prima linea nella lotta alla crisi climatica. Il Trattato Plant Based mira ad arrestare la distruzione degli ecosistemi causata dagli allevamenti e dalla pesca incoraggiando la trasformazione dell’attuale sistema di produzione e consumo alimentare in direzione di un’alimentazione a base vegetale, più sana e sostenibile. Anche se interrompessimo oggi stesso l’uso dei combustibili fossili, le sole emissioni derivanti dal sistema alimentare basterebbero a far innalzare la temperatura globale oltre gli 1,5 °C del limite dell’Accordo di Parigi. Ciò significa che è assolutamente necessario concretizzare in tempi brevi la transizione ad un sistema alimentare più sostenibile. Secondo il Global Methane Assessment delle Nazioni Unite del 2021, bisogna ridurre le emissioni di metano del 45% entro il 2030: la prima fonte di queste emissioni è proprio il settore zootecnico, dal quale deriva ben il 32% del metano globale. Più di 1100 politici, 11 membri del Parlamento Europeo, un centinaio di scienziati e medici – tra cui gli autori di report IPCC Peter Carter, Danny Harvey, Carlos Nobre e Julia Steinberger – e alcuni vincitori di premi Nobel, hanno appoggiato il Trattato Plant Based con la propria firma. In Italia, una coalizione di centinaia di organizzazioni e aziende – tra cui Legambiente, LAV, Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana, OIPA, Teachers for Future, Fridays for Future, Extinction Rebellion, Essere Animali, Naturasì, Plant Based Clinic e Greenpeace – sta esortando consiglieri, assessori e sindaci di tutti i comuni italiani a firmare il Trattato Plant Based.
Per saperne di più, su questa importante tematica, abbiamo raggiunto Davide Gentilini, referente di Plant Based Treaty Milano, per intervistarlo.
Quando nasce Plant Based Treaty e qual è il suo scopo?
Il Plant Based Treaty nasce nel 2021 come iniziativa dal basso che tramite la raccolta firme di individui, politici, partiti, associazioni e aziende tenta di fare pressione sui governi delle città affinché si impegnino di adottare i suoi punti di azione.
Si tratta più di un movimento globale e di un appello che si sta diffondendo a livello internazionale, piuttosto che di un accordo legalmente vincolante tra governi.
L’obiettivo principale del Plant Based Treaty è quello di promuovere un’azione globale urgente per affrontare la crisi climatica e ambientale attraverso una transizione verso sistemi alimentari basati su piante. In sostanza, si propone di:
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Ridurre drasticamente le emissioni di gas serra. L’allevamento intensivo è uno dei principali contributori al cambiamento climatico per via delle emissioni di metano, un gas serra 28 volte più potente della CO2 (US Environmental Protection Agency). Ciò è riconosciuto dall’ultimo report dell’IPCC (2023) che evidenzia come sia fondamentale passare a diete a base vegetale per ridurre significativamente le emissioni nocive.
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Preservare la biodiversità: La deforestazione per far spazio a pascoli e colture destinate all’alimentazione animale è una delle principali cause della perdita di habitat e di specie. Si stima che il 65% della deforestazione in Amazzonia sia dovuta alla creazione di nuovi pascoli (Recanati et al., 2015).
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Migliorare la salute pubblica: L’Harvard Medical School (2024) ci avvisa su come diete ricche di frutta, verdura, legumi e cereali integrali siano associate a un minor rischio di malattie croniche come malattie cardiache, diabete e alcuni tipi di cancro.
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Garantire la sicurezza alimentare: Andando ad affrontare direttamente uno dei principali fattori della crisi ecologica tentiamo di prevenire un avanzamento della crisi che già danneggia la nostra produzione alimentare. Inoltre, sistemi alimentari basati su piante sono più resilienti ai cambiamenti climatici e possono contribuire a nutrire una popolazione mondiale in crescita. Basti pensare che secondo dati della FAO che l’83% del fabbisogno calorico della popolazione umana è ricoperto da fonti vegetali. Per produrre questi cibi è necessaria solo il 16% di tutta la terra impegnata nel settore agricolo.
Per ottenere questo cambiamento il Trattato Plant Based propone ai governi cittadini 40 punti d’azione suddivisi in 3 categorie:
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Abbandonare: non costruire sul territorio nuovi allevamenti e mattatoi che servono ad ampliare l’industria zootecnica.
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Ridirezionare: promuovere cibi a base vegetale e impegnarsi in una graduale ma attiva transizione da produzione e cibi a base animale a cibi a base vegetale.
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Ripristinare: impegnarsi nel ricostruire sistemi ecologici autoctoni compromessi.
Che obiettivi avete raggiunto in Italia?
Il Trattato Plant Based, pur essendo un’iniziativa internazionale, ha già ottenuto diversi risultati significativi in Italia.
Diverse organizzazioni italiane animaliste ed ecologiste come l’OIPA, hanno sottoscritto il trattato. Due anni fa il partito di Europa Verde ha aderito al trattato e siamo tutt’ora in contatto con politici e consiglieri comunali, dimostrando una crescente l’importanza che viene data a questa iniziativa a livello nazionale.
Il trattato in qualche modo ha esercitato una pressione positiva sulle istituzioni italiane, spingendo verso una maggiore attenzione alle tematiche legate alla sostenibilità alimentare e all’impatto ambientale dell’agricoltura.
Il Plant Based Treaty ha favorito la nascita di collaborazioni tra diverse realtà, sia a livello nazionale che internazionale, per lavorare insieme verso un futuro più sostenibile. Siamo anche stati a parlare all’interno di licei per far crescere la consapevolezza tra i giovani.
Che cosa può fare una singola persona?
In realtà una serie di cose. Cambiare le nostre abitudini alimentari Riducendo il consumo di carne e latticini e magari sostituendoli gradualmente con legumi, cereali, frutta e verdura. Uno stile di vita che può sembrare difficile, ma con i canali d’informazione e un approccio di transizione graduale è più semplice di quanto si pensi.
Possiamo informare e sensibilizzare magari parlando con amici e familiari, condividendo le tue conoscenze sui benefici di un’alimentazione a base vegetale e sull’impatto ambientale dell’agricoltura animale. Non dimentichiamo che i social media sono un mezzo potente di diffusione di informazioni, magari possiamo utilizzarli in un modo più culturalmente attivo.
Possiamo però sicuramente sostenere le organizzazioni magari diventando socie o soci e offrire un pochino del nostro tempo per partecipare agli eventi o se non si ha tempo anche donando si fa in modo che molte realtà possano continuare ad esistere. Insomma, tocca solo scegliere quale strada la si ritiene più opportuna.
Che messaggio lanciate ai politici italiani?
Quello che chiediamo ai politici e alle politiche italian* è sicuramente di informarsi e firmare. Di prendere esempio dalle 34 città che hanno aderito, ascoltando le necessità di oggi e le 216 mila persone nel mondo che firmando chiedono il tipo di azione promosso dal trattato plant based.
Siamo sicuri che ci sono persone che in politica possono ascoltare e comprendere le nostre ragioni, è a loro soprattutto che il nostro messaggio vuole arrivare.
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