E’ stato definitivamente approvato dal Parlamento il Decreto Liste d’Attesa, dai più ritenuto soltanto uno spot elettorale, un bluff. Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed è categorico: “L’obiettivo che aveva questo decreto non verrà raggiunto, la montagna ha partorito un topolino. Era un decreto partito con delle intenzioni megagalattiche, è stato svuotato di contenuti economici, svuotato di contenuti innovativi, tranne la defiscalizzazione delle prestazioni aggiuntive che è un messaggio positivo. Il problema è che è un decreto che, per risolvere il problema delle liste d’attesa, punta sul lavoro straordinario dei dirigenti medici e sanitari che già oggi lavorano più di 60 ore settimanali, al limite della legge europea sui riposi, e che per oltre il 67% del personale sono già in sindrome di burnout. Quindi, nonostante le buone intenzioni, è un decreto che a nostro avviso oggettivamente non risolverà il problema delle liste d’attesa”. (https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/Cost134.pdf).
Conoscere quale sia la situazione dei tempi di attesa in sanità nel nostro Paese è già un’ardua impresa. Come sottolinea Cittadinanzattiva: “Sebbene i cittadini, le cronache nazionali e locali, le stesse istituzioni riconoscano che i tempi per accedere alle cure sono spesso troppo lunghi, avere una fotografia precisa della situazione nelle varie Asl e Regioni non è affatto scontato. Dal Sud al Nord è una babele di dati e modalità di aggiornamento delle piattaforme online con cui le Regioni dovrebbero fornire un quadro della situazione in tempo pressoché reale.”
Ed è proprio un’indagine di Cittadinanzattiva (qui le tabelle regionali e qui il documento di sintesi) effettuata nella seconda metà di giugno a far emergere un quadro di assoluta criticità, a partire dalle informazioni. Solo 9 regioni su 20 forniscono online l’aggiornamento dei tempi di attesa a giugno 2024 (Lazio, Emilia-Romagna, Toscana, Liguria, Valle d’Aosta, Umbria, Friuli, Calabria e Alto Adige); la Lombardia ed il Piemonte lo fanno soltanto per alcune ASL; le restanti regioni al massimo a Maggio 2024.
Bandiera nera è il Molise, con dati disponibili fino al 2023. I dati, inoltre, vengono forniti in almeno tre diverse modalità, il che ne rende difficile il confronto spesso anche all’interno dello stesso territorio: in percentuale, ricavata dal rapporto tra il numero di prestazioni erogate nei tempi previsti dal codice di priorità e il totale delle prenotazioni; in giorni di attesa medi previsti; indicando la prima data disponibile. L’indagine di Cittadinanzattiva si è concentrata sull’analisi dei tempi di attesa di sei prestazioni, in tutte le regioni: prima visita cardiologica, prima visita pneumologica, prima visita ginecologica, prima visita oncologica, ecografia addome completo, mammografia. La fotografia emersa evidenzia che da Nord a Sud ci sono difficoltà nel rispetto delle tempistiche previste dalle diverse classi di priorità (U-Urgente: da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore; B-Breve: da eseguire entro 10 giorni; D-Differibile: da eseguire entro 30 giorni per le visite, entro 60 giorni per gli accertamenti diagnostici; P-Programmata: da eseguire entro 120 giorni).
Fra i casi limite nelle realtà che indicano i tempi di attesa in giorni segnaliamo le seguenti: nell’Azienda Universitaria Friuli Centrale, si attendono in media 498 giorni per l’ecografia addome programmabile, e 394 giorni per la visita ginecologica sempre con codice P; 427 i giorni in media di attesa per una visita cardiologica programmabile nella Azienda Sanitaria 3 Ligure. Fra chi indica il rispetto in percentuale dei tempi previsti dai codici di priorità B, D e P, i seguenti sono ben al di sotto dello standard del 90% stabilito dal PNGLA: nella ASL RM4, si rispettano i dieci giorni massimi di attesa soltanto per il 17,8% delle ecografie all’addome completo in classe B; nelle Marche (dati aggregati, non per ASL) solo il 41% delle mammografie programmabili è garantito nei 120 giorni previsti; in Molise, si garantisce nei canonici 60 giorni della classe D solo il 34% delle ecografie addome completo; nella Asl Napoli 1 Centro appena il 14% delle visite oncologiche in codice B è erogato entro 10 giorni; la Asl di Bari riesce ad erogare entro i 10 giorni solo il 9% delle visite pneumologiche con codice B.
