Oggi, 2 agosto 2024, ho deciso di fare un “pellegrinaggio”, laico nel luogo dove 44 anni fa si uccisero 85 persone e si tentò di assassinare la nostra repubblica.

Sono andato a Bologna, alla sua stazione, oggi come allora gremita di persone in partenza e in arrivo fin dentro la sala d’aspetto di seconda classe, ricostruita e funzionante, oggi colma di corone di alloro e dei gonfaloni dei Comuni, e allora strapiena di gente ignara e comune, di gente di seconda classe, come noialtri.

Nel 1980 Bologna era ancora una delle città più rosse di tutto l’Occidente, ininterrottamente e sapientemente governata, fin dalla sua liberazione, dal Partito Comunista e sempre con la maggioranza assoluta dei voti.

La stazione, fondamentale snodo ferroviario tra Nord e Sud, era gremita di persone, in partenza per le vacanze, famiglie intere, mamme, papà, sorelle, fratelli, nonne, nonni, ma anche il cane e il gatto.

Come oggi sicuramente, ma non esattamente come oggi. Moltissime sono famiglie di lavoratori emigrati per lavorare al Nord, in Lombardia, in Liguria e in Piemonte.

Proprio alla Fiat di Torino, che, quell’anno, invierà al rientro dalle ferie le lettere di licenziamento di migliaia di lavoratori, provocando l’ultima grande e disperata resistenza operaia, che chiuderà, con un’amara sconfitta, un ciclo di lotte e di conquiste iniziato a livello mondiale e in Italia nel biennio 1968-69.

Per massimizzare gli effetti dell’esplosione viene scelta la sala d’aspetto, che sarà certamente strapiena, e si sceglie, ovviamente, quella della seconda classe, luogo in cui i mandanti della strage e i loro sodali non sono mai entrati e non potrebbero capitare neppure per sbaglio.

L’orologio della stazione è ancora fermo sull’istante esatto dell’esplosione e della strage, le 10.25, quando la guerra esplose a Bologna. Una vera guerra, una guerra sporca, come quelle combattute in Cile e in Argentina dai militari fascisti al soldo di Washington e delle oligarchie.

Una guerra combattuta contro il popolo italiano, anzi più precisamente contro le classi popolari e lavoratrici per impedire, o quanto meno frenare e ostacolare le riforme sociali e le trasformazioni democratiche necessarie ad attuare nella sua pienezza la Costituzione Italiana e a costruire una vera e solida Repubblica Democratica.

Questa guerra sporca assume le forme della Strategia della Tensione: le stragi terroristiche hanno lo scopo di stabilizzare, attraverso il terrore, il potere costituito, permettendone la sopravvivenza, in un perenne stato di emergenza, cinicamente costruito ad arte, attraverso sicari prezzolati, o fanatici nemici giurati della democrazia, lasciati agire indisturbati.

I mandanti sono innanzitutto i governi statunitensi, che considerano la strategia della tensione come un indispensabile strumento per combattere e vincere la guerra fredda contro l’Unione Sovietica e soprattutto contro i comunisti italiani, a cui si vuole precludere con ogni mezzo necessario una possibile vittoria elettorale.

Mandanti sono al tempo stesso i circoli politici reazionari e fascisti, raccolti dalla loggia massonica P2, espressione dell’oligarchia che in Italia è disposta a tutto pur di difendere i propri privilegi di classe.

Per costoro comunisti sono tutti coloro che si schierano dalla parte delle rivendicazioni delle classi popolari: il loro anticomunismo difende il portafoglio e la libertà di sfruttare.

Finalmente arrivo a Bologna ed esco dalla stazione esattamente nel momento in cui la testa del foltissimo e partecipato corteo entra nel piazzale.

Dal palco Paolo Bolognesi, presidente dei famigliari delle vittime della strage di Bologna, ricorda gli 85 morti e le centinaia di feriti di quello che è stato il maggior attentato terroristico della Storia della Repubblica Italiana e che fu pianificato per fare il numero più alto possibile di morti a partire dalla data: il primo sabato di agosto.

I fascisti, esecutori materiali della strage, e i loro mandanti, in Italia e a Washington, vogliono seminare il terrore tra la gente comune e paralizzare il Paese.

La reazione inaspettata è invece sorprendente e salva probabilmente la vita della Repubblica. Già a partire dall’immensa opera dei volontari che prestano soccorso ai feriti la Repubblica Democratica è viva e all’opera, senza sosta.

Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini giunge a Bologna in elicottero per verificare di persona ciò che è accaduto. La sinistra politica e sindacale, a partire dal PCI di Enrico Berlinguer e dalla CGIL, può dispiegare una forza che nonostante i primi segni di declino, è oggi inimmaginabile da chi non ha vissuto quegli anni.

