Il nostro Sistema Sanitario Nazionale è ormai al collasso. Sui LEA (i Livelli Essenziali di Assistenza, ovvero le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini) Cittadinanzattiva, insieme ad altre venti organizzazioni civiche e di pazienti, ha inviato in queste ore 20 esposti alle altrettante Procure regionali della Corte dei Conti per fare chiarezza sull’utilizzo dei 3 miliardi e 446 milioni di euro erogati, dal 2016 al 2023, dallo Stato alle Regioni affinché queste ultime garantissero ai cittadini dei rispettivi territori le prestazioni sanitarie previste dai Lea del 2017, a tutt’oggi non ancora esigibili. Nell’esposto, si chiede chiarezza e una rendicontazione puntuale su come i fondi, destinati all’entrata in vigore dei Lea, siano stati effettivamente utilizzati, sulla legittimità di un eventuale “spostamento di uso”, sulla effettiva sussistenza delle ragioni addotte per ritardare l’applicazione del DPCM 12 gennaio 2017.

Ma le voci preoccupate rispetto alla deriva del nostro SSN ormai si sprecano. Andrea Brandolini, Capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, nell’Audizione preliminare all’esame della manovra economica per il triennio 2025-2026 ha dato l’allarme sulla fuoriuscita per pensionamento di una quota rilevante del personale, allo stesso tempo in cui l’invecchiamento della popolazione genererà una domanda crescente per i suoi servizi: “Da analisi interne emerge che alla fine del 2022 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati) operavano presso l’SSN 123 addetti ogni 10.000 abitanti. Nel tempo, i limiti al turnover hanno fortemente inciso sulla composizione per età: il 16 per cento del personale dipendente aveva almeno 60 anni; per i medici tale quota raggiungeva il 26 per cento. Oltre il 40 per cento dei medici e dei pediatri di base aveva almeno 60 anni.

Sulla base della legislazione vigente tutto il personale con almeno 60 anni alla fine del 2022 cesserà di lavorare nell’arco dei prossimi dieci anni: ciò corrisponde a più di 27.000 medici, oltre 24.000 infermieri e altrettanti addetti del ruolo tecnico e a 28.000 fra medici e pediatri di base, ha sottolineato Brandolini. Oltre ai pensionamenti, anche l’attuazione delle misure della missione 6 del PNRR sul potenziamento dell’assistenza territoriale inciderà sul fabbisogno atteso di personale; al riguardo si stima che la piena operatività delle strutture previste dal PNRR richiederà almeno 19.600 infermieri e 6.300 operatori socio sanitari, prevalentemente in aggiunta rispetto alla dotazione attuale. Nel complesso, nel prossimo decennio il turnover del personale e il potenziamento dell’assistenza territoriale previsto dal PNRR genereranno un fabbisogno, in termini di incidenza sull’organico alla fine del 2022, per i medici (compresi quelli di base e i pediatri) pari al 30 per cento e per gli infermieri al 14. Queste dinamiche sono ancora più pronunciate nel Mezzogiorno.”.

E anche il presidente dell’ISTAT Francesco Maria Chelli durante l’Audizione sul bilancio annuale e pluriennale dello Stato ha posto l’accento sulla carenza di personale: “… La dotazione e l’invecchiamento del personale medico rappresentano criticità per il comparto della Sanità, anche alla luce del futuro aumento della domanda di cure dovuto alla dinamica della popolazione. … I MMG sono la categoria, insieme agli infermieri, che desta maggiori preoccupazioni tra le professioni sanitarie per le prospettive future. Sono caratterizzati, infatti, da una struttura per età spostata verso le età prossime al pensionamento (sulla base dei dati IQVIA si stima che circa il 77% abbia 55 anni e più), da un trend decrescente (il numero è diminuito di oltre 6mila unità in dieci anni, da 45.437 nel 2012 a 39.366 nel 2022) e da un incremento significativo del numero di assistiti pro-capite (da 1.156 nel 2012 a 1.301 nel 2022) che si traduce in un forte aumento della percentuale di MMG con più di 1.500 assistiti (limite superiore fissato dalla normativa nazionale vigente, dal 27,3% al 47,7% nell’arco di un decennio). … Per quel che riguarda il personale infermieristico (infermieri e ostetriche), il numero è da molti anni ritenuto insufficiente rispetto ai bisogni di salute della popolazione. …”.

Un Sistema Sanitario Nazionale che ha sempre più carenza di medici e di infermieri e che continua a caratterizzarsi per inaccettabili difformità territoriali. A certificare per l’ennesima volta le disuguaglianze territoriali è ora anche il Rapporto annuale The European House – Ambrosetti, presentato nell’ambito della XIX Edizione del Forum Meridiano Sanità. Il monitoraggio dell’erogazione dei LEA sul territorio nazionale, si evidenzia nel Rapporto, ha messo in luce come solo 13 Regioni e Province Autonome siano risultate adempienti nelle 3 macro-aree “Prevenzione collettiva e salute pubblica”, “Assistenza Distrettuale” e “Assistenza Ospedaliera”, evidenziando un importante grado di difformità e un forte gradiente Nord-Sud con ripercussioni sull’equità di accesso alle prestazioni sanitarie.

Inoltre, a livello complessivo, le aree Prevenzione e Assistenza Distrettuale mostrano le maggiori criticità, con l’Area Prevenzione che ha ottenuto il punteggio complessivo più basso e l’Area Distrettuale che è peggiorata nell’ultimo triennio. In Italia permangono ampie differenze di spesa in prevenzione tra le varie Regioni e Province Autonome, con poche Regioni che superano il target di spesa in prevenzione del 5%. La spesa pro capite in prevenzione, con una media nazionale pari a 109,6 euro nel 2023, oscilla tra un massimo di 160,8 in Molise e un minimo di 85,9 in Liguria, con un differenziale per singolo cittadino di quasi 75 euro, in riduzione rispetto agli anni precedenti.

Alla variabilità regionale si aggiunge una criticità relativa all’allocazione delle risorse dedicate alle singole voci: anche nel 2023, le voci di spesa più propriamente dirette alla salute delle persone (sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive e parassitarie, sorveglianza e prevenzione delle patologie croniche) rimangono al di sotto della soglia del 50% del totale,

Intanto, nel disegno di legge sulla Manovra 2025 mancano all’appello priorità rilevanti per la tenuta del sistema pubblico e i conti per la sanità non tornano (non c’è “calcolatrice” che tenga!): rispetto alle misure previste, denuncia la Fondazione GIMBE, mancano € 19 miliardi da qui al 2030. Nel 2027 il finanziamento pubblico scende al 5,9% del PIL, minimo storico. L’incremento annuo del fondo sanitario rimane ben al di sotto del 2,6% raccomandato dall’OCSE.

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