Il Rapporto passa in rassegna alcuni esempi di estrema variabilità all’interno della stessa area geografica o della stessa regione nel rispetto dei tempi di attesa: in Friuli Venezia Giulia, quasi tutte le prestazioni oggetto di indagine, a maggio, sono state erogate ben oltre i giorni previsti. In Veneto invece succede l’esatto contrario: tempi rispettati per tutte le prestazioni e tutte le priorità. Così succede anche in Calabria. Nell’ASL 1 Abruzzo e nell’ASL di Pescara, il 90% delle visite oggetto dell’indagine sia per la classe B che per la D, sono state erogate nei tempi stabiliti; l’ASL di Pescara mostra però il fianco sulla classe P, con una media del 62% e picco minimo del 33.8% per quanto riguarda l’ecografia addome completo. L’Umbria invece presenta dati aggregati riferibili a giugno: solo il 38% delle ecografie addome in classe B sono erogate entri i 10 giorni previsti, al contrario tutte le visite oncologiche in classe D e P sono erogate rispettivamente entro i 30 e i 120 giorni previsti. Anche la Puglia presenta performance altalenanti: per una visita pneumologica in classe B si va dal picco minimo del 9.2% nell’ASL di Bari (a febbraio 2024), al rispetto al 100% dei tempi per la stessa prestazione e nello stesso periodo nell’ASL di Lecce; sempre nella Asl di Lecce però soltanto il 38% delle visite cardiologiche in classe D e P è erogato nei tempi stabiliti, mentre per le altre visite messe sotto la lente i tempi sono rispettati mantenendo però una media vicina al 90% nelle diverse classi di priorità. Nella Asl di Caserta solo il 33% delle mammografie con priorità B vengono garantite nei tempi previsti di 10 giorni mentre tutte quelle con priorità D sono erogate entro i canonici 60 giorni, se si passa al codice P la Asl in questione ne garantisce il 67% nel termine di max 120 giorni.
Quanto si attende al telefono del CUP? L’indagine di Cittadinanzattiva ha evidenziato che tutte le regioni sono provviste di CUP, che risultano centralizzati in 13 Regioni, mentre sono divisi per zone/asl nelle restanti 7 (Calabria, Sicilia, Puglia, Campania, Veneto, Sardegna e Toscana), con altrettanti diversi numeri telefonici. Sono state effettuate telefonate ai CuP per misurarne i tempi di risposta, nella misura di almeno tre tentativi per territorio e in diversi orari/giorni. I tempi di attesa per parlare con l’operatore si sono mostrati nella stragrande maggioranza piuttosto ragionevoli: il migliore è risultato essere il CUP della regione Lazio, con soli 2 minuti e 15 secondi di attesa; a seguire i CUP di Lombardia, Puglia, Sardegna, Campania e Basilicata, con un’attesa massima sempre inferiore ai 3 minuti. Nelle altre regioni invece il tempo di attesa è variato dai 3 minuti e 20 secondi dell’USSL 4 del Veneto, fino ad arrivare agli oltre 18 minuti registrati per l’ASL di Genova. Nonostante diversi tentativi, invece non si è riusciti a parlare con gli operatori dei CUP di USL Toscana Centro), di Valle d’Aosta e del Friuli.
Qui il documento di sintesi dell’indagine sulle liste d’attesa dell’organizzazione Cittadinanzattiva: https://www.cittadinanzattiva.it/multimedia/files/Indaginelistediattesa_giugno2024.pdf.