1. Sono mesi ormai che il governo italiano, e i gruppi energetici e finanziari che ne condividono l’impegno nelle politiche di esternalizzazione, cercano di trovarerapporti più funzionali con i diversi protagonisti politici e militari che si continuano a contendere la Libia e le sue enormi risorse. Anche con il generale Haftar dunque, ago della bilancia, con il suo clan,sostenuto dai suoi potenti alleati russi e egiziani. Ed è proprio con Bengasi che si stanno intensificando i contatti dall’Italia, mentre si assiste ad un avvitamento dello scontro politico-militare, già a carattere globale, in atto nel Mediterraneo.
Un tentativo che Giorgia Meloni, con i suoi ministri, impegnati in diversi viaggi in Libia, ha più volte legato alla implementazione del cd. Piano Mattei per l’Africa, basato su un rilancio degli scambi commerciali, mentre non ha mai fornito una spiegazione sulle diverse operazioni di sequestro di armamenti che dal nostro paese continuano ad essere esportati in Libia, anche verso la Cirenaica degli Haftar. E così si sono moltiplicate le notizie sulle prospettive economiche aperte dalla collaborazione con le diverse “entità” libiche, in realtà mediate dalle milizie armate e condizionate da evidenti legami politico mafiosi, e il rafforzamento del sostegno, anche operativo, garantito alla sedicente guardia costiera “libica” per le operazioni di intercettazioni in acque internazionali, con la riconduzione a terra di migliaia di persone che finiscono in centri di detenzione. Centri che, anche se definiti come “governativi”, in realtà sono sotto il controllo di criminali e di miliziani corrotti che torturano ed estorcono coloro ai quali non sono date altre prospettive di vita. Come copertura di questo autentico gioco al massacro sulla pelle dei più deboli, il sistema dei cd. rimpatri volontari assistiti, organizzati dall’OIM, e sostenuti da tempo dall’Italia, con fondi del Piano Africa, verso alcuni paesi di origine nei quali le persone, dopo il fallimento del loro progetto migratorio, dovrebbero reinserirsi, ma nei quali spesso sprofondano nei debiti e nella depressione definitiva, quando non ritrovano guerra e fame.
2. Il senso dominante della narrazione delle vicende libiche parte sempre da una valutazione di un paese che sta per superare divisioni ormai croniche, oggettivamente percepibili dalla crescente mobilitazione militare e dal fallimento dei processi democratici che avrebbero dovuto portare ad elezioni politiche nazionali. Una narrazione fin troppo rassicurante, veicolata da quasi tutti i media, funzionale alla politica del governo Meloni sulla “Libia”, ma che non corrisponde al vero, come adesso è documentato dalla relazione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite della Delegata dell’ONU (missione UNSMIL) per la LibiaIl calo degli arrivi in Italia dalla Libia corrisponde al deterioramento della situazione sul territorio, sul quale i migranti rischiano la vita ad ogni spostamento, ed al maggiore controllo delle frontiere meridionali del paese, soprattutto nella zona di confine con il Niger e l’Algeria,effetto degli scontri tra milizie e gruppi tribali, che da sud si infiltrano in Libia, piuttosto che delle politiche di deterrenza praticate dal governo italiano.
L’inviata in Libia ad interim delle Nazioni Unite Stephanie Koury ha dichiarato martedì 20 agosto nel suo briefing al Consiglio di Sicurezza che negli ultimi due mesi la situazione in Libia si è deteriorata abbastanza rapidamente in termini di stabilità politica, economica e di sicurezza. Secondo la delegata ONU per la missione UNSMIL le azioni unilaterali da parte di esponenti politici e della sicurezza stanno minando la stabilità della Libia. “Il 13 agosto alcuni membri della Camera dei Rappresentanti si sono riuniti a Bengasi e hanno votato per porre fine al mandato del Governo di Unità Nazionale e del Consiglio di Presidenza e per trasferire il ruolo di Comandante Supremo delle Forze Armate al Presidente della Camera dei Rappresentanti . Questi membri hanno anche approvato il governo designato dalla HoR (Camera dei Rappresentanti) in Oriente come unico esecutivo legittimo. I leader occidentali hanno rifiutato queste azioni”.
In particolare, oltre allo scontro politico-militare, è in atto una vera e propria guerriglia, caratterizzata anche da rapimenti, per il controllo dell’unica istituzione nazionale libica, la Banca centrale. Per la delegata ONU, “I tentativi unilaterali di spodestare il governatore della Banca Centrale si scontrano con tentativi contrastanti di mantenerlo. I tentativi di spodestare il primo ministro Dbeibah e il suo governo si scontrano con i tentativi di mantenerli. Il 14 agosto, le tensioni sono aumentate e gruppi armati si sono mobilitati nel Souk Al Jumma, a Tripoli, a causa delle notizie secondo cui alcuni movimenti armati cercavano di prendere il controllo della Banca Centrale”.
