Desideriamo condividere e diffondere le accorate riflessioni espresse in questa lettera aperta al papa da un nostro carissimo amico e compagno, ginecologo non obiettore, riferimento a partire dagli anni Settanta per tantissime donne della provincia di Palermo nei consultori e nei pubblici ospedali

Caro Francesco,
ti scrivo perché ti stimo e ti voglio bene.

Ti stimo per le tue posizioni sulla guerra, sui migranti e sui poveri in generale che coincidono con il mio sentire, ed anche per le tue dichiarazioni sulle persone omosessuali (“chi sono io per giudicare ?”) e altro.

Ti scrivo perché vogli raccontarti una storia, la mia storia.

Tanti anni fa ero un giovane medico e frequentavo un reparto di maternità e dovetti assistere una donna che era venuta con una forte emorragia, in realtà le tenevo la mano mentre i miei colleghi più anziani e più esperti facevano di tutto per salvarle la vita. Lei a sua volta stringendomi la mano mi guardava negli occhi e mi diceva “aiu cincu picciriddi, m’aiutassi” (ho cinque bambini, mi aiuti). Purtroppo non ci fu nulla da fare e la donna spirò.

Si era sviluppata una malattia tremenda che si chiama CID, cioè il suo sangue si era coagulato dentro le vene e, scoagulandosi, aveva perso la capacità emostatica. Ciò avvenne perché aveva cercato di interrompere la gravidanza con l’aiuto di una mammana che le aveva somministrato un decotto di prezzemolo che si chiama apiolo e infilato nell’utero qualche strumento.

Ero il più giovane della compagnia e mi toccavano i compiti più sgradevoli come quello di andare a parlare con il marito che aspettava fuori dalla clinica.

Era un contadino con la faccia rugata e abbronzata e le mani callose per la consuetudine alla zappa, che mi guardava sconsolato con i suoi occhi del colore del mare e teneva in braccio un bambino di un anno scalzo e vestito di stracci.

Fu un colloquio difficile: vedevo nel suo volto la disperazione e il piccolo, come se avesse capito qualcosa, non smetteva di piangere.

Allora decisi di dedicare la mia professione a salvare le donne da questa tragedia che è l’aborto.

Appena fu approvata la legge non feci l’obiezione di coscienza e dedicai i miei interessi professionali alla contraccezione. Col tempo diventai responsabile del settore nel mio ospedale e negli anni feci un numero notevolissimo di colloqui pre-ivg (interruzione volontaria di gravidanza) ed anche di interventi.

Le donne che venivano da me trovavano la massima disponibilità al dialogo; io dicevo loro che avrei fatto l’intervento ma che se volevano potevano anche parlare con me che, in ogni caso, avrei rispettato la loro volontà.

Imparai così che le donne che si trovano di fronte ad una gravidanza imprevista ed indesiderata hanno come prima reazione quella di cercare di liberarsene ma, se vengono messe a loro agio in un clima amichevole e di disponibilità all’ascolto, superano questa fase di panico e arrivano ad una decisione cosciente.

Si abortisce sostanzialmente per tre motivi: la povertà, la mancanza di cultura e la stupidità, e per quest’ultima non c’è rimedio.

Con questo sistema ho evitato molti aborti, sicuramente più del c.d. Movimento per la vita, con il quale per un certo periodo ho anche cercato un dialogo rivelatosi in seguito infruttuoso.

Ovviamente mi sono fatto carico dell’assistenza alla gravidanza e al parto di quelle che decidevano di continuare e della contraccezione per quelle che operavo.

Adesso leggo che tu mi definisci un killer e questo mi dispiace.
Penso invece che andrebbe definita tale una società, se vuoi una politica, che non offre nessun sostegno alla maternità (asili, case, facilitazioni economiche, ecc.), che non si occupa dell’educazione sessuale nelle scuole e che sostanzialmente lascia sole le donne e le famiglie.

I killer poi, per definizione vengono pagati, mentre nella fattispecie ho pagato io in termini di mancata carriera ed anche di un certo livello di emarginazione professionale da parte di colleghi che poi, nel momento del bisogno, venivano a chiedermi aiuto (“io, come sai sono contrario…ma nel mio caso”).

Killer, a mio parere, è chi si fa pagare per prestare aiuto e comunque killer è questa medicina mercantile dove la vita e la salute hanno un prezzo.
Con affetto, tuo Ernesto

(dalla pagina facebook di Ernesto Melluso)