Oggi (ieri per chi legge) con il nostro striscione “Digiuno di giustizia” abbiamo dovuto cambiare piazza: a Santi Apostoli c’era la manifestazione degli insegnanti precari e a noi è stato assegnato Largo Argentina. Il “Digiuno di giustizia” promosso da Alex Zanotelli si tiene ormai da diversi anni tutti i primi mercoledì del mese (tranne rare volte in cui si sposta a un successivo mercoledì, come sarà per il prossimo dicembre in cui si terrà il secondo mercoledì) e consiste in un sit-in che si svolge a Roma, dove stanno i ‘Palazzi del potere’ (inizialmente era piazza Montecitorio, poi Santi Apostoli); al sit-in si accompagna una giornata di digiuno che padre Alex propone anche a diversi conventi di religiosi e religiose.

Il tema è quello dei migranti: è un grido di protesta contro i respingimenti, i maltrattamenti, i naufragi evitabili e da qualche mese a questa parte anche l’esternalizzazione dei migranti stessi. Nel comunicato di questo mese (che viene fatto girare sul web in diverse chat che raccolgono numerose persone) Alex batte soprattutto sul CPR che il governo Meloni ha fatto costruire in Albania: “Un enorme campo di concentramento per migranti, una struttura circondata da altissime barriere, presidiata da 295 poliziotti e carabinieri”; un “apartheid a cielo aperto” la chiama. Mi viene in mente Guantanamo e lo sconvolgimento di quando sapemmo che il governo americano aveva ideato questo carcere extraterritoriale, quindi al di fuori delle leggi dello stesso Paese incarcerante. Ora ci siamo arrivati anche noi, e per persone a cui neanche con una bugia sono contestabili dei reati: la loro “colpa” è di venire da Paesi che l’Italia ritiene sicuri rispetto ai diritti umani (ma diversi giudici non condividono affatto ed hanno demandato a Bruxelles il compito di dire l’ultima parola); hanno inoltre la “colpa” di essere uomini e -almeno apparentemente- in salute (anche qui con errori vari di attribuzione). Ecco, il nostro digiuno di giustizia è “in solidarietà con i migranti sballottati da una nazione all’altra, rifiutati, disprezzati”. “Ma la nostra solidarietà -aggiunge Zanotelli nel comunicato- va anche ai giudici, vilipesi perché stanno difendendo i diritti dei migranti”.

Stasera Alex fa soffermare il nostro pensiero sul luogo dove ci troviamo: è proprio là che è stato ammazzato Giulio Cesare, e da qui ci invita a riflettere su quello che a Cesare sarebbe seguito – l’Impero – e sulla pericolosità dell’unione tra impero politico e impero economico. L’equazione con l’oggi è presto fatta, ne è esempio la pericolosità appunto dell’accoppiata Trump – Musk, che ha già iniziato a invadere – dopo solo pochi giorni- anche la politica del nostro Paese! L’intervento di Alex finisce con un invito pressante a contrastare con tutti i nostri mezzi l’orrenda operazione Albania, a tenersi vigili e critici su quel fronte.

Ma il suo è l’ultimo degli interventi del ‘giro’ che non manchiamo mai di fare e che trovo un’iniziativa così semplice e così importante, che ci fa così reciprocamente ‘uguali’ e rende ciascuno/ciascuna di noi e le sue parole interessanti agli occhi e all’ascolto degli altri. C’è Francesca, medico allo Spallanzani, impegnata in un ambulatorio rivolto ai migranti da poco messo su dentro all’ospedale stesso; attraverso contatti con Medici senza Frontiere stanno ora per arrivare dei mediatori linguistici. Ed è il suo modo, concreto, di accogliere i migranti, di andargli letteralmente incontro: curandoli. Accanto a lei c’è il suo collega, anche lui medico: dopo una breve e accorata analisi del momento politico che stiamo vivendo, conclude ricordando che bisogna risalire alla causa prima di tutte le disuguaglianze ed ingiustizie, il capitalismo, ed è quella che va combattuta.

Vittoria, maestra di scuola elementare da poco in pensione che ci ha raggiunto da Verona, ci ricorda l’importanza di cominciare da lì il discorso dell’integrazione, dai piccoli. Quei piccoli che – sottolinea Felicetta che è pediatra – sono ‘bambini’ fino ai 16 se non ai 18 anni (l’età in cui hanno il pediatra come riferimento medico). Si sofferma in modo accorato sui recenti fatti di Napoli che hanno coinvolto appunto dei giovanissimi.

