Campeggio libero con ragazzi da tutta Italia, concerti gratuiti, spazi in libertà, ma anche dibattiti e manifestazione: Venaus è un simbolo. Sono trascorsi quasi vent’anni da quel famoso 2005, quando reparti di polizia piombano sui terreni presidiati dai No Tav distruggendo ogni cosa e manganellando con forza brutale. Quei luoghi sono stati recuperati e protetti. Il Festival ad Alta Felicità oggi è un grande evento totalmente autogestito. È la dimostrazione che non serve raccontare quanto è orribile il capitalismo e che un giorno arriverà la rivoluzione, c’è bisogno invece ovunque di partire dalla nostra ricchezza, dai nostri saperi, dal nostro fare, dalle nostre potenzialità creative. Cominciare da noi, non da loro.

Non è che lavorare tutti insieme equivalga immediatamente a produrre sentimenti di pace e serenità. Anzi. In più occasioni i nervi saltano. Troppe cose da fare, da ricordare, troppo caldo. Monta i gazebo, sposta le panche, organizza il palco spettacoli, l’audio, le luci, il cibo, gli spostamenti vari. Allestisci l’area dibattiti, l’area concerti, predisponi l’assistenza per le persone con disabilità. Progetta le passeggiate in montagna sui sentieri partigiani, lo spazio libri autogestito, dove raccogliere le firme contro l’Autonomia differenziata, l’assemblea dei movimenti, la manifestazione… Dal 26 al 28 luglio torna il Festival ad Alta Felicità. Tutto fatto in economia, tutto volontariato. È un enorme patrimonio umano a cielo aperto.

Sempre più spesso eventi simili vengono affidati a società esterne al territorio che si occupano di tutto e risolvono i problemi. Perfino le sagre del peperone o carciofo tendono a non avvalersi più delle proloco. Qui no. Tutto fatto in casa, al massimo vengono coinvolte competenze di amici e parenti. Per giorni si lavora sul campo, un lavoro immane a cui solo il collante che ha saputo mantenere il movimento vivo in questi anni, può dare risposta. Nonostante i trent’anni di attività (le prime riunioni anni Novanta), nonostante lo scorrere del tempo abbia trascinato con sé storie di vita, cambiamenti, inevitabili rotture e pacificazioni, arresti e santa inquisizione. Delusioni ma anche tante feste e purtroppo anche decessi. I rapporti personali reggono. Motore essenziale per vedere insieme persone provenienti da mondi diversi di tutte le età, coinvolte con specifiche competenze: falegnami, elettricisti… Nei mesi precedenti riunioni per pianificare il programma. Una organizzazione impressionante che funziona. Gli scazzi si lasciano da parte, si rimandano al dopo che poi non arriva mai, troppo stanchi e troppo contenti che tutto sia andato bene.

Foto di Diego Fulchieri

Campeggio libero con ragazzi da tutta Italia, concerti gratuiti, spazi in libertà: Venaus è un simbolo. Sono trascorsi quasi vent’anni da quel famoso 2005:

“Venerdì 2 dicembre, una strepitosa nevicata trasforma l’accampamento No Tav in un presepe, tende e fuochi accesi ovunque. Domenica 4 dicembre migliaia di persone presidiano i siti che dovrebbero interessare i sondaggi. Nella notte fra il 5 e il 6 dicembre alle tre del mattino reparti di polizia piombano sui terreni distruggendo ogni cosa, manganellando con forza brutale, giovani donne, pensionati, scout, alpini… Al momento dell’aggressione le campane della chiesa di Venaus cominciano a suonare per lanciare l’allarme alla popolazione, tutti accorrono. Allo stesso modo parte la sirena dell’antincendio. Il giorno dopo viene proclamato uno sciopero generale in tutta la valle”.

Venaus è questa cosa qui e i terreni sono stati salvati.

I tecnici della Cmc di Ravenna arrivati di notte con passamontagna e pila frontale, scortati dalla polizia non hanno inciso. Poteva rimanere un ricordo, ma quei luoghi sono stati recuperati, restaurati dall’allora amministrazione sindaco Nilo Durbiano e restituiti come bene comune al paese, alla valle. ”Bisognava avere uno sguardo d’insieme, un progetto finalizzato, io ce l’avevo in testa per questi ventimila metri quadrati”. Comincia così una nuova vita in quegli spazi, negli anni punto di ritrovo a partire dallo storico presidio che aveva avuto dal sindaco nel dicembre 2005 una licenza per vendere dei cocomeri.

I ragazzi che ora partecipano al festival spesso non conoscono la storia di questi luoghi, alcuni non erano nati. Così come diventa difficile ricordare e risalire a tutte le tappe di questa grande opera. Scrivono i tecnici noTav:

“Necrologio di un progetto nato morto. Dopo oltre trent’anni abbiamo migliaia di chilometri di parole scritte sulla carta e nemmeno un centimetro di binari realizzati. Qual è il destino della grande opera più inutile d’Europa? È tutto scritto in un numero magico, diffuso ieri l’altro dall’Unione Europea. Per costruire il mega tunnel della Torino-Lione servirebbero quasi 10 miliardi di euro. La stima è del 2017, oggi certamente da rivedere in aumento. A questi vanno aggiunti circa 2 miliardi già spesi per le attività preparatorie, che finora hanno assorbito la quasi totalità dei fondi europei erogati. I nuovi fondi europei assegnati saranno disponibili a fine anno ma in parte sono già di fatto bruciati per le ulteriori spese, già contabilizzate, causate dalla prosecuzione in questi mesi dei lavori preparatori rimasti incompleti. Considerando che il contributo copre circa il 50 per cento della spesa totale (l’altra parte la mettono Italia e Francia), la quota residua corrisponde a circa a 1 miliardo di euro di lavori. Significa realizzare a malapena il 10 per cento del mega tunnel. Quindi la risposta è: no, i soldi non ci sono. Neanche dopo l’annuncio dell’altro ieri”. Tutto qui.

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