A proposito del volume “A scuola di declino. La mentalità anticapitalista nei manuali scolastici” di Andrea Atzeni, Carlo Lottieri, Luigi Marco Bassani. Liberilibri, pp. 156, euro 16,00.
I manuali scolastici sono i testi che, scelti dalle/dagli insegnanti, accompagnano le studentesse e gli studenti (stiamo scrivendo in particolare di chi frequenta le scuole medie di secondo grado della Repubblica italiana) fino all’Esame di Stato o di Maturità. I libri di testo sono scelti in piena autonomia, su proposta delle case editrici, dalle/dai docenti e, dopo essere stati sottoposti all’analisi dei dipartimenti per materie dei singoli istituti, passano al vaglio del Collegio Docenti per l’adozione definitiva.
Ci viene ora fatto presente, attraverso un volume scritto a sei mani, che soprattutto i manuali di storia e filosofia sono libri di indottrinamento all’anticapitalismo in quanto il loro taglio è marxista, terzomondista ed ecologista. Gli autori dichiarano il loro metodo di indagine dei manuali nel modo seguente: «…il cristianesimo ci spinge alla denuncia del peccato e non del peccatore», variante proverbiale ma distante per senso ed efficacia dalla distinzione, introdotta da Giovanni XXIII, fra errore ed errante nell’enciclica Pacem in terris del 1963 che, di fatto, poneva fine all’epoca delle scomuniche contro i comunisti.
Sostenendo di denunciare il peccato ma non il peccatore, il libro procede per accumulo di citazioni tratte da manuali di storia e di filosofia, i titoli dei quali vengono assemblati in una bibliografia che procede per anno di pubblicazione dal 1994 al 2024. Lo scenario davanti al quale si trova chi legge il libro è devastante, ovviamente dal punto di vista degli autori: le scuole superiori italiane sarebbero prigioniere di insegnanti che, attraverso testi di orientamento marxista, in cui “un solo autore spiega la storia, la filosofia e la società, ossia Marx, Marx e ancora Marx”, indottrinano le allieve e gli allievi convincendoli che è disumanizzante essere sfruttati. Al contrario, che cosa c’è di “tragico … nel lavorare alla dipendenza di altri e nell’essere magari discretamente retribuiti per questo, producendo beni e servizi di cui i consumatori godono?” (Lo si dica alle e ai precari!)
E a proposito del tempo libero la cui necessità è tanto sostenuta da Marx, perché “piuttosto che perfezionarsi nell’esercizio di una specifica attività cercando di realizzarla al meglio” si dovrebbe desiderare di svolgere attività, quelle a cui Marx fa riferimento, come andare a caccia, a pesca, allevare bestiame e altro? Nota la trinità autrice che, se qualche allieva/o manifestasse perplessità su quanto proposto da Marx sarebbe redarguita dalla “Guardia Rossa professore” con una ricaduta negativa su un’eventuale valutazione. Vatti a fidare della professionalità di chi insegna nelle scuole italiane, sembra di capire.
Resta un fatto: il livore con cui gli autori affrontano l’oggetto della loro cosiddetta ricerca rinsalda e conforta il punto di vista che vogliono sottoporre a critica. Chi sta leggendo ricorderà la riforma Moratti della scuola del 2003, quella delle tre I: inglese, internet, impresa. Ebbene, secondo gli autori, la manualistica marxista, terzomondista ed ecologista è stata di intralcio alla realizzazione di quella scuola, ha “inoculato” nei giovani una mentalità contraria alle libertà economiche e al mercato. Si permetta la citazione di un altro marxista, Enrico Berlinguer, che peraltro ancora non compare, se non per rapidi cenni, nei manuali scolastici, secondo il quale fra queste libertà non va contemplata quella che possa permettere a un uomo di sfruttarne un altro. Citando un altro marxista che criticava la più ignobile delle libertà, quella di sfruttare il prossimo, invece di far nostra la posizione dei tre autori stiamo alimentando la possibilità che alla manualistica marxista si aggiunga un altro autore. Scriveva infatti così un altro marxista, Antonio Gramsci, al quale il libro riserva un rapsodico riferimento: “Quando discuti con un avversario, prova a metterti nei suoi panni. Lo comprenderai meglio e forse finirai con l’accorgerti che ha un po’, o molto, di ragione. Ho seguito per qualche tempo questo consiglio dei saggi, ma i panni dei miei avversari erano così sudici che ho concluso: è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire”.
Lelio La Porta. International Gramsci Society