Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad una passo epocale, la sospensione della Statale dei rapporti con le università israeliane.
La decisione, come si apprende nel comunicato ufficiale, è stata presa in seguito ad un incontro tra le organizzazioni studentesche e la rettrice Marina Brambilla, avvenuto il 18 ottobre scorso. Il congelamento degli accordi con le università israeliane ha effetto immediato. Questa scelta non è un caso isolato in Italia: già a giugno, l’Università di Palermo aveva sospeso tutti i suoi accordi con le istituzioni accademiche israeliane, e ad aprile, anche la Statale di Milano aveva interrotto le relazioni con l’Ariel University, situata all’interno degli insediamenti illegali israeliani in Cisgiordania.
In un momento storico per la giustizia e la difesa dei diritti umani, questa decisione segna una svolta epocale nel mondo accademico italiano e internazionale. Questa scelta, che risuona come un atto di coraggio e presa di posizione netta, si colloca nel solco di una crescente consapevolezza globale contro le ingiustizie commesse in Palestina.
In un contesto in cui le istituzioni politiche sembrano spesso immobilizzate di fronte alle tragedie umanitarie, l’Università Statale ha scelto di agire. L’interruzione dei rapporti accademici con Israele è una chiara denuncia di un genocidio in corso che non può essere ignorato. E’ una decisione che ribadisce come le università, le scuole e il popolo stesso siano chiamati a colmare i vuoti lasciati dalla politica, e a manifestare con forza e chiarezza che il silenzio non è un’opzione.
Un’Università che prende posizione per la pace
Questa decisione rappresenta molto più di una semplice dichiarazione accademica. È un segnale potente, che va ben oltre i confini della comunità studentesca e si rivolge a tutti noi. Essa evidenzia come il mondo accademico non possa restare indifferente davanti alla violazione dei diritti umani, e che l’impegno per la giustizia può e deve venire da ogni settore della società, inclusi coloro che educano le future generazioni. Le istituzioni, quando la politica si ferma, devono farsi carico del dovere morale di alzare la voce.
Una presa di posizione che non è isolata: si inserisce in un movimento globale di boicottaggio accademico e culturale verso Israele, che mira a esercitare una pressione morale su uno Stato responsabile di violenze sistematiche contro il popolo palestinese. Sono sempre di più le università nel mondo che, seguendo l’esempio di Milano, si stanno rendendo conto del loro ruolo attivo nella lotta per i diritti umani.
Un invito a manifestare
Questa decisione dell’Università Statale di Milano deve essere un punto di partenza per una mobilitazione ancora più vasta. È il momento per tutti di unirsi e manifestare sul serio contro la guerra. Sabato, alle ore 15:00, ci ritroveremo alla Stazione Centrale di Milano per una grande manifestazione per la pace, dove studenti, docenti e cittadini di ogni età scenderanno in piazza per chiedere la fine delle violenze, il rispetto dei diritti umani, la giustizia per il popolo palestinese e lo stop dell’ invio di armi all’ Ucraina.
Sarà un’occasione fondamentale per dimostrare che la società civile non è disposta a tollerare in silenzio il genocidio che sta avvenendo sotto i nostri occhi. Oggi più che mai, il cambiamento nasce dal basso, dalla forza collettiva di coloro che non hanno paura di dire “basta”.
La decisione dell’Università Statale è un esempio concreto di come le scelte che non vengono fatte dalla politica, siano poi prese dalle istituzioni scolastiche e universitarie, dai movimenti civili e dal popolo. E questo è solo l’inizio. È un invito a tutte le università, alle scuole e agli studenti a schierarsi dalla parte della giustizia e della dignità umana.
Un futuro di giustizia e solidarietà
Milano ha sempre rappresentato nella storia una città aperta, solidale e inclusiva, pronta a difendere i diritti dei più deboli. Sabato, la Stazione Centrale sarà il punto di incontro di tutti coloro che credono in un futuro diverso, dove il diritto alla vita e alla libertà prevalgono sull’oppressione e la violenza.
In questo momento storico, l’università non è solo un luogo di studio, ma un faro di resistenza contro l’ingiustizia. L’invito è a tutti coloro che credono nella pace: unitevi a noi sabato, perché insieme possiamo fare la differenza.