Dal 13 settembre è in corso uno sciopero continuativo dei 33.000 lavoratori statunitensi della Boeing, organizzato dal sindacato International Association of Machinists.
Gli stabilimenti coinvolti sono quelli di Renton e di Everett, nei sobborghi di Seattle (Stato di Washington) e una dozzina di altre strutture dell’indotto sparse nella zona industriale di South Seattle, quello di Portland (Oregon) e della Edwards Air Force Base, in California.

Il 12 settembre, il 94,6% dei lavoratori aveva respinto con un referendum il contratto siglato dalla dirigenza sindacale, che l’aveva presentato vantandone le grandi acquisizioni.

La base sindacale ha chiesto, con un’ulteriore consenso del 96%, di indire subito lo sciopero messo a disposizione all’inizio della trattativa.

Le critiche al contratto siglato, sostenute dapprima soprattutto dai giovani neo assunti, si riferiscono alla permanenza di un gran numero di straordinari obbligatori e di un sistema pensionistico che dal 2008 non è più costituito da una rendita fissa legata in percentuale all’ultimo salario, ma è variabile in relazione al rendimento degli investimenti del fondo pensioni in borsa e all’insufficiente aumento delle retribuzioni. Questo comporta possibili diminuzioni dell’assegno, come già accaduto, quando il mercato azionario cade.

Inoltre il 25% d’incremento di salario offerto dall’azienda è ben lontano da quello richiesto del 35-40%, anche e soprattutto perché si riduce a un aumento reale inferiore al 10% distribuito in 4 anni; i bonus legati all’andamento aziendale sarebbero infatti assorbiti nell’aumento stesso, grandemente insufficiente a fronteggiare l’alto costo della vita in una città come Seattle, e ridicolmente offensivo, visto anche che l’ex Amministratore Delegato ha ricevuto alle sue dimissioni un bonus di 33 milioni di dollari.

Boeing impiega 170.000 lavoratori (dopo aver tagliato 40.000 posti di lavoro nel 2020 nel corso della fase acuta della pandemia Covid) ed è una public company di proprietà di fondi d’investimento. Svolge un ruolo centrale nell’economia statunitense per le sue produzioni di aerei, armi e navicelle spaziali. Il 737 è l’aereo commerciale più utilizzato nella storia, con più di 10.000 velivoli costruiti e venduti alle compagnie aeree di tutto il mondo.

Dal decennio scorso, Boeing è un’azienda in crisi con un bilancio in rosso. Ed è pure oggetto di indagini pubbliche a causa della progressiva scarsa qualità delle produzioni, che ha portato ad almeno due grandi incidenti dei propri 737 Max, in Indonesia e in Etiopia nel 2018 e nel 2019, che hanno causato 346 morti. A gennaio, una porta di un aereo Boeing 737 della Alaska Airlines è esplosa in volo sopra l’Oregon.

La Federal Aviation Administration, che ha sollecitato ispezioni dei prodotti finali da parte di lavoratori qualificati, di fronte al fatto che nel 2017 Boeing ha cercato di accelerare la produzione facendoli firmare dai meccanici che assemblano gli aerei, è intervenuta più volte a reprimere le inadempienze aziendali. Così come ha fatto in questi giorni, raccomandando un’urgente sostituzione di un componente difettoso in alcuni Boeing 737, che potrebbe causare l’inceppamento del sistema di controllo del timone dell’aereo.

Anche la navicella spaziale Boeing Starliner, consegnata alla NASA per effettuare una missione di 8 giorni, utile a certificare che fosse pronta per effettuare il servizio passeggeri ponendo fine al monopolio di SpaceX per i lanci delle sonde, ha riscontrato problemi di stabilità, tali da consigliare di recuperarla senza equipaggio per il timore della NASA, ma non della Boeing, che esplodesse nel rientro attraverso l’atmosfera.

I due membri dell’equipaggio, nello spazio ormai da 4 mesi, sono stati trasferiti sulla Stazione Spaziale Internazionale in attesa del recupero da parte della capsula spaziale SpaceX di Musk.

L’opinione di molti lavoratori Boeing è che molti dei problemi di sicurezza derivino soprattutto dai controlli  che l’azienda ha diminuito e anche dai salari sempre più bassi dei neo assunti, “paragonabili a McDonald’s” dichiara un assemblatore, e dal conseguente alto turnover che impedisce di acquisire pienamente le competenze necessarie alla costruzione di aeroplani sicuri e di qualità.

