Non mi abituerò mai agli orari romani, sono di Gallarate del resto arrivare in ritardo ad un appuntamento mi mette ansia: la puntualità lombarda è come una patologia esistenziale.
Sicché, per non rischiare di arrivare in ritardo di cinque minuti, essendo impossibile a Roma fare calcoli, pur approssimativi, sui tempi di percorrenza di un tragitto, arrivo sempre agli appuntamenti in largo anticipo e non trovo nessuno poiché chi devo incontrare arriva tranquillo e beato in ritardo.
Quando si tratta di una manifestazione invece trovo già schierata la polizia e nessun altro.
Sabato 12 Ottobre, stranamente, anziché in anticipo, sono arrivato in perfetto orario a Piazzale dei Partigiani, la grande piazza che si estende tra la Piramide Cestia, Porta San Paolo e le annesse Mura Aureliane, luogo sacro della Repubblica Italiana, perché qui nacque e si manifestò per la prima volta la Resistenza nel tentativo disperato di impedire l’occupazione di Roma da parte delle truppe tedesche, dopo l’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre 1943.
Perciò é uno dei punti di partenza di innumerevoli cortei e in particolare di quelli a cui si vuole dare una chiara impronta antifascista.
Questa volta trovo, al punto d’incontro che ci siamo dati, Bruno, che pur essendo romano da generazioni è più puntuale di me.
Bruno è nel direttivo del mio circolo dell’Anpi, la sezione del Trullo-Magliana, che ha il nome del partigiano Franco Bartolini; è lui il responsabile del tesseramento che, con oltre duecento iscritti, decreta essere il piú grande circolo territoriale della capitale.
Della sezione, all’inizio, siamo solo noi due e anche il concentramento pare assai scarsetto: un po’ di Rifondazione Comunista con il Segretario Maurizio Acerbo, il resuscitato Partito Comunista Italiano, Potere al Popolo, Osa e Cambiare Rotta, l’Udu e la Rete degli Studenti Medi, gli operatori sanitari per Gaza…
Il nucleo maggiore è ovviamente quello delle ragazze e dei ragazzi palestinesi, libanesi, egiziani e piú in generale arabi e/o musulmani, che hanno organizzato un servizio d’ordine e scritto gli striscioni che guidano il corteo.
Quando questo inizia a muoversi è ancora poco numeroso.
Non risparmio ai miei amici battute autoironiche del tipo “Insomma tocca chiedere a Piantedosi di vietare tutti i cortei, così i ragazzi vengono a riempire le piazze”.
Invece come al solito, il corteo lungo il tragitto si riempie di persone che aumentano esponenzialmente il numero dei partecipanti e, al contrario, ne abbassano l’età media.
Quando arriviamo al Colosseo il colpo d’occhio del Corteo è non solo dignitoso, ma degno di analoghe manifestazioni europee.
Fino all’arrivo a Piazza Vittorio tutto scorre senza alcun problema.
Tra slogan e interventi, oltre alle tradizionali parole d’ordine per chiedere la fine dell’oppressione e del genocidio operato dal governo sionista, razzista, colonialista e suprematista israeliano, che agisce impunito, grazie alle complicità occidentali e anche italiane, si aggiunge la condanna per gli attacchi ai caschi blu dell’ONU, soldati italiani compresi, e si chiede a gran voce l’espulsione di Israele dalle Nazioni Unite.
A piazza Vittorio compare, un po’ timidamente, lo striscione rosso fuoco dei ragazzi e delle ragazze del Jewish Bloc for Palestine: “Nessuno sarà libero finché non lo saremo tutti!”
Tutto si chiude senza incidenti: le studentesse e gli studenti palestinesi hanno vinto al loro scommessa.