I bambini di Gaza hanno perso un anno scolastico e stanno per perderne un altro. Oltre 19.000 bambini e ragazzi in età scolastica e 650 insegnanti sono stati uccisi. 290 scuole su un totale di 309 sono state rase al suolo. L’UNRWA sta lanciando un progetto per un’istruzione online, ma le difficoltà sono enormi e non tutti sono in grado di seguirli, a causa delle continue evacuazioni imposte dall’esercito invasore.

A Jebalia è partita a luglio un’iniziativa dal basso. Un gruppo di educatrici volontarie ha aperto delle classi scolastiche in baracche di plastica senza libri e senza banchi. I bambini stanno seduti per terra, con in mano un quaderno e una matita e l’insegnante sta a piedi davanti a una lavagna improvvisata. Si impara l’alfabeto e a far di conto.

“Stare insieme e distrarsi in un’attività di apprendimento li distolgono dal peso psicologico della guerra e dall’enorme responsabilità che assumono nell’organizzazione della famiglia”, dice la “direttrice” Amani Abu Rayya. “All’inizio del corso, questi bambini avevano reazioni convulse e dure a causa della pressione e delle privazioni subite, ma a due mesi dall’avvio del progetto abbiamo notato un miglioramento anche nelle relazioni con gli altri, malgrado le difficoltà oggettive della situazione di guerra”. Per vincere la paura dei rombi dei caccia e del ronzio dei droni israeliani, i bambini alzano la voce in canti e filastrocche ritmate per imparare l’arabo o per ripetere le tabelline delle moltiplicazioni.

Un bambino di 11 anni, Khaled, che segue un corso più avanzato è arrivato alla “scuola” di plastica, come la chiamano, con una tanica e una pentola. “Dopo il corso devo correre a fare la fila per l’acqua e quella per il riso e portare da mangiare a mia madre e ai fratelli piccoli”, ha detto all’intervistatore.