Il Pratomagno è una dorsale nella regione Toscana, tra Arezzo e Firenze. Ci siamo imbattuti in questo bellissimo video e abbiamo voluto saperne di più, così abbiamo contattato gli organizzatori e ne abbiamo parlato con Edoardo Calafiore, videomaker fiorentino.  Ecco di seguito l’intervista…

Com’è nata questa iniziativa e perchè avete scelto il Pratomagno?

L’idea è nata qualche mese fa: volevamo organizzare un evento a sostegno della Palestina, ma non il solito flashmob in città. Desideravamo fare qualcosa di memorabile, che restasse nell’immaginario collettivo. Il Pratomagno, la nostra “montagna sacra”, ci è sembrato il luogo ideale. Già nel 2015, con la nostra associazione, avevamo organizzato la “Marcia del Sole” in collaborazione con Folco Terzani e Arezzo Wave Love Festival, e quell’esperienza ci ha ispirato a tornare lì. Il Pratomagno, per noi, è un luogo magico, perfetto per un evento intimo ma significativo, con le persone giuste, unite dall’intento di partecipare.

L’organizzazione ha richiesto molto impegno?

Non è stato difficile organizzare l’evento. Abbiamo creato un manifesto e contattato amici per diffondere l’iniziativa. Ognuno ha raggiunto il punto di ritrovo con i propri mezzi, e al tramonto siamo saliti insieme sulla cima per girare il videoclip. Non c’era un gruppo prestabilito: le persone si sono unite spontaneamente. Alcuni erano già sulla vetta e hanno deciso di partecipare, rendendo il momento ancora più speciale. La regia è stata curata da me, da Francesco De Rosa e Daniele Chiantini (attivisti fondatori di Ethic-Street). Abbiamo combinato un po’ di organizzazione con l’improvvisazione, adattandoci alle condizioni del momento.

Avete incontrato difficoltà nella realizzazione del flashmob o nella trasmissione del messaggio?

La difficoltà principale è stata far conoscere l’iniziativa e assicurarsi che il messaggio arrivasse a quante più persone possibili. Come spesso accade, c’era il timore che non ci fosse abbastanza partecipazione. Tuttavia, chi era veramente interessato è arrivato, con il cuore e l’impegno, e questa è stata la cosa più importante. Non ci sono state discussioni sul messaggio da trasmettere, che era chiaro e condiviso: solidarietà con il popolo palestinese, testimoniata in modo semplice e diretto. Ci possono essere state divergenze su come raccontarlo, ma l’obiettivo era comune.

Come è stata per voi questa esperienza?

È stata una giornata bellissima. Nonostante il timore di pioggia, il sole è uscito e ci ha accompagnati. Siamo stati molto soddisfatti, felici di aver partecipato a un gesto di solidarietà, non una semplice passeggiata di trekking.

L’utilizzo del drone non ha creato controversie tra le persone, dato l’uso bellico che pure ne se fa?

No, l’uso del drone non ha creato controversie. I mezzi in sé non hanno un’etica: è l’uso che ne facciamo a fare la differenza. In questo caso, il drone ha filmato un gruppo di persone riunite per un gesto di speranza, e non di guerra. La tecnologia ci ha permesso di raccontare un’emozione e trasmettere un messaggio di solidarietà. È importante riflettere sulle nostre azioni quotidiane, purificare le intenzioni e lavorare insieme per una comunità umana migliore, altrimenti sarà solo un’inesorabile marcia collettiva verso l’estinzione.