Il complesso del Cimitero memoriale dei liberatori di Belgrado, di fronte all’ingresso del Cimitero nuovo, è uno dei luoghi storici e dei “luoghi della memoria” più significativi di quella che fu la capitale della Jugoslavia ed è oggi capitale della Serbia. Inaugurato il 20 ottobre 1954, nel decimo anniversario della liberazione della città, è il “segnale del tempo” della liberazione di Belgrado della quale ricorrono nel 2024 gli 80 anni. Come ricorda Pierre Nora, un luogo della memoria «ha come scopo fornire al visitatore, al passante, il quadro autentico e concreto di un fatto storico. Rende visibile ciò che non lo è: la storia […], e unisce in un unico campo due discipline: la storia, appunto, e la geografia». È possibile ripercorrere la liberazione di Belgrado anche attraverso la “geografia dei luoghi”, negli spazi urbani e attraverso le opere che la hanno immortalata. 

   Il Cimitero memoriale dei liberatori di Belgrado è una straordinaria composizione, concepita per ospitare i caduti dell’Armata Popolare di Jugoslavia (1.395 combattenti) e dell’Armata Rossa (818 soldati), il rilievo e la figura in ingresso sono opera del grande scultore Radeta Stanković, mentre la statua del soldato dell’Armata Rossa è opera di un altro grande protagonista dell’arte jugoslava, Antun Augustinčić, celebre per la statua di Tito che rappresenta uno dei capolavori che accompagnano la visita al Museo della Jugoslavia. A pochi passi dal Cimitero sorge poi il Cimitero ebraico: si trova qui quello che è considerato il primo capolavoro assoluto del grande artista Bogdan Bogdanović, il Memoriale per le vittime ebree del fascismo, opera del 1952. 

   Belgrado fu liberata dopo tre anni e sei mesi di occupazione (aprile 1941 – ottobre 1944). A Belgrado era iniziata la guerra di aggressione e di smembramento della Jugoslavia ad opera delle potenze dell’Asse, dei nazisti e dei fascisti, con i bombardamenti del 6 aprile 1941; a Belgrado la guerra si sarebbe avviata al suo epilogo, con la sconfitta dei nazisti e dei fascisti e la liberazione del Paese, all’indomani della campagna per la liberazione della capitale che durò dal 12 al 20 ottobre 1944 e attraversò una serie di luoghi nello spazio della città. All’eroismo dei difensori della città dall’aggressione del 6 aprile, è dedicato lo straordinario Monumento ai piloti che difesero Belgrado, inaugurato, poco distante dall’Hotel Jugoslavia, a Novi Beograd, il 6 aprile 1997, opera del grande scultore Miodrag Živković, a sua volta noto, tra l’altro, per il celebrato Monumento alla Fratellanza e Unità (1961) a Prishtina, in Kosovo, e per il grandioso Complesso memoriale di Kadinjača (1979). La scultura del 6 aprile rappresenta, non a caso, i piloti che sfondano un blocco di granito con i loro corpi. 

   Undici volte la capitale fu bombardata dall’Asse solo nel periodo tra aprile e settembre 1944, con particolare brutalità proprio in occasione della Pasqua ortodossa del 16 e 17 aprile. A partire dal mese di ottobre, tuttavia, la lotta di liberazione raggiunse Belgrado. Il 14 ottobre i partigiani raggiunsero le zone limitrofe di Žarkovo e Čukarica. Nel corso delle tre giornate successive, furono raggiunte Banjica, Dedinje e Topčider, spingendosi sin quasi alla ferrovia verso il Danubio. È una zona ricca di emergenze memoriali. Ospita il Museo del campo di concentramento di Banjica e, non molto distante, il Museo della Jugoslavia, straordinario luogo culturale sulla storia e le vicende dello jugoslavismo, ma anche eccezionale testimonianza di architettura modernista, espressa dall’edificio principale, opera di Mihailo Janković del 1962. Poco lontano, nello stadio JNA, oggi stadio Partizan, si celebrava, dal 1957 al 1988, l’evento principale della Staffetta della gioventù, altro simbolo jugoslavo.