La stessa Stephanie Koury in rappresentanza della missione UNSMIL ha poi aggiunto che il 9 agosto, l’Esercito nazionale libico (LNA – forze di Haftar) si è mosso unilateralmente verso le parti sud-occidentali della Libia, spingendo le forze e i gruppi occidentali a mobilitarsi e ad affermare la loro disponibilità a rispondere a qualsiasi attacco. “Mentre l’LNA ha successivamente chiarito che lo scopo dello spostamento di queste forze era quello di proteggere il confine sud-occidentale, questa mossa ha generato tensioni in Occidente e ha sollevato preoccupazioni con la vicina Algeria”. Ha aggiunto, affermando che questi tipi di mosse unilaterali per la sicurezza non si limitano solo ai movimenti delle forze Est-Ovest, ma si verificano anche tra le forze occidentali e i gruppi armati..”Il 23 luglio, le forze affiliate alla GNU si sono spostate verso ovest, innescando la mobilitazione dell’LNA e dei gruppi armati della zona. Il 9 agosto sono scoppiati pesanti scontri armati a Tajoura, a est di Tripoli, tra due gruppi armati che hanno provocato vittime. lesioni ai civili e distruzione di proprietà. Gli sforzi di mediazione locale hanno disinnescato la situazione.”
In risposta a queste e ad altre azioni unilaterali, l’UNSMIL ha ribadito a tutti i leader politici e alle istituzioni i loro impegni e obblighi ai sensi dell’Accordo politico libico e dei suoi emendamenti, in linea con tutte le risoluzioni pertinenti del Consiglio di Sicurezza, in particolare la risoluzione 2702 (2023).
Malgrado l’impegno delle Nazioni unite con i principali attori politici e militari, e parziali risultati positivi, con il rilascio di cittadini libici vittime di sequestro, ” le sfide sono immense: in tutta la Libia continuano a verificarsi restrizioni continue allo spazio civico, continue detenzioni arbitrarie, anche di donne e bambini, rapimenti, sparizioni forzate, torture, morti in custodia e “confessioni forzate”. L’UNSMIL continuerà a chiedere il rilascio immediato e incondizionato di tutti coloro che sono detenuti arbitrariamente e indagini trasparenti e indipendenti su tali casi”. In Libia non esiste dunque neppure la parvenza dello Stato di diritto, come denunciano anche le associazioni della società civile, e tutti i rapporti economici e politici sono mediati con la forza delle armi, anche all’interno della capitale Tripoli, dove gli scontri tra milizie sono sempre più frequenti.
Si può osservare come la crescente implementazione degli accordi per intercettare migranti in acque internazionali, che il governo di Tripoli ha concluso con italiani e maltesi, corrisponde, quantomeno da un punto di vista cronologico, ad un periodo di ulteriori scontri in Libia per la spartizione dei profitti derivanti dal petrolio, ma anche di qualunque risorsa finanziaria, e militare, proveniente dall’Unione europea per bloccare le partenze e incentivare le intercettazioni in alto mare.
3. Con riferimento ai migranti intrappolati in Libia, la delegata ONU Stephanie Koury ricorda che “dallo scoppio dei combattimenti in Sudan nel 2023, il numero di rifugiati sudanesi in Libia è salito a 97.000 all’11 agosto. La maggior parte arriva a Kufrah dove affronta condizioni difficili. Il pieno accesso ai rifugiati è essenziale per fornire un’assistenza umanitaria efficace e maggiore in coordinamento con le autorità locali.” E sono anche migliaia le persone che vengono respinte o espulse collettivamente dalla Tunisia verso il confine libico, in pieno deserto, ed anche per loro non si sono speranze di ottenere uno status legale, o di transitare verso un paese sicuro. In Libia non ci sono possibilità di riconoscimento del diritto di asilo, anche perchè il paese non aderisce alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati.
La relazione esposta al Consiglio di sicurezza da Stephanie Koury,delegata ONU per la Libia risulta alquanto sintetica sulla situazione delle persone migranti stritolate in Libia da isituzioni statali che si avvalgono di milizie sempre più violente e corrotte. Ma i più recenti rapporti della missione ONU per la Libia UNSMIL confermano il livello di violenze alle quali rimangono esposti tutti i migranti in transito in Libia, compresi quelli che una volta erano arrivati dall’estremo oriente (Bangladesh in particolare) per ragioni economiche, ma sono ridotti oggi in una condizione di schiavitù, che li spinge a tentare la traversata del Mediterraneo verso l’Europa.
Secondo l’ultimo Rapporto UNSMIL (p.10) datato 8 agosto 2024, “La Libia è rimasta un paese di destinazione e transito per migranti e rifugiati. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, il numero di migranti in Libia era di 725.304 a maggio 2024. Dal 1° gennaio al 13 luglio 2024, la Guardia costiera libica ha intercettato 10.463 migranti e rifugiati in mare e li ha riportati in Libia, con 401 persone dichiarate morte.