Dopo i primi giorni in cui lo sciopero in corso reggeva soprattutto sull’impegno della base, il Sindacato, che conserva il nome di “macchinisti” della tradizione ferroviaria che aveva alla sua nascita, ha assecondato il dissenso operaio: “Stiamo combattendo per ogni famiglia e per ogni comunità, stiamo lottando per il futuro della Boeing”, questo lo slogan che illustra la mobilitazione.

L’azienda ha aumentato il 25 settembre al 30% (con quella che ritiene la sua “offerta migliore e definitiva”) la sua disponibilità di aumento retributivo, ma continua a non affrontare i problemi sollevati dai lavoratori.

Il Sindacato da anni combatte contro le pratiche di appaltizzazione di parte delle lavorazioni (foriera anch’essa di possibili carenze di qualità dei prodotti), di restringimento delle ispezioni di qualità, di trasferimento del lavoro in stabilimenti non sindacalizzati, svuotando quelli storici, tenutari di professionalità che hanno garantito per anni un’alta qualità dei prodotti e un sostegno economico alle comunità.

La Boeing, che ha grandi richieste di nuovi aerei, ha pure richiesto la possibilità di adire a licenziamenti temporanei, con sostituzione provvisoria degli scioperanti, come previsto dalla normativa degli USA nel caso di scioperi economici, quali quelli per i rinnovi contrattuali. Conta sul fatto che lo stabilimento in North Carolina, operativo dal 2011 e che ora impiega circa 6.000 lavoratori (il quale, come spesso accade a causa della normativa sul lavoro degli Stati del Sud degli Stati Uniti e delle attività antisindacali delle amministrazioni locali, non è sindacalizzato) continua la produzione.

Poiché il contratto di lavoro è stato oggetto di due proroghe, contestate da molti lavoratori, erano 16 anni che in azienda non c’erano scioperi. Nel 1948, uno sciopero durò 140 giorni; i due più recenti, nel 2008 e nel 2005, rispettivamente 57 giorni e 28 giorni.

Essi hanno un grande ostacolo nelle modalità con cui nella Boeing vengono sostenuti dal Sindacato (come consueto negli USA, dove le alte quote sindacali consentono una parziale retribuzione di scioperi che sono in genere di lunga durata): tale sostegno decorre dalla terza settimana di sciopero ed è solo di 250 dollari a settimana, costringendo gli scioperanti a vivere dei risparmi, visto che tale importo è insufficiente ad affrontare le spese ricorrenti di una famiglia in una zona ricca come l’area di Seattle.

Inoltre dal 30 settembre, a causa dell’interruzione temporanea della retribuzione e dei relativi contributi, i lavoratori sono costretti a pagare un’integrazione della copertura sanitaria privata per non perdere le sue prestazioni.

Durante lo sciopero si è svolta una rumorosa manifestazione, con trombe e pentole, di fronte al quartier generale della Boeing a Seattle, oltre ai consueti picchetti di fronte ai cancelli della fabbrica, 24 ore su 24 (mobili, come impone la normativa del lavoro degli USA), con musica a tutto volume, clacson di sostegno delle auto che passano e fuochi d’artificio sparati nel cielo.

La Boeing è uno dei primi contraenti di appalti federali, e, come altre grandi imprese USA, gode di massicce agevolazioni fiscali e dispensa sostanziosi contributi elettorali.

Il governo statunitense segue lo sciopero in corso con grande preoccupazione, perché la Boeing, con la sua divisione Defense, Space & Security, produce anche satelliti, veicoli spaziali, razzi e jet da combattimento, bombardieri ed elicotteri ed è a stretto contatto con l’esercito USA per la loro ideazione e manutenzione. Armi che il governo gira in questo periodo consistentemente all’Ucraina per la guerra in corso con la Russia e ad Israele, per il genocidio in Palestina.

Contro l’invio di armi a Israele si sono svolte negli USA manifestazioni di fronte alle sedi della Boeing e richieste studentesche ad alcune università d’interrompere i rapporti con l’azienda.

Il governo statunitense ha destinato propri mediatori alle trattative sindacali alla Boeing, peraltro in questi ultimi ultimi giorni sospese in attesa di un’eventuale riconvocazione.

Fonti principali:

J.Brown, Can the Machinists Save Boeing from Its Management?, Labor Notes, 23.9

T.Wheeler, More than 30,000 Boeing unionized Machinist aircraft workers out on strike, People’s World, 16.9

Boeing 737, nuovi problemi di sicurezza, Il Sole 24 ore Finanza, 27.9