Paolo Bolognesi ricorda le sentenze che non lasciano dubbi: i fascisti sono gli esecutori materiali della strage: finalmente, almeno per la strage di Bologna, non solo sappiamo i nomi, come disse Pierpaolo Pasolini, ma abbiamo le sentenze di condanna passate in giudicato dei fascisti dei Nar, Nuclei Armati Rivoluzionari –  Francesca Membro, Valerio Fioravanti, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini – e di Paolo Bellini di Avanguardia Nazionale.

Sappiamo inoltre chi sono i mandanti italiani che organizzarono, finanziarono la strage e poi depistarono le indagini e cioè Lucio Gelli, capo della Loggia Massonica P2 e i suoi sodali Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, dell’Ufficio Affari  Riservati del Ministero degli Interni e Marco Tedeschi, Senatore della Destra Nazionale.

I Servizi Segreti italiani, in combutta con quelli americani, sono incaricati da subito di depistare le indagini nelle direzioni più fantasiose.

Ma nonostante si sia ormai giunti alla verità processuale, da un lato su questa verità accertata scende il silenzio, mentre dall’altro vengono alimentate continue e cicliche polemiche pretestuose per sollevare dubbi sull’operato della magistratura.

Eclatanti a questo proposito sono state le dichiarazioni di Marcello De Angelis ex portavoce della Regione Lazio, convinto sostenitore dell’innocenza dei fascisti dei Nar.

Da ambienti filogovernativi partono così operazioni di “soccorso nero” a vantaggio dei camerati con cui si sono condivise, almeno in parte, storie comuni.

Del resto, continua Paolo Bolognesi, come non vedere realizzarsi punti del Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli ad esempio nella separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti proposta dal governo, che avrà come effetto il progressivo ridursi dell’autonomia della magistratura? E’ su queste proposte che si misura la contiguità dei piani piduisti con la destra oggi al governo.

A questa riscrittura della storia si prestano ciclicamente giornalisti consapevolmente complici, prezzolati cialtroni o persone completamente e colpevolmente ignoranti alla ricerca di sensazionalistici scoop. Questo permette al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni di non citare mai la matrice fascista della strage.

Paolo Bolognesi, in chiusura, cita lo scrittore Antonio Scurati, che in un testo, prima richiesto e poi censurato dalla dirigenza Rai afferma che il gruppo dirigente vincitore delle elezioni, che per storie personali affonda le sue radici nel neofascismo, aveva due possibili strade da intraprendere: ripudiare il fascismo o riscrivere la storia. Ovviamente ha scelto la seconda strada. Sta a noi, conclude Paolo Bolognesi, moltiplicare gli sforzi per trasmettere Storia e Memoria alle giovani generazioni.

Sono circa un centinaio le amministrazioni comunali, regionali e provinciali presenti in piazza con i loro gonfaloni. Nutrita è la rappresentanza dell’ANPI e di chi prestò allora soccorso –  Croce Rossa, vigili del fuoco, volontari.

Sfilano anche le delegazioni dei giovani di Osa, di Cambiare Rotta e del Fronte della gioventù comunista, dei sindacati e dei partiti della sinistra, ma soprattutto il corteo che giunge nel piazzale della stazione é gremito di tanta gente indignata.

Tre fischi di una locomotiva segnano un minuto di silenzio assordante.

Il Sindaco di Bologna Matteo Lepore esprime quindi solidarietà a Paolo Bolognini, destinatario di minacce neofasciste, denuncia i ritardi nell’approvazione della legge di risarcimento delle vittime del terrorismo e saluta la presenza in piazza di Rosanna Zecchi, dell’associazione delle 23 vittime dei poliziotti fascistoidi della  banda della Uno bianca e di Daria Bonfietti, dell’Associazione Famigliari delle 81 vittime di Ustica, morte il 27 giugno 1980 a causa di un missile sparato da un caccia della Nato e destinato all’aereo che trasportava Gheddafi. Lepore ricorda i progetti proposti dal Comune alle scuole, tesi a favorire il passaggio della memoria dall’eccidio di Marzabotto alle stragi neofasciste.

Occorre imparare l’arte giapponese di riparare con polvere d’oro le crepe delle ceramiche rotte, in modo che anche le ferite possano diventare preziosa ricchezza.

Oggi sappiamo che colpire Bologna serviva a colpire il rinnovamento democratico della società italiana, in modo tale che il terrore spingesse a cedere libertà e partecipazione in cambio della sicurezza, che grazie a una svolta autoritaria autorevoli uomini dello stato promettevano di garantire.

E’ ora invece che quanto ormai appurato dai magistrati entri nei libri di Storia e diventi memoria condivisa dei cittadini della Repubblica. Repubblica che deve affermare ogni giorno il proprio antifascismo, ripudiando la guerra e il razzismo e affermando al contrario i valori della pace, della libertà, della cooperazione, della solidarietà e della partecipazione democratica, che sono il fondamento della nostra Costituzione e della nostra Repubblica Democratica.

Sul palco, forse per la prima volta, nessun rappresentante del governo ha avuto il coraggio di presentarsi. Negli anni scorsi i presenti contestarono in silenzio ponendosi di spalle. Oggi è il governo che decide di voltare le spalle al popolo.