Il 19 luglio 1943, a partire dalle 11, Roma viene pesantemente bombardata dagli inglesi e dagli americani.
É la prima volta che la capitale, che avrebbe dovuto essere “città aperta” e quindi risparmiata dai combattimenti, viene colpita al cuore nei suoi quartieri popolari e densamente abitati. L’obiettivo iniziale è strategico: lo scalo ferroviario di San Lorenzo, che viene messo presto fuori uso, ma i bombardamenti continuano per ore e ore, senza sosta, colpendo i quartieri popolari, in modo indiscriminato, da oltre 6.000 metri di altezza. Viene così investito in pieno il quartiere San Lorenzo e viene centrato il piazzale e addirittura il cimitero del Verano.
Su Roma vengono sganciate 4.000 bombe (circa 1.060 tonnellate) colpendo oltre San Lorenzo (con 717 vittime), i quartieri Prenestino, Tiburtino e Tuscolano.
Alla fine della giornata si contano circa 3.000 morti e 11.000 feriti, 10.000 case distrutte e 40.000 cittadini rimasti senza tetto. Dopo quel primo bombardamento ne seguirono altri 51 fino alla Liberazione di Roma (fonte: Ministero della Cultura – Museo storico della Liberazione – Roma).
I bombardamenti a tappeto, la tecnica impiegata quel giorno e altre innumerevoli volte, consiste nel colpire in maniera indiscriminata vaste aree situate in territorio nemico. Lo scopo è infatti quello di conseguire il massimo effetto distruttivo attraverso il lancio fittissimo di bombe.
Il primo bombardamento a tappeto della storia fu effettuato il 26 aprile del 1937, durante la guerra civile spagnola dall’aviazione tedesca e italiana, alleate di Francisco Franco, contro Guernica, una piccola cittadina sotto il controllo della Repubblica. La città venne rasa al suolo e si contarono circa 300 vittime, ma fu persino impossibile in quello scempio individuare il numero dei cadaveri.
Il diritto internazionale non dà adito a dubbi: da un primo trattato firmato a San Pietroburgo nel 1869, passando per la IV conversazione dell’Aja del 1907, alla risoluzione votata nel 1938 dall’Assemblea della Società delle Nazioni si afferma che colpire deliberatamente la popolazione civile è un crimine.
Eppure sappiamo che cosa accadde durante la Seconda Guerra Mondiale: sappiamo che questi crimini non furono opera soltanto dei nazisti che la guerra di aggressione incominciarono, ma diventarono prassi delle forze alleate con immense stragi su città inermi della Germania e del Giappone. Tra tutte ricordiamo la tedesca Dresda e le giapponesi Hiroshima e Nagasaki, che gli americani polverizzarono con due bombe atomiche il 6 e il 9 agosto del 1945.
La mancata condanna dei crimini di guerra compiuti dalle potenze vincitrici, fece sì che questa modalità criminale e disumana continuasse in tutte le guerre combattute negli ultimi decenni (Vietnam, Iraq, Afghanistan, Siria… ) fino ad arrivare all’apoteosi con il genocidio in atto a Gaza.
Si dirà che, con la potenza distruttiva impiegata oggi durante una guerra, è impensabile salvaguardare la popolazione civile e che quindi questi crimini sono inevitabili.
Ne sono convinto anch’io e quindi resta solo una cosa umanamente sensata da fare: bandire la guerra dalla storia umana e procedere urgentemente a politiche di disarmo prima che sia troppo tardi.