Le forze di sicurezza del Bangladesh continuano a ricorrere alla forza illegale e mortale nei confronti delle proteste degli studenti contro la riforma delle quote dell’impiego nel settore pubblico. Secondo fonti di stampa, dal 16 luglio sono stati uccisi quasi 200 manifestanti e diverse migliaia di loro sono rimasti feriti; altre fonti parlano addirittura di 61.000 persone colpite dalla violenza. Gli arresti sarebbero circa 2500.
Il 23 luglio, dopo sei giorni, l’accesso a Internet è stato parzialmente ripristinato ma il dispiegamento dell’esercito, il coprifuoco e l’ordine di sparare a vista rimangono in vigore.
Il Crisis Evidence Lab di Amnesty International ha, per la seconda volta in una decina di giorni, verificato l’uso di armi letali e meno letali da parte delle forze di sicurezza durante le proteste.
In tre riprese risalenti al 18 luglio si vede un manifestante, uno studente dell’Istituto militare di scienza e tecnologia poi identificato come Shykh Aashhabul Yamin, privo di conoscenza sulla parte superiore di un veicolo blindato che sta percorrendo la strada a scorrimento veloce Dacca-Aricha. Due agenti cercano di tirarlo giù prendendolo per le braccia e per le gambe, facendogli sbattere la testa sull’asfalto. Il corpo viene poi trascinato sullo spartitraffico e lasciato sulla corsia opposta. Nessuno dei 12 agenti ripresi nei tre video presta soccorso al ragazzo, che muore poco dopo per ferite – visibili nei video – causate dai pallini da caccia che lo hanno raggiunto al petto.
Sempre il 18 luglio, un agente di polizia lancia gas lacrimogeni all’interno della Brac University, un ateneo privato della capitale Dacca, mentre sono in corso violenti scontri tra studenti e forze di polizia. Le uscite sono chiuse e gli agenti stanno sparando attraverso le grate di una cancellata. Secondo fonti di stampa locali, almeno 20 studenti hanno subito danni a causa dell’inalazione dei gas lacrimogeni.
Un video che circola a partire dal 20 luglio mostra un agente di polizia aprire il fuoco due volte, contro un bersaglio non inquadrato, con un fucile d’assalto 56-1 di fabbricazione cinese mentre si ripara, con altri colleghi, dietro un veicolo blindato.