   Dure le battaglie combattute presso Čukarica e nella zona di Terazije, ove campeggia lo storico Hotel Moskva. Sul versante opposto della piazza, normalmente attraversato dall’indifferenza dei passanti, sorge un altro memoriale di notevole importanza, il Monumento ai patrioti impiccati del 1941, opera dello scultore Nikola Janković (1983) in memoria di cinque patrioti impiccati dai nazisti il 17 agosto 1941. Tre anni dopo, nel percorso della liberazione di Belgrado, il 19 ottobre 1944, la bandiera jugoslava fu issata in cima al Palazzo Albanija, sempre a Terazije. Il valore simbolico dell’evento è di grande impatto: la bandiera della liberazione campeggiava allora sul palazzo più alto della capitale. Ma Palazzo Albanija era ed è anche qualcosa in più: un capolavoro di architettura nello stile modernista degli anni Trenta. Era stato ultimato il 20 ottobre del 1939. 

   Il Kalemegdan, il campo della fortezza, il nucleo storico-memoriale di Belgrado, fu liberato alle prime luci del 20 ottobre 1944. I nazisti furono costretti a ritirarsi verso lo Srem, abbandonando anche Zemun, a nord di Belgrado, il 22 ottobre. Il Kalemegdan è, soprattutto in relazione alla liberazione di Belgrado e della Serbia, una vera e propria «celebrazione memoriale». Nucleo fondativo della città, sede della IV Legione Flavia in epoca imperiale, conquistato dagli Ottomani nel 1526, ripreso dai Serbi nel 1867, alla vigilia dell’indipendenza nazionale del 1878, fu poi occupato dai nazisti nel corso della guerra, fino, appunto, alla Liberazione. 

   Qui sorge un altro simbolo di Belgrado, il Pobednik (Vincitore), tra i capolavori del grande scultore croato Ivan Meštrović (1928), per la vittoria nella Grande Guerra, e, sotto i bastioni della Fortezza, uno dei più significativi memoriali jugoslavi, la Tomba degli eroi nazionali (1948), con le spoglie degli eroi: Ivan Milutinović, Djuro Djaković, Ivo Lola Ribar e Moša Pijade. A Moša Pijade, leader rivoluzionario e grande intellettuale, presso il Palazzo del quotidiano Politika, è dedicato un altro monumento memoriale, opera del grande scultore Branko Ružić del 1967. Anche qui è racchiuso, a ben vedere, nel concetto dell’opera, uno dei messaggi più potenti della Liberazione: unità rivoluzionaria e solidarietà umana. Un messaggio che non smette di essere attuale. 

   È questa, del resto, la forza del patrimonio jugoslavo. Come ha scritto Vesa Sahatçiu, “è chiaro che questi monumenti, tutt’oggi, non sono serbi, croati, sloveni, montenegrini, macedoni o albanesi. Per averne la prova, basta notare che sono trascurati dai Paesi ospitanti e lasciati a sgretolarsi in tutte le regioni dell’ex Jugoslavia. […] I risorgenti sentimenti nazionalisti non lasciano spazio a monumenti senza identità nazionale. Non c’è spazio per questi patrimoni quando alcuni sono impegnati a riscrivere la storia […]. Chi ha bisogno di monumenti che non siano né interamente serbi, né interamente albanesi, ma che siano costituiti da entrambi?”. 

 

Riferimenti

Sećanje na oslobođenje Beograda 20. oktobra 1944, RTS, 20.10.2023: 

https://www.rts.rs/lat/vesti/drustvo/5294309/oslobodjenjebeogradabeogradskaakcijadapceviczdanov.html

 

Grobnica narodnih heroja na Kalemegdanu:

https://sh.wikipedia.org/wiki/Grobnica_narodnih_heroja_na_Kalemegdanu

 

Vesa Sahatçiu, Monuments without a home, Kosovo 2.0, 03.06.2013:

https://kosovotwopointzero.com/en/monuments-without-a-home

 

Inoltre, a proposito degli sviluppi del progetto PRO.ME.T.E.O per Corpi civili di pace in Kosovo, sui luoghi della cultura e i luoghi della memoria in relazione ai percorsi di costruzione della pace, le due recenti pubblicazioni:

 

Di terra e di pietra. Forme estetiche negli spazi del conflitto, dalla Jugoslavia al presente, Multimage, Firenze, 2021 (https://multimage.org/libri/di-terra-e-di-pietra) e Le porte dell’arte. I musei come luoghi della cultura tra educazione basata negli spazi e costruzione della pace – Art doors. Museums as places of culture between place-based education and peace building, Multimage, Firenze, 2024 (https://multimage.org/libri/le-porte-dell-arte-art-doors