I migranti e i rifugiati sbarcati nei porti libici a cui hanno accesso le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite hanno ricevuto assistenza umanitaria salvavita. Al 14 luglio, 4.331 migranti e rifugiati, tra cui 183 bambini (152 maschi, 31 femmine), erano detenuti arbitrariamente nei centri di detenzione ufficiali in tutta la Libia. A luglio 2024, i gruppi armati gestivano sei centri di detenzione non ufficiali in cui si stima che oltre 3.000 persone siano state arbitrariamente detenute e a cui le Nazioni Unite non hanno accesso”. Dunque le Nazioni unite, anche se presenti in alcuni punti di sbarco, non hanno accesso nei centri di detenzione cd. informali, e si può ritenere che si tratti di dati sottostimati, perchè i libici abbandonano i cadaveri dei migranti in mare.
Sempre seondo lo stesso Rapporto UNSMIL “Migranti e richiedenti asilo hanno continuato a essere espulsi dalla Tunisia vicino alle aree di Nalut, Tiji e Ghadamis in Libia. Da giugno 2023 a luglio 2024, un totale di 10.925 migranti e rifugiati sono stati intercettati al confine con la Tunisia dal Ministero degli Interni della Libia e dalla Guardia di frontiera libica, con 29 decessi registrati e almeno 80 individui ancora dispersi. Le autorità libiche hanno continuato a trasferire le persone in strutture dove vengono arbitrariamente detenute e sottoposte a violazioni dei diritti umani. Tali strutture includono il centro di detenzione di Assah gestito dalla Guardia di frontiera libica, i centri di detenzione gestiti dalla Direzione per la lotta all’immigrazione illegale a Tripoli e Bi’r al-Ghanam, un centro di detenzione non ufficiale. Al 1° agosto, la Guardia di frontiera libica aveva intercettato 450 migranti e rifugiati al confine tra Libia e Algeria che erano stati espulsi dall’Algeria”.
“Le violazioni dei diritti umani contro migranti e rifugiati, in particolare quelli in stato di detenzione, hanno continuato a verificarsi. Circa 39 ragazzi provenienti da Somalia, Sudan, Niger e Nigeria hanno continuato a essere detenuti in condizioni terribili nel centro di detenzione di Dhaman. L’UNSMIL ha anche ricevuto segnalazioni di migranti e richiedenti asilo arrestati arbitrariamente e detenuti in condizioni abominevoli a Bi’r al-Ghanam, con guardie impegnate in modelli persistenti di abuso, sfruttamento, lavoro forzato, estorsione, tortura e altre forme di maltrattamento. Sono continuate gravi violazioni dei diritti umani contro migranti e rifugiati detenuti arbitrariamente in una struttura utilizzata per la tratta di esseri umani vicino a Sabha. La struttura, precedentemente nota come Jabal Hotel, sarebbe gestita da guardie affiliate all’Esercito nazionale libico”.
Secondo un rapporto dell’UNHCR dell’ OIM e del MMC (Mixe migration center), tra il 2020 e il 2023 le morti di migranti e rifugiati nel deserto sahariano sarebbero almeno il doppio rispetto a quelle che avvengono nel Mediterraneo.
4. Alla luce di questo quadro della situazione in Libia, documentata ancora pochi giorni fa, dalle Nazioni unite,emerge tutto il disvalore morale, lo sprezzo per la vita e la contrarietà ai principi cardine dei diritti umani, di quegli accordi di collaborazione con il governo provvisorio di Tripoli, ed anche delle intese informali, come nel caso delle autorità di Bengasi, che mirano soprattutto a bloccare le partenze ed a rinforzare le operazioni di intercettazione in acque internazionali. Operazioni illegali, anche se si svolgono in una area SAR (ricrca e soccorso), in acque internazionali, formalmente riconosciuta alle autorità di Tripoli, che vengono definite come attività di contrasto dell’immigrazione irregolare. Perchè affidate alla sedicente guardia costiera libica. che notoriamente non garantisce lo sbarco in un porto sicuro, o ad altre entità militari variamente denominate, che hanno assunto il controllo delle coste, anche per garantire i traffici di armi e di petrolio dai quali ricavano proventi maggiori di quelli che incassano dalla gestione della detenzione delle persone migranti e dai tentativi di traversata. Che sempre pià spesso si concludono con un naufragio, per l’allontanamento forzato delle navi del soccorso civile e per il ritiro delle guardie costiere degli stati europei più vicini ( Italia e Malta), che ormai, in acque internazionali, si limitano a comunicare alle navi commerciali in transito gli eventi di soccorso “on behalf” a nome, su incarico, delle autorità libiche. Con le quali collaborano quotidianamente, anche attraverso l’agenzia europea Frontex, e con le quali condividono quindi la responsabilità, non solo morale, per tutti i crimini commessi ogni giorno contro le persone migranti in territorio libico e nella zona SAR riconosciuta al governo di Tripoli.
pubblicato in contemporanea anche su ADIF
L’ONU svela sulla Libia quello che si vuole nascondere dietro il Piano Mattei per l’Africa.