Dopo gli accordi di esternalizzazione delle frontiere, adesso si sta tentando di esternalizzare persino il diritto di asilo, con una vera e propria finzione giuridica, con l’apertura in Albania di centri di accoglienza/detenzione sotto giurisdizione italiana. Alla fine si conta sempre più sul preteso effetto dissuasivo delle misure annunciate, che non sulla loro effettiva praticabilità. Nessun accordo con i paesi extra-UE che in Africa non rispettano i diritti umani, e nessun tentativo di esternalizzare il diritto di asilo in paesi terzi, come si sta tentando di fare in base al Protocollo Italia-Albania, fermerà le partenze che seguono dinamiche diverse da quelle imposte dalle politiche e dalle prassi di deterrenza del governo italiano_

 

1. A ridosso della tradizionale calura ferragostana di consueto il ministero dell’Interno  traccia un bilancio della “gestione dei flussi migratori” e del controllo delle frontiere. Quest’anno, da settimane, vari rappresentanti del governo, a partire da Giorgia Meloni, esaltano i “successi” conseguiti nella riduzione degli arrivi via mare, sulla rotta del Mediterraneo centrale, ed i progressi fatti negli accordi di esternalizzazione con i paesi di transito, soprattutto Libia e Tunisia. Anche se in questi paesi la collaborazione con l’Italia sul fronte del “contrasto dell’immigrazione illegale” sta producendo un inasprimento dello scontro politico, in Tunisia, e militare in Libia, con la cancellazione dei diritti umani delle persone migranti e con un ulteriore capillare rafforzamento delle organizzazioni criminali che comunque riescono a sfruttare il “proibizionismo” delle migrazioni. Per non parlare delle vittime sempre più numerose in mare. Dall’inizio del 2024 fino al 6 luglio, sono stati 399 i morti e 487 i dispersi nella rotta del Mediterraneo centrale. secondo le stime dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim). Nel 2023, l’Oim aveva registrato 2.498 persone morte o disperse, mentre le vittime nel 2022 erano state 1.377. Per l’OIM, nello stesso intervallo di quest’anno, i migranti intercettati in mare e riportati in Libia sono stati 9.578, di cui 8.480 uomini, 641 donne, 321 minori e 136 persone per cui non sono disponibili dati di genere.

Di fronte a queste cifre, ed alle tragedie personali che rappresentano, quanto valgono i dati sui rimpatri con accompagnamento forzato che saranno diffusi dal Viminale?

I “successi” del governo italiano, vengono ricondotti, oltre che al calo degli arrivi, ad un aumento del numero delle persone straniere che vengono espulse e rimpatriate con accompagnamento forzato, non più di qualche centinaio, con la tara delle notizie distorte diffuse dai media vicini al governo, che confondono persino i rimpatri” volontari” dalla Tunisia e dalla Libia, verso i paesi di origine, con i rimpatri forzati eseguiti dal territorio italiano. Per non parlare dell‘attacco sistematico verso la magistratura che in materia di procedure di asilo applica la legge in base alle fonti gerarchiche stabilite dalla Costituzione (art.117) e risulta invisa per chi vorrebbe giudici proni agli indirizzi del governo.

Dall’inizio dell’anno al 10 giugno sono stati effettuati 2.242 rimpatri forzati, in aumento del 15 per cento rispetto ai 1.939 del corrispondente periodo dell’anno precedente. Davvero un successo eclatante, di fronte al fallimento dei meccanismi di ingresso legale attraverso i decreti flussi, e la riproduzione della clandestinità seguita al Decreto Cutro che limitava ulteriormente l’accesso al diritto di asilo o ad altre forme di protezione per tutti coloro che provenivano da paesi di origine “sicuri”. Ad oggi si stima che la presenza di immigrati privi di permesso di soggiorno, comunque presenti in Italia, sia di poco inferiore a mezzo milione. Quasi un decimo dell’intera popolazione immigrata.

