Per una svolta radicale nelle politiche ambientali in regione: modificare profondamente il modello produttivo e sociale

In tutto il Paese e in Emilia Romagna veniamo da anni di politiche ambientali sbagliate e inefficaci per contrastare il cambiamento climatico, affermare nei fatti la vera e necessaria transizione ecologica, fermare il dissesto idrogeologico e il consumo di suolo, attuare politiche per tutelare e preservare i beni comuni.

 I fenomeni alluvionali di questo settembre e del maggio 2023, in particolare in Romagna e in Appennino, indicano con chiarezza che siamo di fronte ad una crisi climatica, che è il prodotto, in primo luogo, di un modello produttivo e sociale che ha scelto la crescita economica quantitativa a discapito dell’ambiente e della salute delle popolazioni. Nello stesso tempo la progressione della crisi climatica si sta facendo sempre più forte: il carattere irregolare delle precipitazioni con la crescita dei fenomeni estremi, l’aumento della temperatura dell’aria e dell’acqua sta impattando in termini fortemente negativi sull’agricoltura, sulle disponibilità idriche, sull’equilibrio degli ecosistemi e la salute della popolazione. Assistiamo da anni a un asservimento della politica a interessi economici e privati che hanno prodotto gli attuali squilibri sociali, economici, ambientali; squilibri che stanno minando le basi stesse della democrazia come testimoniato dalla sempre più ridotta partecipazione delle persone alla politica, politica che si è resa sempre più autoreferenziale.

Nella nostra regione abbiamo visto mettere in campo scelte in netto contrasto con la necessità di uscire dall’economia del fossile come il rigassificatore di Ravenna, il CCS (sempre a Ravenna), il gasdotto Sestino – Minerbio e tutte le altre opere di potenziamento del sistema estrattivo), continuare a puntare sulla logistica e sul modello della mobilità privata basata sull’automobile, sulle grandi opere stradali e autostradali in tema di mobilità (dal Passante di Mezzo a Bologna alla bretella Campogalliano – Sassuolo, dalla Cispadana alla Tibre) a fronte di investimenti nulli o irrisori sui trasporti su rotaia, proseguire nel consumo di suolo, continuare la devastazione del patrimonio arboreo e boschivo, lo sfruttamento ed emarginazione della montagna e delle aree interne, ignorare l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, favorire politiche di privatizzazione dei beni comuni, a partire dall’acqua, dal ciclo dei rifiuti e dalle bellezze naturali.

Se poi allarghiamo ancor più lo sguardo, vediamo che il ricorso alla guerra in vaste aree del mondo come mezzo per regolare i conflitti internazionali – al quale ci opponiamo a partire da quanto scritto nella Carta Costituzionale- spinge ancor più ad una regressione del modello economico dominante, rilanciando l’industria delle armi e quella basata sulle fonti fossili, con tutto quello che consegue nel mettere da parte l’idea di una convivenza pacifica tra i popoli e la possibilità della conversione ecologica.

È sempre più evidente che occorre promuovere una svolta radicale nelle scelte politiche della Regione, a partire da quelle ambientali e della mobilità, da quelle sull’acqua e sulla gestione del territorio. E non solo, visto lo stretto intreccio che queste hanno con un modello produttivo e sociale, incentrato sul primato del mercato, la svalutazione del lavoro, la progressiva privatizzazione del Welfare.

La legislatura regionale che sta alle nostre spalle, e, in specifico, la Giunta regionale che l’ha guidata, ha sostanzialmente aderito e promosso la logica di questo modello, ben evidenziata dal Patto per il lavoro e il clima. Occorre una radicale discontinuità con esso e con l’insieme delle politiche ambientali.

D’altro canto le impostazioni negazioniste, portate avanti in primo luogo dalla destra, propongono sia scelte ambientali che di modello sociale ancora peggiori. Esse mostrano l’intenzione di rendere ancora più marginali, se non addirittura da annullare, tutte le politiche che guardano alla transizione ecologica, al contrasto al cambiamento climatico, alla salvaguardia della biodiversità, ad una diversa gestione delle aree interne e di quelle montane, alla costruzione di reali processi partecipativi, a ridisegnare un futuro sostenibile, al ridimensionamento dei poteri forti che continuano a perpetuare l’attuale insostenibile modello di sviluppo.

A fronte di questa situazione, la scelta prioritaria, per noi, è naturalmente quella di costruire e rafforzare la mobilitazione sociale per affermare la prospettiva di un modello produttivo, sociale e ambientale alternativo a quello oggi dominante.

Per questo, chiediamo con forza a chi guiderà la prossima legislatura regionale i seguenti obiettivi prioritari:

– avviare l’uscita dall’economia del fossile, a partire dalla messa in discussione del rigassificatore di Ravenna, del CCS e del gasdotto, per realizzare più rapidamente possibile il passaggio al 100% di energia prodotta da fonti rinnovabili (solare e eolico, privilegiando i piccoli impianti capillari in quanto meno impattanti). In questo senso vanno anche messe in discussione l’utilizzo delle biomasse a fini energetici e la proliferazione degli impianti di biogas/biometano, in particolare quando prodotte da una logica speculativa e di puro sfruttamento degli incentivi pubblici. Diventa necessario, inoltre, rimettere in primo piano il risparmio energetico.

