La campagna di mobilitazione contro il G7 – Not on my body – ha usato l’ipocrita passerella del meeting sulla Salute tenutosi ad Ancona dal 9 all’11 ottobre, per riportare l’attenzione sulle criticità della sanità marchigiana oltre che sul modello di sanità che si vuol perseguire, pur a livello nazionale e globale.
Molti i temi discussi: dal disfunzionamento del sistema sanitario nazionale e regionale al dissesto e inquinamento ambientale passando per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici del settore; in un’ottica non solo locale ma anche internazionale e intersezionale.
Un tema, affrontato in due momenti e interventi diversi, è stato quello dei consultori e del diritto all’aborto. In particolare, nelle Marche si registrano importanti contrazioni nell’effettivo esercizio del diritto all’aborto dovute a decennali politiche che hanno comportato un depauperamento delle risorse messe in campo per i consultori; a fronte di una riduzione, negli ultimi quarant’anni, sia del numero assoluto di IVG sia del tasso di abortività che danno alle Marche e alla Toscana il primato sulle altre regioni italiane. (Istat, Osservatorio disuguaglianze nella salute della regione Marche, 2022)
Mentre il presidio svoltosi nel pomeriggio di mercoledì sotto l’ospedale materno infantile Salesi ha puntato sulle istanze che la mobilitazione ha voluto portare all’attenzione della collettività, anche in un’ottica universalistica, durante il convegno tenutosi presso la facoltà di economia dal titolo “ Contro il mercato della salute: per una sanità pubblica e universale” il tema è stato affrontato più nel dettaglio dalla ginecologa Valeria Bezzeccheri che ha acceso un faro sulla situazione dei consultori.
Difatti, nella regione eletta a laboratorio delle politiche nazionali sul tema della sanità – che, proseguendo sul solco tracciato dalla Lombardia, sta difatti operando politiche volte alla privatizzazione – su 66 consultori solo 24 offrono l’innovativo servizio di équipe medica annoverando le quattro figure previste: ginecologa, ostetrica, assistente sociale e psicologa.
Il che significa che più del 50% dei consultori hanno una o al massimo due figure professionali. E quelli in cui ne è presente solo una sono ambulatori che effettuano test di screening e pap test.
Il consultorio, spiega la Dott.ssa Bezzeccheri, che nasce nel 1975, è un servizio sociosanitario e socioassistenziale innovativo proprio in virtù del lavoro di équipe che si occupa della donna in tutte le sue fasi evolutive, della coppia e della famiglia.
Tra i servizi che offre: non solo l’applicazione della legge194, istruzione e informazione, ma anche la tutela della gravidanza nell’ottica del progetto-obiettivo materno infantile.
Gli ostacoli che impediscono di fatto a questi presidi territoriali di svolgere in maniera efficace il loro servizio sono la contrazione delle risorse e dunque l’accessibilità sia in termini di spazi, orari e strumentazione adeguata; che ricadono anche su una mancata inclusione. Le ore di apertura del servizio risultano, infatti, inferiori rispetto alla media nazionale.
Le implicazioni sono molteplici: i progetti dedicati all’adolescenza e all’educazione sessuale e affettiva sono praticamente assenti, c’è poi il mancato inserimento dei consultori nel progetto obiettivo materno infantile, con un percorso della gravidanza fisiologica mai attivato.
A questo si aggiunge che, sebbene la maggior parte delle certificazioni per IVG vengano fatte all’interno dei consultori – in una regione che registra un tasso di medici obiettori del 70% in media, con dei presidi in cui si arriva al 100% – risulta ancora impraticabile l’aborto farmacologico con la RU486 che a tutt’oggi viene somministrata solo all’interno delle strutture ospedaliere.
Ciò è dovuto alla mancata integrazione delle linee guida del ministero della salute del 2022 che, ricevuto il parere favorevole dell’Aifa, prevedono il prolungamento fino alle nove settimane di gestazione per la pratica dell’aborto farmacologico, contro le sette attualmente rispettate, da somministrare in regime di day hospital. La procedura può essere eseguita presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale e autorizzate dalle Regioni, nonché presso i consultori familiari.
Nelle Marche, attualmente, resta in piedi una delibera regionale per l’utilizzo sperimentale della RU farmacologica che dopo aver superato le fasi della sperimentazione, non è di fatto mai uscita dalla fase “sperimentale”, poiché la delibera non è mai stata né abrogata né modificata.
Se a ciò si aggiunge la mancata formazione o aggiornamento del personale medico si arriva all’attuale immobilismo o parziale ostruzione dell’esercizio di una pratica prevista dalla legge.
Le istanze portate dal contro G7 che hanno sostanzialmente ripercorso una diffida portata sul tavolo della Regione nel marzo 2022, sono: il rispetto del diritto all’aborto, per un aborto sicuro, libero e gratuito in strutture consultoriali pubbliche disseminate sul territorio e potenziate.