Venerdì 15 novembre lo sportello di sostegno legale e amministrativo alle persone migranti ‘Legal Aid. Diritti in Movimento’ invitava in assemblea gli sportelli e le associazioni che a Roma si impegnano perché i diritti di chi chiede asilo all’Italia vengano rispettati (per la lista completa delle partecipanti si consulti il post Instagram dello Sportello creato a margine dell’assemblea). Occasione per l’incontro la presentazione del rapporto annuale dello sportello, dal titolo ‘Roma Accoglie?’, che ha il merito, tutt’altro che passeggero o casuale, di richiamare la vicinanza tra i temi della migrazione e del diritto a una degna abitazione.
L’obiettivo della discussione era quello di trovare una sintesi comune su cui impegnarsi in rete per vedere realizzati i cambiamenti istituzionali sistemici di cui abbiamo bisogno per fare un passo in avanti verso il riconoscimento e la difesa della dignità di ogni persona. Come attiviste e attivisti, presi dalle difficoltà quotidiane nel sostegno legale in condizioni di precarietà dettate dal razzismo sistemico e culturale e dall’inadempienza della burocrazia; facciamo molta fatica a immaginare soluzioni strutturali e durature. Mettere a fuoco gli elementi essenziali della nostra strategia ricavando dai casi particolari istanze collettive di ripristino del diritto è per questo un obiettivo fondamentale, riuscito, direi, la sera del 15 novembre.
Le persone migranti esprimono il diritto al movimento e il valore della cittadinanza globale, obiettivo delle Nazioni Unite. Li esprimono per necessità, non per vizio. Quei diritti per noi sono in gran parte dei privilegi acquisiti, che esercitiamo spesso ignari delle disuguaglianze che ci separano da chi nasce altrove e ha, se lo ha, un passaporto debole. Privilegi acquisiti con la forza coloniale, come accumulazione ante-diritto, e preservati nel ‘sistema di diritto’ a discapito dei diritti fondamentali, che dovrebbero in quanto tali essere assoluti e universali. Eppure il sistema di uguaglianza politica e sociale di cui godiamo per ora tutti noi ‘cittadini regolarmente soggiornanti’ si fonda proprio su di essi. Posta la condizione universale di povertà e soggiogamento dei Paesi più deboli al potere dei più forti, per chi abita nei primi il diritto al movimento e il diritto d’asilo diventano un ricatto. Ricatto per una vita migliore, ove diventa necessario rischiare di perderla, la vita, in viaggio, pagando somme improbe ai trafficanti di esseri umani perché ti portino a destinazione, in un Paese più prospero e libero del tuo, senza ucciderti e possibilmente senza farti del male – perché non c’è un modo alternativo di viaggiare. Ricatto per l’ottenimento di un permesso di soggiorno, vincolato a un lavoro povero, a un’accoglienza degradante, svilente, minima e costringente, e a una residenza, anch’essa privilegio di pochi in un mercato immobiliare votato al profitto e quasi definitivamente privo di funzione sociale.
Nella realtà di tutti i giorni dello sportello legale ci occupiamo di questo, incontriamo persone oggetto di violazioni dei diritti ancora ascritti alle popolazioni migranti, in tema di accoglienza, rilascio, rinnovo, conversione dei permessi di soggiorno, che si qualificano come manifeste inadempienze dell’amministrazione pubblica, in special modo quella di polizia, sotto la cui egida, nostro malgrado, si colloca la gestione della migrazione.
Ed è quindi per un accesso rapido alle procedure d’asilo, o di cittadinanza per le e i neo-maggiorenni, per vincoli e condizioni sensate e sensibili alle richieste di rinnovo, per l’accesso senza ostacoli alla residenza e agli strumenti di tutela in capo ai Municipi o alle autorità sanitarie, per la tutela del diritto a un’accoglienza dignitosa e quindi comprensiva di misure per l’’integrazione’, per l’emersione del lavoro senza tutele; è per tutto questo che gli sportelli e le Associazioni in Assemblea venerdì 15/11 hanno deciso di fare rete, condividere informazioni, definire strategie giuridiche e operative comuni si cui lavorare da oggi in avanti.
Tornare a fare accoglienza significa anche ritrovare il nostro senso per il bene comune.