Il digiuno di giustizia di questo mese vuol essere un urlo di indignazione per il sistematico abuso dei diritti umani di migranti o meglio profughi della “rotta balcanica”. Si tratta di una vera e propria “via crucis” di fratelli, sorelle, intere famiglie afghane, irakene, siriane che sono obbligati a fuggire da guerre intraprese dall’Occidente.
Secondo il diritto internazionale, sono profughi, non migranti. Ma ci sono anche pakistani, kasmiri, bengalesi che scappano da situazioni di fame e oppressione. I loro viaggi, in cerca di una speranza, durano dai due ai tre anni. Chi arriva in Turchia è posto davanti a una scelta: o la “rotta balcanica” che passa per la Bulgaria, Serbia, Croazia, Slovenia per arrivare a Trieste oppure raggiungere l’Austria.
L’altro percorso che viene compiuto per raggiungere l’Europa è la rotta verso la Grecia (dove il trattamento dei migranti è raccapricciante), con passaggio in Macedonia del Nord, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Slovenia e infine Trieste. La UE, per difendere i propri confini, ha di fatto militarizzato tutta la zona dei Balcani occidentali, con azioni di respingimento brutale, soprattutto ad opera della polizia bulgara. Un pakistano, Umar, di 26 anni, ha subito 36 respingimenti illegali, costellati da violenze, torture inenarrabili.
È giunto a Trieste in un fisico debilitato dalle numerose torture, in un quadro di ulcere purulente su tutto il corpo, prodotte dalle numerose lesioni inferte dagli aguzzini in difesa dei confini della UE. Ma a Trieste questi “disperati della storia”, doloranti dalla rotta balcanica, incontrano il muro italiano: “respingimento” in Slovenia, secondo l’ordine del ministro degli interni, Piantedosi. “È uno strumento, quello della riammissione in Slovenia, non solo pienamente legittimo, ha detto il ministro a Trieste, ma che riteniamo doveroso riattivare e rafforzare”. Davanti a questo “game”, così battezzato dai profughi: da Trieste in Slovenia, dalla Slovenia in Croazia e ultimo “respingimento” in Serbia, nei famigerati lager per profughi, da dove ritentano di nuovo la rotta per l’Europa.
È una catastrofe umanitaria! A Trieste, quando arrivano, vengono abbandonati a loro stessi, costretti a vivere, prima, nel Silos, gigantesco stabile dismesso, sgomberato dal Comune il 21 giugno, adesso, nei magazzini del porto vecchio di Trieste, e all’impegno di reti solidali per sopperire alla mancanza di servizi e strutture pubbliche. Mentre le istituzioni sono assenti, a Trieste, oltre a varie realtà di supporto ai profughi, c’è una coppia, Lorena e Gianandrea Fornasir, che si prendono cura da anni di questi profughi con il loro “ambulatorio”: una panchina rivestita con la coperta termica nella cosiddetta “piazza del mondo”. “Questa -afferma Lorena- è la rivoluzione della cura. Per noi è un’azione politica contro un mortale regime di frontiera.”
È un piccolo/grande segno di umanità, su questa tragica rotta balcanica della disumanità. Grazie grande a Lorena e Gianandrea per lo splendido esempio di umanità a un’Italia e UE sempre più razziste. Ci troveremo il 16 ottobre dalle ore 16,00 alle 17,30 in piazza Santi Apostoli per urlare tutto il nostro orrore davanti a questa tragedia.
Alex Zanotelli a nome del Digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti