Oltre 3,1 miliardi di bambine, ragazze e donne vivono in Paesi dove i loro diritti non sono garantiti. L’esempio più drammatico è l’Afghanistan dove oggi alle donne è vietato persino parlare in pubblico, ma non è un caso isolato. In un anno segnato dal moltiplicarsi dei conflitti, non possiamo ignorare come la violenza sessuale ai danni di bambine, ragazze e donne diventi troppo spesso una vera e propria arma di guerra. E questo è tanto più drammatico se si pensa che tra il 2017 e il 2022 è aumentato del 50% il numero di ragazze e donne che vivono in Paesi afflitti da guerre, raggiungendo la cifra record di 614 milioni. I conflitti, ma anche le crisi climatiche, sono per le bambine e le ragazze fattori che aumentano il rischio di mutilazioni genitali e di abbandono scolastico. E’ quanto viene evidenziato dal 13esimo Dossier Indifesa di Terre des Hommes che documenta le sofferenze di tutte le bambine e ragazze nel mondo. 

 

Sono circa quattro milioni le bambine e le ragazze che ancora oggi ogni anno subiscono mutilazioni genitali. Nella metà dei casi viene praticato nelle prime settimane di vita o comunque entro i cinque anni d’età “lasciando solo un breve lasso di tempo per intervenire” ed evitare il peggio, sottolinea Unicef. Questo avviene soprattutto in Paesi come Yemen, Mauritania, Nigeria e Senegal. A Gibuti, in Guinea, in Sudan e in Somalia le bambine solitamente subiscono il “taglio” tra i cinque e i nove anni. Infine, ci sono altri Paesi (tra cui Kenya ed Egitto) in cui le mutilazioni genitali vengono praticate prevalentemente durante l’adolescenza, spesso in vista di un matrimonio. E anche l’Europa deve fare i conti con questa pratica: secondo le stime dell’End Fgm European Network sono più di 600mila, in parte donne immigrate di prima generazione talvolta giunte in Europa molto tempo fa che hanno subito il “taglio” nei Paesi d’origine e che non cercano aiuto (o se lo cercano non lo trovano) per affrontare i problemi di salute legati alle conseguenze delle MGF. Inoltre, ogni anno almeno 20mila potenziali vittime chiedono asilo nell’Unione Europea dopo essere fuggite da un Paese a rischio.

 

Sono ben 12 milioni le bambine che vengono date in sposa ogni anno. Circa la metà di loro vive in Asia e 1 su 5 in un Paese dell’Africa sub-sahariana. In termini assoluti, l’India è il Paese con il più alto numero di spose bambine al mondo. E tante sono anche le gravidanze precoci: secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità (Oms) sono circa 21 milioni le ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni che rimangono incinte. Di queste, 12 milioni danno alla luce un bambino, mettendo a rischio la propria salute. Per una ragazza adolescente (tra i 15 e i 19 anni), e ancora di più per le bambine che rimangono incinte a età inferiori, una gravidanza può rappresentare infatti un gravissimo rischio per la salute. Il loro corpo, infatti, non è in grado di affrontare tutti i profondi cambiamenti che questa condizione e il parto comportano, con conseguenze profonde per il loro benessere, provocare situazioni pesantemente debilitanti o persino la morte: le complicazioni legate alla gravidanza e al parto sono la seconda causa di morte tra le ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni.

 

Per quanto riguarda l’istruzione, pur in presenza di importanti traguardi, come i 50 milioni di bambine e ragazze che sono andate ad incrementare la popolazione scolastica femminile nel mondo dal 2015 (data d’avvio degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile) ad oggi, restano ancora troppe bambine fuori dalla scuola. In numeri assoluti, circa la metà delle bambine e delle ragazze che non sono mai state iscritte a scuola o che hanno interrotto gli studi (a causa di un conflitto, di una catastrofe naturale, perché costrette a lavorare o a sposarsi) vive nei Paesi dell’Africa sub-sahariana dove, peraltro, non è stata raggiunta la parità di genere in nessuno dei cicli scolastici. “A livello globale, nove dei dieci Paesi con i più alti tassi di abbandono scolastico si trovano in questa regione”, scrive l’Unesco. Le nazioni in questione sono Gibuti, Guinea, Mali, Repubblica Centrafricana, Guinea Equatoriale, Niger, Chad, Eritrea e Sud Sudan. L’unico Paese non africano in questa triste classifica è l’Afghanistan, dove alle bambine oltre i 12 anni è proibito andare a scuola.

 

I dati relativi all’Italia, benché il contesto sia completamente diverso, restano preoccupanti. Bambine e ragazze sono ancora la maggioranza tra le vittime di reati a danno di minori. Gli indicatori relativi al lavoro, alla presenza di persone che non frequentano una scuola, un corso di formazione o sono disoccupate, allo studio delle discipline scientifiche e tecnologiche e alla partecipazione pubblica delle donne non migliorano. Il nostro Paese è sceso dal 79° all’87° posto nel 2024 per quanto riguarda l’uguaglianza di genere. E nel nostro Paese non mancano neppure i matrimoni forzati. Secondo il più recente report realizzato dal Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale il 2023 ha visto un raddoppio di questi reati passando dai 14 del 2022 ai 28, commessi per il 96% a danni di donne. Il 26% delle vittime di sesso femminile avevano un’età compresa tra i 14 e i 17 anni, per il 71% di nazionalità italiana.

Qui il dossier: https://terredeshommes.it/indifesa/pdf/Dossier_indifesa_tdh_2024.pdf.