Circa un milione di medici sciopereranno oggi per 24 ore in tutta l’India per chiedere al governo politiche che garantiscano la sicurezza del personale sanitario durante i turni di lavoro. La mobilitazione è l’ultima (e più grande) iniziativa di protesta di queste settimane: in diverse città dell’India, infatti, i medici e migliaia di cittadini stanno manifestando da giorni in seguito allo stupro e alla brutale uccisione di una tirocinante. La donna è stata trovata morta la settimana scorsa in uno dei più grandi ospedali governativi della città orientale di Calcutta, il RG Kar Medical College and Hospital. Il suo corpo presentava ferite multiple e un rapporto dell’autopsia ha enumerato prove di violenza sessuale. L’omicidio ha profondamente scosso la comunità medica in tutto il Paese, che è scesa in piazza per chiedere maggiore sicurezza e protezione per i lavoratori sanitari, in particolare per le donne. Come attestato da numerose ricerche, aggressioni ai danni del personale sanitario e violenze sessuali – in particolare contro le donne appartenenti alle classi sociali più basse – rappresentano aspetti sempre più critici per la società indiana, che ora vuole rialzare la testa.

Le proteste si sono svolte in questi giorni in più di 100 località di Calcutta, estendendosi anche alle città limitrofe nello stato del Bengala Occidentale. Nelle prime ore di giovedì mattina, sono stati coinvolti anche numerosi altri centri, in particolare negli Stati di Delhi e Maharashtra, mentre nella capitale grandi folle di donne e uomini hanno marciato a lume di candela a mezzanotte, in concomitanza con l’inizio delle celebrazioni per il Giorno dell’Indipendenza dell’India. Sotto lo slogan “Riprendiamoci la notte”, i manifestanti hanno chiesto una più ampia lotta alla violenza contro le donneesponendo cartelli scritti a mano con appelli per azioni concrete. In molti ospedali pubblici, i medici hanno sospeso i servizi non di emergenza per attirare l’attenzione sulla violenza che spesso si trovano a dover affrontare sul posto di lavoro.

A guidare le proteste sono, in particolare, la Federazione delle Associazioni dei Medici Residenti (FORDA) e l’Associazione Medica Indiana (IMA), che chiedono leggi speciali per proteggere i lavoratori sanitari da tali attacchi. «Come medici specializzandi, siamo in prima linea e abbiamo a che fare con molti pazienti, il che ci rende piuttosto vulnerabili a questi attacchi -, ha dichiarato a DW il dottor Rajat Sharma, vicepresidente della Federazione indiana delle associazioni dei medici specializzandi (FORDA) – È una situazione spaventosa che vediamo quotidianamente. I dottori del Bengala Occidentale protestano per i loro diritti». FORDA aveva annullato le proteste il 13 agosto dopo aver incontrato il ministro della Salute dell’Unione JP Nadda a Nuova Delhi, decidendo però di riprenderle nei giorni successivi. «Condanniamo fermamente il Ministero dell’Unione e il governo statale per non aver onorato i propri impegni e non aver garantito la sicurezza degli operatori sanitari durante questa crisi. Data la gravità dei recenti sviluppi e la schiacciante richiesta di giustizia, abbiamo deciso di riprendere lo sciopero, con effetto immediato», ha affermato l’organismo dei medici in una dichiarazione.

In risposta alla crescente tensione, l’Alta Corte di Calcutta ha trasferito il caso dell’omicidio della tirocinante al Central Bureau of Investigation (CBI) per ulteriori indagini.

Le piaghe delle violenze contro i medici e di quelle contro le donne stanno segnando nel profondo la società indiana. Un sondaggio condotto dall’Indian Medical Association ha dimostrato che almeno il 75% dei medici in India ha dovuto affrontare almeno una qualche forma di violenza. Nella maggior parte dei casi (circa il 68%), sono stati ritenuti responsabili delle aggressioni parenti e assistenti dei pazienti. Tuttavia, gli esperti hanno affermato che i risultati non riflettono la situazione reale, dal momento che molto spesso – specie quando non vi è da parte del medico la percezione di grave minaccia per la propria vita – tali episodi non vengono segnalati alle autorità.

Per quanto attiene alla violenza contro le donne, secondo i dati del National Crime Records Bureau (NCRB) dell’India, nel 2022 sono stati segnalati in media circa 90 stupri al giorno nel Paese. Anche in questo caso, la cifra è stimata al ribasso, dal momento che molti di questi crimini non vengono denunciati per la paura di rappresaglie, del diffuso stigma nei confronti delle vittime e della mancanza di fiducia nelle indagini delle forze di polizia, che nella maggior parte dei casi vengono archiviate per insufficienza di prove. In particolare, i gruppi per i diritti umani affermano che le donne appartenenti al livello più basso della secolare gerarchia di caste discriminatoria dell’India, note come Dalit, risultano particolarmente vulnerabili a violenze sessuali e, più in generale, ad aggressioni. Si ritiene infatti che gli uomini appartenenti ai “piani alti” della società ricorrano spesso alla violenza sessuale come arma per rafforzare le gerarchie repressive di genere e di casta.

 

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