– difesa, ripubblicizzazione ed estensione dei beni comuni, iniziando dall’acqua e dal ciclo dei rifiuti, per i quali vanno previsti la minimizzazione della loro produzione e, in particolare, di quelli non riciclati, uscendo al più presto dal ricorso all’incenerimento;

– moratoria su tutte le opere che prevedono ulteriore consumo di suolo, con particolare riferimento ai poli logistici, e, invece, avvio di un programma serio di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e di riassetto idrogeologico. In questo quadro va inserito un intervento forte di tutela del verde, di rimboschimento e di blocco della distruzione di ogni area boschiva e va prevista una moratoria del taglio degli alberi indiscriminato in tutto il territorio regionale. Si tratta inoltre di valorizzare anche le aree ex militari a beneficio del verde pubblico. Ciò a maggior ragione dopo la devastante alluvione del maggio 2023, che deve portare a superare una vecchia concezione di “messa in sicurezza” del territorio fondata puramente su interventi di ingegneria idraulica.

– cancellazione della legge regionale 24/2017 in tema di consumo di suolo e suo radicale ripensamento sulla base della legge di iniziativa popolare regionale promossa da RECA e Legambiente ER;

– moratoria e ridiscussione delle grandi opere stradali (Passanti di Bologna, bretella Sassuolo-Campogalliano, Cispadana, Tirreno-Brennero e altre ancora), in connessione con il forte rilancio del trasporto collettivo e della mobilità ciclabile e pedonale;

– stop definitivo a nuovi impianti a fune volti a sostenere lo sci da discesa (nuova seggiovia Polla-Lago Scaffaiolo e collegamento col versante toscano) e a nuove piste da sci;

– ridiscussione degli assetti aeroportuali e della gestione del traffico ad essi connesso, accrescendo il ruolo di intervento delle comunità locali;

– stop definitivo all’espansione degli allevamenti intensivi e avvio di un programma per la loro riduzione, in un quadro di promozione di un sistema agroindustriale basato sulla prossimità e la valorizzazione della naturalità e, più in generale, sul sostegno delle produzioni alimentari realmente biologiche a chilometro zero o quasi;

– approvazione delle proposte di legge regionale di iniziativa popolare promosse da RECA e Legambiente ER e dei loro contenuti in tema di energia, acqua, rifiuti e consumo di suolo, anche per dare valore agli strumenti di democrazia diretta e partecipativa.

Tutto ciò richiede anche nuovi metodi di costruzione delle proposte, che non possono più essere calate dall’alto, ma vanno costruite attraverso l’ascolto ed il coinvolgimento consapevole di tutti i soggetti sociali dei territori perché senza questi non è possibile praticare una nuova visione strategica

Su queste basi, invitiamo tutte le realtà ambientaliste e sociali della regione a incontrarsi e confrontarsi, valorizzando tutti i possibili processi di convergenza, con l’intenzione di promuovere una grande manifestazione regionale per il 26 ottobre a Bologna, nella quale far vivere le nostre richieste e dare voce alla necessità di una svolta nelle politiche ambientali e sociali nella nostra regione.

PROMOTORI:

Comitato Besta BO
Comitato contro ogni autonomia differenziata ER
Confederazione Cobas BO
Legambiente ER

Parents for Future BO
Rete Emergenza Climatica e Ambientale ER
Un altro Appennino è possibile
USI CIT BO, MO, PR e RE

RITROVO Piazza dell’Unità ORE 14:30
ARRIVO in Piazza Nettuno

PER ADERIRE SCRIVERE Arecaemiliaromagna@gmail.com

ADESIONI all’8 OTTOBRE:

Associazioni/ realtà sociali

ARIA – Associazioni in Rete per l’Inclusione e l’Ambiente MO
Associazione Campi Aperti BO
Associazione Comitato Terme e Valtrebbia PC
Associazione Residenti e Utenti SS45 per la Tutela della Valtrebbia PC
Associazione Terra Blu Rimini
Associazione Venti Pietre BO
Brigate Solidarietà Attiva nazionale
Campagna Nazionale Per il Clima- Fuori dal fossile nazionale
Coordinamento Per il Clima Fuori dal Fossile RA
Cittadinanzattiva ER
Comitato No Bretella Si Mobilità Sostenibile MO
Comitato per il treno di Maranello MO
Comitato Tutela Alberi BO
Coordinamento Cispadano No Autostrada Si Strada a scorrimento veloce MO
Coordinamento regionale Comitati acqua pubblica
Ecomapuche Rimini
Ecoresistenze
Faenza Eco-logica
Radici del sindacato CGIL nazionale
Radici del sindacato SPI CGIL nazionale
Rete Giustizia Climatica FE
Rete Norigass No GNL nazionale
Sindacato Generale di Base
Tavolo Associazioni ambientaliste FO

Forze e associazioni politiche

Cambiare rotta nazionale
Giovani Comunisti ER
Lista Emilia-Romagna per la Pace, l’Ambiente e il Lavoro
Partito Rifondazione Comunista ER
Potere al Popolo ER
Rete dei Comunisti BO

(si ringraziano per le foto del volantino le Brigate di Solidarietà Attiva)