Vedremo adesso le cifre che snocciolerà il ministro Piantedosi in occasione delle tradizionali comunicazioni di ferragosto. Ci auguriamo soltanto che l’attenzione si concentri sulle cifre reali, e sulle persone che queste rappresentano, e non sulle percentuali che, in assenza dei dati numerici, sono buone soltanto per fare propaganda. Come rimangono da provare le cifre fornite dal governo sulle persone respinte illegalmente dalla Libia e dalla Tunisia, che non corrispondono ai dati forniti da chi è presente su quei territori come le agenzie delle Nazioni Unite,

Nelle ultime settimane la sedicente Guardia costiera libica, e la Guardia costiera tunisina, dotate di mezzi forniti ed assistiti dall’Italia, hanno bloccato in acque internazionali migliaia di persone, riportandole a terra in condizioni di estrema vulnerabilità, esposte agli abusi delle forze di polizia ed al ricatto dei trafficanti, quando non sono state direttamente abbandonate ai confini desertici tra Tunisia e Libia. Secondo un rapporto dell’UNHCR dell’ OIM e del MMC (Mixe migration center), tra il 2020 e il 2023 le morti di migranti e rifugiati nel deserto sahariano sarebbero almeno il doppio rispetto a quelle che avvengono nel Mediterraneo. Dietro la prassi dei rimpatri volontari assistiti dalla Tunisia e dalla Libia, sostenuti anche dall’OIM si possono facilmente intuire le condizioni disumane dalle quali le persone cercano di fuggire, anche a costo di rinunciare alla loro fuga verso l’Europa. Ma queste vittime non rientrano nelle statistiche propinate dal Viminale. Si nascondono così veri e propri misfatti, come i respingimenti collettivi delegati ai libici ed ai tunisini, oltre alla futuribile attuazione del Protocollo Italia-Albania, ed una rete di complicità che legittima e supporta l’azione del governo italiano. Complicità che si estendono all’Unione europea, ed alle Nazioni Unite, ma che per il futuro non sono affatto scontate.

 

2. Sullo sfondo del fallimento del Piano Mattei per l’Africa, certificato dalla scarsa partecipazione e dagli esiti nulli del Forum Trans-Mediterraneo sulle Migrazioni (TMMF) di Tripoli, al quale erano presenti come leader europei soltanto la Meloni ed il premier maltese Abela, la situazione nel Corno d’Africa, nell’Africa subsahariana e nei paesi che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo si sta deteriorando per effetto dello scontro in corso a livello globale, seguito alla guerra in Ucraina ed al genocidio in corso in Palestina. Si tratta di uno scontro caratterizzato da diversi conflitti regionali che, come nel caso del Sudan, stanno producendo centinaia di migliaia di profughi che i governanti europei ed italiani continuano ad ignorare, una situazione nella quale l’Italia, malgrado gli sforzi della sua diplomazia parallela legata ai commerci di idrocarburi ed armi, rimane sempre più emarginata.

Sembra che il principale obiettivo del Viminale, e dell’intero governo italiano, sia quello di impedire le partenze dalle coste africane. Chi oggi vanta di avere ridotto gli sbarchi del 60 per cento rispetto allo scorso anno, dunque di alcune decine di migliaia di persone, è direttamente artefice di una politica che produce una quantità senza precedenti di migranti forzati, che dall’Africa vedono soltanto in Europa, e dunque attraverso l’Italia, una possibilità di sopravvivenza. Prima o poi, riusciranno ad arivare sulle nostre coste, su questo non ci possono essere dubbi, al di là delle statistiche calcolate su singole rotte o per frazioni di anno.

