Per tutto il mese di luglio, le temperature in Antartide sono state di 10°C sopra la media, ma in alcuni giorni raggiungevano anche picchi di + 27°C. Sì, l’Antartide è il congelatore del mondo e ora è pieno inverno. Che cosa preannuncia questo?

Innanzitutto, secondo Michael Dukes, direttore delle previsioni di MetDesk: «In Antartide, quel tipo di riscaldamento presente durante l’inverno e che continua nei mesi estivi può portare al collasso delle calotte glaciali». (Fonte: D. Gayle, D. Noor, Antarctica Temperatures Rise 10C Above Average in Near Record Heatwave, The Guardian, 1 agosto 2024)

Già le estati 2022 e 2023 hanno visto una perdita senza precedenti di ghiaccio antartico, il cui livello è arrivato sotto i 2.000.000 km2, secondo il satellite, mai così basso dal 1979. Inoltre, il 2023 è stato l’ottavo anno in cui la banchisa ha subìto una drastica diminuzione. (Fonte: S. Waterman, What’s Going On In The Antarctic? 2024 Update, The Sleeping Giant Awakens, Climate Adaptation Center, 21 maggio 2024)

L’Antartide è enorme, con un’area totale grande quanto le superfici di USA e Messico insieme e uno spessore medio del ghiaccio di 2,2 km che copre il 98% del continente e rappresenta il 90% del ghiaccio globale e il 70% dell’acqua dolce del mondo. C’è molto su cui il riscaldamento climatico può lavorare!

Una questione fondamentale è l’innalzamento del livello del mare. Secondo la NASA, il suo ritmo è triplicato nel XXI secolo.

Che cosa ci aspetta?

Per quanto riguarda le aspettative future, esiste un archivio paleoclimatico che illustra nei dettagli cosa c’è da aspettarsi: «Mentre il cambiamento climatico odierno causato dalla CO2 è senza precedenti nella storia umana, circostanze simili esistono nell’archivio geologico che ci dà un’idea sull’innalzamento globale del livello del mare e sul suo processo. Circa 3,2 milioni di anni fa, durante l’epoca del Pliocene, i livelli di CO2 erano intorno a 400 ppm e le temperature 2-3°C al di sopra di quelle “preindustriali” del 1850-1880. Allo stesso tempo, i dati proxy indicano che il livello globale del mare era circa 16 m (per un range fra i 12 e i 20 m) più alto rispetto ad oggi». Ibid.

Probabilmente è questo il motivo per cui il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) suggerisce fortemente di tenere a tutti i costi le temperature sotto 1,5°C ma non sopra i 2 °C rispetto al periodo preindustriale, altrimenti ne deriverebbero seri problemi. A titolo informativo, l’IPCC aspetta che le temperature superino per diversi anni 1,5°C prima di dichiararne l’ufficialità. E il mondo è già arrivato alla barriera di 1,5°C. Si spera che tale barriera si stabilizzi, ma affinché succeda è necessario tagliare le emissioni immediatamente. Buona fortuna. Le emissioni globali di CO2 stanno aumentando vertiginosamente e non guardano indietro.

Concentrazione di CO2 nell’atmosfera (misurate a Mauna Loa, Hawaii):

2 agosto 2024 – 424,76 ppm

2 agosto 2023 – 421,52 ppm
Variazione in un anno: 3,24 ppm

Variazione nel 1960: 0,71 ppm

La CO2 influenza la temperatura che, secondo il Servizio per i cambiamenti climatici Copernicus (C3S), ha superato di 1,5°C i livelli preindustriali per la prima volta in un periodo di 12 mesi, da febbraio 2023 a gennaio 2024. Questo è il livello sotto il quale avevano concordato di rimanere i 195 Paesi firmatari dell’accordo di Parigi. Ops! Sono bastati solo 9 anni.

Per la precisione: «Il tasso di aumento del diossido di carbonio nell’atmosfera negli ultimi 60 anni è circa 100 volte più veloce rispetto agli aumenti naturali precedenti, come quelli verificatisi alla fine dell’ultima era glaciale 11.000-17.000 anni fa». (Fonte: R. Lindsey, Climate Change: Atmospheric Carbon Dioxide, Climate.gov, 9 aprile 2024)

Questo spiega il motivo per cui sono bastati solo 9 anni per raggiungere + 1,5°C. Una ricerca paleoclimatica sul sopramenzionato Pliocene mostra un tasso di aumento della CO2 in natura senza la presenza dell’uomo di 0,02 ppm/anno. Ma l’influenza umana l’ha portata alle stelle, fino a 2,80 ppm/anno (il tasso del 2023), più di 100 volte più velocemente. Ipso facto, il riscaldamento globale è sul piede di guerra.

Afferma il Climate Adaptation Center: «La ricerca supporta la conclusione secondo cui entro i + 2°C tutta la Groenlandia, gran parte dell’Antartide occidentale e parte della zona orientale saranno bloccate irreversibilmente in una situazione di innalzamento del livello del mare, anche se riusciremo a ridurre le temperature in un secondo momento. Principalmente, questo accade perché i mari, che saranno più caldi, tratterranno il calore per un periodo di tempo più lungo di quanto non faccia l’atmosfera, ma anche a causa di diversi meccanismi di feedback auto-rinforzante. Come risultato, le calotte glaciali impiegheranno molto più tempo a riformarsi (decine di migliaia di anni) che a fondersi». Ibid.

