Riprendiamo con l’autorizzazione dell’autore l’articolo pubblicato sul Manifesto il 25 ottobre 2024.
Il De Profundis a Cuba socialista è ormai cantato dai maggiori mass media. Accompagnato dai soliti cori stonati sulla «dittatura» di Cuba, «carcere a cielo aperto» e sul comunismo che affama la gente.
Dopo tre tremendi giorni di blackout in tutta l’isola, con conseguente crisi nella distribuzione dell’acqua e con scarsezza di alimenti, gran parte della popolazione ha dimostrato – in decine di occasioni anche scendendo in strada con cacerolazos – il suo malcontento. E soprattutto ha manifestato livelli di disperazione e sfiducia nel governo senza precedenti. Dopo più di 60 anni, l’embargo unilateralmente dichiarato dagli Usa si è avvicinato come non mai prima a realizzare il suo scopo: «Provocare fame e disperazione nella popolazione in modo che abbatta il governo».
Molto spesso ormai si ritiene che incolpare il blocco economico, commerciale e finanziario attuato dagli Usa sia una sorta di refrain utilizzato dai vertici politici di Cuba per giustificare ogni crisi. Così non è. Lo ha dimostrato nei giorni lo spregevole atteggiamento dell’Amministrazione Biden. In pieno blackout una portavoce della Casa Bianca ha affermato che l’Amministrazione seguiva con preoccupazione le sofferenze della popolazione cubana ed era pronta a agire in suo aiuto. Una balla colossale. Biden avrebbe potuto decidere una licenza speciale perché il governo cubano potesse comprare gli strumenti che servivano a riparare le centrali termoelettriche, o perché le compagnie petrolifere nordamericane potessero vendere greggio a Cuba e le navi trasportarlo senza penalità (oggi una nave che attracca a Cuba per sei mesi non può entrare nei porti statunitensi).
Naturalmente, oltre alle lacrime di coccodrillo, Biden ha mantenuto anche le misure straordinarie contro Cuba decise a suo tempo da Trump. È chiaro che la gravissima crisi che attanaglia Cuba ha anche cause interne, dovute a errori commessi dal governo. Quello più citato da economisti non della contra è la grande quota di investimenti che da quattro anni almeno viene dedicata al settore del turismo: nei fatti fino al 2023 circa il 35% del budget, di fronte al 9% riservato al settore di produzione di energia e ancor meno per agricoltura, salute e istruzione (il 2% per questi ultimi due settori). Nel 2024 non vi sono stime ufficiali, ma si pensa che vi siano stati pochi cambiamenti.
Per tali economisti era una scelta sbagliata puntare su un settore che non si è mai ripreso dalla crisi del Covid, invece di investire in una maggiore produzione per sostituire le importazioni (circa 1’80% degli alimenti). Gli stessi analisti hanno messo in evidenza che il settore turistico è appannaggio del conglomerato Gaesa, controllato dai militari e che sfugge persino al controllo della Corte dei conti cubana.
Anche in questi giorni di estrema crisi un ruolo di primo piano è stato svolto dal primo ministro Manuel Marrero Cruz, ex colonnello e uomo messo dal 2019 al governo dai militari (Far, Forze armate rivoluzionarie). Lo stesso presidente Diaz-Canel nel suo discorso all’inizio di settimana per annunciare la ripresa del flusso di elettricità si è presentato alla tv in divisa verde oliva e ha usato un linguaggio militare («seguimos en combate»), Quali sono le conseguenze di un tale aumento di peso politico dei militari (da sempre presenti nel Politburo del Pcc) lo si potrà valutare nei prossimi mesi, probabilmente dopo le elezioni presidenziali negli Usa.
Intanto i paesi progressisti del subcontinente – Colombia, Brasile, Messico (il più generoso
negli ultimi anni) – e Barbados si sono mobilitati, assieme a Russia e Cina, in aiuto a Cuba. Lo stesso dovrebbero fare le forze democratiche nostrane, evitando di farsi imbrigliare nelle notizie esagerate o apertamente false, diffuse a piene mani in rete dalla contra da Miami e da Madrid (dove vi è stato un incontro per programmare la «transizione» a Cuba, ovvero far cadere il governo socialista).
È evidente ormai che Cuba necessita di riforme strutturali – con corollari politici – e soprattutto di una maggiore partecipazione dal basso prima che il malcontento sbocchi in aperta opposizione. Su questi obiettivi, è importante il contributo delle forze democratiche
amiche di Cuba.