I tentativi di coinvolgere personaggi a capo di regimi autoritari come Saied in Tunisia, Dbeibah e Haftar in Libia, ed addirittura Al Sisi in Egitto, per garantirsi quella collaborazione che si ritiene necessaria per potere spacciare al proprio elettorato i “successi” nella riduzione degli arrivi di “irregolari”, oltre a comportare la cancellazione del diritto di asilo, dietro la cortina fumogena della categoria dei “paesi sicuri”, ed una serie inarrestabile di naufragi e di abusi sulle persone intercettate in mare e riportate nei campi di detenzione in Libia e in Tunisia, dovrebbe preoccupare gli italiani più di altri cittadini europei. Perchè schiaccia sempre di più l’Italia su una dimensione politica “neocoloniale”, basata sullo scambio economico in rapporto al contrasto dell’immigrazione, e non solo di quella definita “illegale”, unico canale di ingresso per chi cerca protezione. Altro che Piano Mattei per l’Africa. Una posizione che in futuro potrebbe sancire una emarginazione completa del nostro paese rispetto ai nuovi rapporti di forza che si vanno configurando in Africa e nel cd. Mediterraneo “allargato”, comprendendo anche il vicino oriente. La questione migratoria ha una portata sovranazionale, anche al di fuori dei confini europei, e non potrà essere risolta dalle iniziative populiste e demagogiche, oltre che gravemente lesive dei diritti umani, di un paese come l’Italia che non ha neppure sottoscritto i Global Compact sui rifugiati e sui migranti approvati durante la Conferenza ONU di Marrakech del 10-11 dicembre 2018.

 

3. Dietro le cifre della riduzione degli arrivi, oltre ai fallimenti a livello internazionale, si celano abusi gravissimi che discendono direttamente dagli accordi di esternalizzazione dei controlli di frontiera che l’Italia ha stipulato nel corso degli anni con diversi paesi nordafricani, in particolare con la Libia e con la Tunisia. Che hanno bloccato con la violenza decine di migliaia di persone.

Questi abusi, che si ripetono fino ad oggi, consistono nel supporto alle guardie costiere di questi paesi nelle attività di intercettazione, anche violenta, in acque internazionali, effetto anche dell’allontanamento delle navi umanitarie delle ONG, per i fermi amministrativi dopo l’assegnazione di porti “vessatori” di sbarco, e poi in modo più nascosto nel supporto offerto a questi stessi paesi che non riconoscono il diritto di asilo, praticano forme disumane di detenzione, operano a loro volta respingimenti collettivi illegali, e rimangono caratterizzati da estese aree di connivenza tra milizie, organizzazioni criminali e rappresentanti di governo.

Sono i rapporti delle Nazioni Unite e dell’Unione europea che al riguardo forniscono prove inconfutabili, che però lasciano indifferenti governanti che non rispettano i diritti umani, pur di esibire al popolo degli elettori statistiche che proverebbero i successi delle loro politiche migratorie. L’Italia cerca persino canali privilegiati con il generale Haftar, alleato di russi ed egiziani, che è uno dei principali responsabili del caos libico, ed ha un figlio che, pure se destinatario di un «warning» di sorveglianza europeo per traffico di armi, che imporrebbe se non l’arresto, un controllo più dettagliato dei documenti e la segnalazione degli spostamenti. ha potuto tranquillamente circolare per il nostro paese, aprendo un caso diplomatico con la Spagna.

Ma ormai l’Italia, è diventata uno snodo del traffico d’armi nel Mediterraneo, malgrado la sua partecipazione alla missione europea Eunavfor-Med, ancora a guida italiana, che dovrebbe bloccare proprio i rifornimenti di armi alle fazioni libiche ancora in lotta tra loro. Tra le menzogne spacciate dal governo Meloni, una delle più gravi riguarda la narrazione dei rapporti con la “Libia”, come se si trattasse di uno Stato unitario, governato da un unico governo, con un esercito nazionale e con istituzioni politiche comuni che controllano l’intero territorio.

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Misfatti e complicità dietro i “successi” italiani nella “gestione dei flussi migratori”