Tutto questo porta al momento in cui il mare antartico raggiungerà (se lo raggiungerà) un punto di rottura critico. A questa supposizione è stata data una risposta verosimile: «Quello che è successo nell’inverno 2023 ha scioccato gli scienziati. “Ha superato totalmente ogni limite”, ha affermato Ted Scambos, ricercatore senior al Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences (CIRES). «Durante l’inverno australe 2023, il livello della banchisa era molto inferiore rispetto a qualsiasi altra registrazione satellitare nell’arco di 45 anni». (Fonte: A. Gautier, Has Antarctic Sea Ice Hit a Breaking Point?, Earth Data, National Snow and Ice Date Center, NSIDC, 4 luglio 2024)

Cambio di regime in Antartide

Esiste una prova chiara in Antartide di quello che viene chiamato “cambiamento di regime”, vale a dire: «La bassa estensione della banchisa una volta dominava determinate zone, in particolare vicino alla Penisola Antartica, ma ora tutti i settori che circondano l’Antartide stanno reagendo insieme. Si parla di “coerenza spaziale”, un altro segno del fatto qualcosa sta cambiando per la banchina antartica, non solo in alcune aree e per pochi anni, ma su larga scala e per periodi più lunghi.

Tali variazioni, insieme alla loro grande variabilità e persistenza, sono tre dei principali fattori che indicano un cambiamento di regime». Ibid.

In più, ora, alla banchina è necessario più tempo per riprendersi dalle perdite e il ghiaccio recuperato è più sottile rispetto ai decenni precedenti. Tutto questo è attribuibile a un pianeta più caldo e, sempre più frequentemente, a periodi caratterizzati da temperature antartiche anomale anche durante l’inverno. Tuttavia, le temperature invernali rimangono sotto la soglia di congelamento.

Nonostante questo, il problema maggiore resta la tendenza al riscaldamento e il “cambiamento di regime”. Inoltre, ciò che non si vede preoccupa maggiormente, per esempio, un titolo su Live Science del 21 maggio 2024 recita: “Acqua oceanica calda si sta riversando sotto il “ghiacciaio dell’apocalisse” dell’Antartide, rendendo più probabile il collasso”.

Infatti, sarebbe molto rassicurante se gli scienziati potessero dire con certezza che la prospettiva del collasso su larga scala della banchina e dei ghiacciai, con conseguente innalzamento dei mari e inondazione delle città costiere, non è un problema di questo secolo, quindi “niente paura, non c’è da preoccuparsi”. Però non è possibile affermarlo perché il cambiamento climatico agisce molto più velocemente rispetto alle previsioni dei modelli degli scienziati. Per esempio, nessuno nel 2000 o nel 2010, e neppure pochi anni fa, aveva previsto un “cambiamento di regime in Antartide” o un aumento per 12 mesi consecutivi di 1,5°C sopra i livelli preindustriali entro il 2024. In realtà, il cambiamento climatico è talmente avanzato rispetto alle previsioni, da essere sbalorditivo.

Se i modelli climatici non sono riusciti a identificare l’inizio incredibilmente rapido di due eventi climatici estremi, segnalando un grande problema dritto davanti a noi, cos’è che non stanno prevedendo adesso?

Secondo Sharon Stammerjohn, ricercatrice senior presso l’Institute of Arctic and Alpine Research, INSTAAR dell’Università del Colorado di Boulder: «Concettualmente, vedo solo questo muro di calore che arriva alle porte dell’oceano Atlantico e inizia a farsi strada». Ibid.

Questo è quello che ha dichiarato a proposito António Guterres, il Segretario Generale dell’ONU, alla Giornata mondiale dell’ambiente il 5 giugno 2024: «La verità è che il mondo sta liberando emissioni così velocemente, che entro il 2030 un aumento della temperatura molto più elevato sarebbe quasi sicuramente garantito. […] La verità è che stiamo già sconfinando nel territorio di + 1,5°C. […] Nel 2015 dicevano che tale possibilità era quasi pari a zero». Ha fatto appello a tutte le nazioni di unirsi per bloccare le emissioni di combustibili fossili.

Simile la dichiarazione del 2021 dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE): «Non possono esserci nuove infrastrutture petrolifere e del gas se il pianeta deve evitare di superare di 1,5°C i livelli preindustriali di riscaldamento globale».

Tuttavia, la verità si scopre solo tre anni dopo, con il rapporto 2024 del Global Energy Monitor: «I produttori mondiali di combustibili fossili sono quasi sul punto di quadruplicare entro la fine di questo decennio la quantità di gas e petrolio estratti da progetti appena approvati, con gli USA in testa a guidare una marea di attività che minacciano di vanificare gli obiettivi climatici concordati».

Tutto ciò farà andare “fuori controllo” le misurazioni della CO2 a Mauna Loa. E, per andare sul sicuro: «Dovremmo abbandonare la fantasia di eliminare gas e petrolio». (Amin Nasser, presidente di Aramco, in Texas, marzo 2024).

Un muro di calore che colpisce l’Antartide è una cattiva notizia e il “cambiamento di regime” racconta qualcosa di preoccupante. E con la CO2 che aumenta con il ritmo più veloce di sempre – più di 100 volte – e gli interessi verso i combustibili fossili sempre più folli, dove va a finire l’Antartide? No comment.

Ma come stanno le cose? Gli scienziati si posizionano su entrambi gli estremi del “siamo fregati”: alcuni dicono “possiamo ancora lavorare per uscire da questo disastro autoinflitto”, mentre altri affermano “è già troppo tardi”. Di solito, la verità è da qualche parte in mezzo. Quindi, come sarà quel “siamo quasi fregati”? Non buono.

Traduzione dall’inglese di Sara Cammarelle. Revisione di Thomas Schmid.