Riceviamo e pubblichiamo dal Collettivo GKN Stampa

Lo stabilimento ex Gkn già venduto dal 12 marzo scorso. Da mesi non è più di Qf ed è ufficialmente in mano a delle società immobiliari, che però sembrano avere numerosi elementi di commistione con la stessa proprietà di Qf

La RSU: “La speculazione immobiliare è ufficiale? Chi sapeva? E chi ha eventualmente coperto? Non ci sono più scuse per pagare il dovuto e per un intervento pubblico che sottragga l’area a logiche potenzialmente speculative”

[Campi Bisenzio, 21 ottobre 2024] La società ex Gkn di Firenze, oggi Qf, ha già venduto lo stabile, ma non lo ha comunicato. Il fatto, clamorosamente sfuggito per mesi a ogni soggetto istituzionale, è stato da poco scoperto da Rsu e organizzazioni sindacali. L’atto di compravendita è del 12 marzo scorso.

Mesi in cui l’assemblea permanente ha resistito, denunciando in continuazione proprio il pericolo di operazioni a sfondo immobiliare, con gli operai lasciati senza stipendio e un intero mondo solidale che – nel mezzo di un territorio alluvionato e devastato dal consumo del suolo – ha elaborato un piano di reindustrializzazione dal basso, teso alla conversione ecologica, ai diritti sociali, al benessere di questa stessa area geografica.

Lo stabilimento, di cui da mesi il liquidatore Franchi (ricordiamo, nominato da Francesco Borgomeo) parla ossessivamente, continuando a chiederne una presunta “liberazione” senza mai chiarire cosa vuole farne, non è più della società che lui rappresenta già da sette mesi. Tutto quello che è accaduto in questi mesi, denunce, droni, ecc., è stato fatto con l’immobile già venduto.

E non è stato venduto a qualcuno che passava per strada. È stato comprato da Tuscany Industry Srl (Ti) e Sviluppo Immobiliare Toscana Srl (Sit). Numerose evidenze suggeriscono una potenziale commistione tra questi soggetti e la stessa proprietà di Qf.

Tutte società che hanno ormai sede legale fuori dalla Toscana. Così come Qf, che domani comparirà di fronte alla Regione Toscana, ma ha spostato la propria sede legale a Roma. E per quanto è dato vedere dalla visura camerale, non ha più nemmeno una sede operativa.

“Se si tratta di un raggiro, coinvolge veramente tutti: lavoratori, territorio, Campi Bisenzio, Firenze, Toscana ma anche potenzialmente istituzioni e Tribunale del Lavoro. Non sappiamo, ad esempio, a che titolo oggi il liquidatore di Qf parli dello stabilimento o vi abbia acceduto finora, in alcuni casi addirittura coinvolgendo le forze dell’ordine”.

“Avevamo previsto tutto e ora ne abbiamo l’ufficialità: la partita è stata probabilmente sin dall’inizio immobiliare ed è per questo che non comincia mai la discussione sulla reindustrializzazione. Chi invece si è voltato dall’altra parte, l’ha fatto per distrazione o coscientemente?” dice la Rsu. Il post infatti in cui il Collettivo di Fabbrica attenziona il ruolo di queste società immobiliari (Ti e Sit) e del nuovo assetto proprietario di Qf risale a oltre un anno fa. Ti e Sit vengono create forse “a scopo” il 22 settembre 2023, con lo stesso amministratore delegato e poco prima che Qf riaprisse i licenziamenti (18 ottobre 2023).

“Oltre che il problema del “chi” e del “come”, c’è anche il tema della tempistica che getta una ulteriore luce inquietante sull’intera vicenda dal punto di vista politico, sociale ma potenzialmente anche legale”.

Il 12 marzo, giorno della vendita, si doveva tenere l’incontro al Mimit tra parti sociali e Qf. Avviene però un rinvio strano. Nella mail di convocazione ci sono tutti gli indirizzi aziendali, tranne quello del liquidatore Franchi. Un vizio di forma totalmente secondario, ma sufficiente perché il Mimit acconsenta al rinvio dell’incontro. I lavoratori percepiscono subito la gravità dell’accaduto, tanto che lo stesso giorno salgono per protesta sulla torre di illuminazione della Stazione di Santa Maria Novella.

Non finisce qua.

L’azienda ha bisogno di tempo per trascrivere l’atto di compravendita e sa che il 20 marzo 2024 si sarebbe dovuta tenere l’udienza in cui il Tribunale del Lavoro di Firenze avrebbe dovuto decidere sull’istanza di sequestro conservativo di tutti i beni mobili e immobili della società (e dunque anche dello stabile) proposta da 43 lavoratori a tutela dei propri crediti.

L’udienza non si è potuta tenere: due giorni prima il liquidatore Franchi deposita istanza di ricusazione della giudice in questione, motivata da una “grave inimicizia della giudice nei confronti della società”.

Il 22 marzo la compravendita è trascritta nei registri immobiliari, il bene non è più di QF ed è definitivamente sottratto alla richiesta di sequestro conservativo.

L’istanza di ricusazione mossa verso la giudice verrà mesi dopo giudicata totalmente infondata.

Il 26 marzo si tiene l’incontro al Mimit senza l’azienda. I sindacati chiedono al Mimit se abbia mai chiesto alla società cosa volesse fare dello stabilimento. Urso dice che convocherà l’azienda “per saperne le intenzioni”. Non se ne saprà più nulla.

“Quali erano i soggetti che già sapevano della vendita dello stabilimento? Chi ha ostinatamente attaccato l’azione dei lavoratori, della Rsu, delle organizzazioni sindacali, del Collettivo, volta a denunciare e sventare una possibile speculazione immobiliare, ha avuto una condotta banalmente faziosa o era pienamente consapevole di quanto stava accadendo? Siamo di fronte a una potenziale vendita simulata, nel tentativo di depauperare la società e impedire il pagamento degli stipendi dovuti? E come mai l’azione del Ministero (Mimit) appare così sincronizzata con i tempi della preparazione di questa vendita immobiliare?”. Sono queste le domande, poste dalla Rsu ma anche evidentemente da un territorio, da una vertenza sociale, dall’intero azionariato popolare.

E ancora “Non ci sono più scuse. Si paghi subito tutto il dovuto ai lavoratori, si paghino immediatamente gli stipendi e Comune e Regione intervengano per sottrarre l’area a potenziali logiche speculative”.