Come si fa a ottenere l’interesse e l’attenzione dei nostri ragazzi e adolescenti che sono abituati ad avere sempre a portata di mano e senza fatica il mondo intero attraverso i social? Come interessarli a conoscere la quotidiana, difficile e dolorosa realtà fatta di violenza e povertà in cui si vive in molte parti del mondo e da cui cerchiamo gelosamente di preservarli?
Si fa come a Cento, piccolo paese vicino a Bologna che ha invitato una donna afghana che vive sotto l’oppressivo regime talebano a raccontare la sua fatica quotidiana di resistenza al farneticante governo fondamentalista dell’Afghanistan, che vede nelle donne l’origine di tutti i mali e cerca di annientarle in tutti i modi. E’ Shakiba, che non è scappata dopo che sono se ne sono andati frettolosamente gli Usa, la coalizione occidentale e il governo repubblicano in carica, ma ha invece scelto di resistere in Afghanistan lavorando clandestinamente per aiutare il suo popolo affamato e oppresso e in particolare le donne.
E’ un’attivista di Rawa, Revolutionary Association of the Women of Afghanistan, organizzazione femminista che lotta dal 1977 contro il fondamentalismo e l’oscurantismo religioso. In questo periodo Shakiba è in Europa grazie al sostegno della nostra associazione, il Cisda, che da 25 anni appoggia finanziariamente e politicamente Rawa proprio per sensibilizzare il nostro ricco mondo sulla grave situazione in cui versa il popolo afghano e le donne in particolare.
Il 24 ottobre all’incontro c’erano ben 320 studenti delle scuole superiori ad ascoltare il racconto appassionato e appassionante di Shakiba sulla storia degli ultimi vent’anni del suo Paese. Racconto che è stato accolto da molto interesse e numerose domande profonde e personali degli studenti, che hanno avvolto Shakiba in un abbraccio che l’ha resa felice. Lei ha concluso con la richiesta esplicita di stare vicino alle ragazze e ai ragazzi afghani attraverso messaggi di solidarietà sui social, comunicazione molto usata anche in Afghanistan.
Nel pomeriggio, nell’auditorium di una palazzina adibita a biblioteca e centro per le associazioni, ci aspettavano i Consigli comunali dei ragazzi di Pieve di Cento e Castello d’Argile. Qui i ragazzi dai 10 ai 13 hanno costituito un consiglio comunale retto da un sindaco e un vicesindaco di sesso opposto sul modello del Rojava, che si riunisce una volta al mese per discutere e fare proposte ai Consigli comunali delle loro città.
In questo incontro sono stati i ragazzi a condurre il racconto di Shakiba, che ha risposto direttamente alle loro domande, così che i ragazzi hanno potuto entrare subito nel merito delle questioni che più suscitavano il loro interesse.
Ma il cuore della manifestazione è stato il 19 ottobre, quando Shakiba ha ricevuto l’invito a partecipare a una speciale manifestazione, il Premio Internazionale per i Diritti Umani Daniele Po. Ogni anno il Premio
coinvolge la città metropolitana di Bologna insieme a Cento e a Pieve di Cento e “conferisce un riconoscimento a personalità femminili che, a livello nazionale e internazionale, si siano particolarmente distinte nella difesa e nella promozione dei diritti umani”. Nel 2024 il comitato scientifico del Premio, giunto alla 16° edizione, ha designato come vincitrice RAWA” perché “con azioni concrete di sostegno educativo, sanitario, giornalistico e di inchiesta, le attiviste di RAWA sono in prima linea a rischio della loro incolumità, contro il terrorismo e la misoginia, organizzando corsi di alfabetizzazione, istruzione e assistenza sociale con progetti economici, sanitari e di generazione di reddito”. Una manifestazione molto partecipata e commovente organizzata da Nedda Alberghini e suo marito Fortunato Po, unitamente all’associazione Strade con Alessandro Mazzini.
Shakiba è stata invitata a ritirare il premio, ma si è sottolineato che questo non va solo a lei, ma a tutte le coraggiose donne afghane. “Non una sola donna premiata, ma migliaia di coraggiose e invisibili donne afghane” è stato lo slogan della manifestazione, sottolineando così che il peso della resistenza al governo talebano non ricade solo su alcune donne dal comportamento eroico, ma è invece vissuto ogni giorno da tutte le donne afghane vittime dell’ossessione misogina e fondamentalista.