Il giro continua: tocca a Francesco, che parla con foga e indignazione del modo di porsi del nostro attuale governo nei confronti dei migranti che fuggono – ce lo ricorda – da luoghi della terra resi inospitali dai nostri diversi tipi di ‘colonizzazione’. Non contesta soltanto il rifiutarli, ‘esternalizzarli’ o mandarli indietro a rischio della vita, ma anche il falso ‘umanitarismo’ di certa accoglienza; è giusto che vengano perché è diritto di tutti gli esseri umani muoversi per il pianeta e a maggior ragione ciò vale per coloro la cui terra è diventata inabitabile.

E’ il turno del più giovane di tutti noi, un ragazzo 25enne: non sta facendo nulla in questo momento, ma vuole impegnare soprattutto nella lotta contro i CPR e fa riferimento in particolare a quello di Ponte Galeria e alla rete “No Cpr” con cui intende mettersi in contatto. Maria non vuole parlare stasera, ci dice soltanto che ha iniziato a insegnare Italiano agli stranieri (era il suo proposito, un po’ di volte fa), ma che non è soddisfatta.

Arriva il turno di Enrica e poi di Marcello: entrambi hanno fatto per molti anni servizio nella Croce Rossa. Se ne sono viste di cose – ci dice Enrica – ma ci sono fatti, situazioni che non si possono dire. E rimane questo mistero – se per la loro gravità, per la loro intimità, perché sono troppo impressionanti… Il suo discorso era cominciato rivolta al ragazzo (alla sua sinistra) per spiegargli cosa c’era dietro i riferimenti di Alex all’Albania (lui non sapeva del CPR esternalizzato, né tanto meno dei giudici inascoltati dal nostro prepotente governo). E alla fine, con voce più concitata, sempre guardando il ragazzo, Enrica fa una raccomandazione: dobbiamo metterci insieme, non fare tanti gruppetti; la destra si vince uniti.

Mi dispiace molto di non ricordare l’intervento di Marcello che era lì a fianco a me, ma ricordo i toni: si trattava di parole dette con buon senso, pacatezza e una naturale, sana indignazione. Tocca a me: la mia piccola accoglienza ai migranti che arrivano riguarda quelli che vengono a imparare la lingua italiana a scuola. Poi leggo le parole di Virgilio nel primo libro dell’Eneide, che ci suonano terribilmente attuali: “Qui, in pochi, nuotammo alla vostra spiaggia. Ma che razza di uomini è questa? O quale patria così barbara permette simile usanza? Ci negano il rifugio della sabbia, dichiarano guerra, ci vietano di fermarci sulla terra più vicina”. E pensiamo al non senso di far approdare le navi delle Ong ad Ancona, Livorno, finanche a La Spezia, provenendo da un naufragio a sud di Lampedusa (ma ahimè sappiamo quali sono i veri, perversi obiettivi che spingono il governo ad escogitare questi pazzeschi e rischiosi allungamenti).

Agganciandosi alla mia lettura, Mauro ci dice che ai suoi alunni bambinetti di tanti diversi Paesi del mondo parlando della fondazione di Roma sottolinea il fatto che la storia ne individua il capostipite in un migrante proveniente dall’Asia Minore, essendo la sua città stata distrutta da una guerra – Enea.

Ci lasciamo con un proposito concreto per la prossima volta: stampare ognuno in più copie il comunicato di Zanotelli, in modo da avere dei ‘volantini’ (un po’ ragionati) da distribuire ai passanti affinché anche chi è lì per strada -e non solo chi sa dell’iniziativa attraverso la rete- possa esser partecipe attraverso la conoscenza del perché dell’iniziativa. E, se vuole, unirsi a noi.

La serata è finita con un canto: qualcuno ha tirato fuori una canzone in dialetto napoletano sul brigantaggio nel sud d’Italia e un trio tutto maschile (ma anche Felicetta la sapeva) ha unito le voci

Se qualcuno si chiede cosa mai possono cambiare nel mondo dieci persone che per un’ora e mezza stanno ferme in una piazza, davanti a uno striscione con scritto “Digiuno di giustizia” e si raccontano mettendo in comune indignazione, rabbia, disperazione insieme a propositi e piccoli/grandi progetti, io rispondo che nel buio quasi pesto del momento che attraversiamo è come se ognuno e ognuna di noi avesse acceso un cerino, come raccomandato da Felicetta.

Digiuno di giustizia, ottobre 2024