Lo “spettacolo integrato” – per dirla alla Debord – sulla vicenda del Ministro Sangiuliano – con la sua intervista in diretta su TG1 – è forse una delle pagine più basse sulla rappresentazione della politica italiana. Il “pianto politico” in tv, sdoganato dall’allora Ministra Fornero mentre chiedeva sacrifici alla popolazione per le sue politiche neoliberiste sulle pensioni, ha un ruolo ben preciso: umanizzare la classe politica, facendo passare l’idea che i politici non sono solo burocrati ma anche umani con sentimenti e debolezze. Nel caso del Ministro Sangiuliano si vuole addirittura andare oltre: uomo di potere che piange in diretta tv per avere compassione dal popolo. Il “pianto politico” – vero o falso che sia – è una novità degli anni 2000 che non sarebbe stato praticabile con la serietà istituzionale dei politici della Prima Repubblica. Se il pianto non è un segno di debolezza, il “pianto politico” lo è e si dà adito a tutti ad usarlo e strumentalizzarlo (qualora non fosse stato già strumentalizzato da chi lo ha agito).

Chiudendo la parentesi su questa epopea degna solo dei film di Rosmunde Pilcher, è interessante sottolineare come il risalto mediatico delle vicende personali di un politico possa, nell’era dei personalismi, prendersi tutta la scena coprendone invece molte altre.

Una di queste è proprio il mancato rinnovo del Decreto Franceschini per le biblioteche e pare che nessuno se ne sia accorto, se non coloro che hanno avuto occasione di lavorare in una libreria oppure in una biblioteca.

Dario Franceschini, ex-Ministro della Cultura durante i governi Conte e Draghi, promulgò un decreto che invitava le biblioteche ad acquisire il 70% dei loro materiale librario da almeno tre librerie diverse presenti sul territorio afferente alla biblioteca (in caso di Città Metropolitana, su tutto il territorio della Città Metropolitana), stanziando dei fondi che variavano in base alle dimensioni della biblioteca stessa. Un decreto che, passato in osservato per la maggioranza degli italiani, è da intendersi forse come uno dei pochi decreti sensati e intelligenti promossi da governi ben lontani dal mondo della cultura.

Il Decreto Franceschini, in qualche modo, ha permesso di aumentare notevolmente il flusso di vendite fuori dal range della grande distruzione libraria, approdando soprattutto nelle librerie indipendenti le quali, potendo contare su scarsissimi investimenti economici propri, sono quelle più soggette al fallimento e alla chiusura. Il Decreto è stato rinnovato per gli anni successivi fino a quando l’attuale governo Meloni, con la figura di Sangiuliano Ministro della Cultura, ha deciso di non rinnovarlo ulteriormente per l’anno 2024. Di questa notizia, non solo non si trova traccia su Google, ma non si trova neppure una corrispondenza con la fine dell’erogazione di questi fondi.

L’acquisto di libri da parte delle biblioteche, il Decreto Franceschini ha dato modo alle librerie di:

  • contare su un nucleo consistente di vendite sicure programmabili, consentendo loro di fare un minimo d’investimenti (si parla di briciole) per implementare il proprio sviluppo, creando nuovi eventi o rinnovando la loro offerta;
  • mettere in contatto le librerie con le biblioteche, facendo in modo che entrambi i presidi culturali presenti sul territorio potessero conoscersi e implementare strategie comuni in un’ottica di collaborazione.

La mancata riconferma del Decreto Franceschini impedisce di mantenere quanto instaurato in questi anni e sta già mettendo in difficoltà molte librerie che si trovano nella situazione di non poter programmare i mesi futuri, rischiando così la chiusura non potendo più contare su quell’investimento.

Ogni governo sceglie come impiegare i propri fondi e, del resto, il Decreto Franceschini, rispetto ad altre iniziative che si pongono il medesimo obiettivo di finanziare la cultura1, non è mai stato trasformato in legge e non è mai diventato strutturale.

Tuttavia il mancato rinnovo del decreto è passato nel più assoluto silenzio. Ancora una volta la cultura passa in secondo piano senza fare il minimo rumore, per lasciare spazio alla glamourizzazione della politica che a sua volta diventa un prodotto televisivo molto più vendibile rispetto ai libri. Un motivo di grande delusione non solo per librai e bibliotecari e per tutte le comunità culturali che intorno ad esseri ruotano.

 

1 come, per fare solo un esempio, le carte docenti, che permettono ai docenti di ruolo di usufruire di 500€ all’anno spendibili in prodotti culturali ed elettronici, tra cui i libri.