Nelle politiche autoritarie (visibili e invisibili) del Governo Meloni, sostenute da Fratelli d’Italia, da berlusconisti e da leghisti, c’è la spudorata negazione dell’antifascismo e con essa la negazione della democrazia, paradossalmente dominata dalla retorica del nazionalismo, dell’individualismo e del corporativismo.
Questo regime sta trascinando inesorabilmente il popolo italiano nell’indifferenza, nell’impotenza e in una “deriva militaresca” pericolosissima.
Purtroppo tale deriva, con viscida arroganza, è entrata nell’ordinamento delle Scuole Pubbliche attraverso la cosiddetta “Alternanza Scuola Lavoro” (La Buona Scuola), a sua volta denominata “Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento” (PCTO), tramite la “Legge n. 145 del 30 dicembre 2018”.
Questi percorsi di formazione mirano da una parte ad assicurare l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro (sic!) e dall’altra ad “acculturare militarmente” le nuove generazioni maschili e femminili.
In questo contesto c’è l’obbligo e l’urgenza di rimettere al centro “la questione educativa” poiché si sta rinnegando il senso della democrazia e con essa delle lotte che, a partire da quelle del ’68 e degli anni ’70, riuscirono a far approvare la legge sugli “obiettori di coscienza” nel 1972 e la legge sul “servizio civile nazionale” nel 2002, dove si definisce la “modalità operativa concorrente e alternativa alla difesa dello Stato, con mezzi e attività non militari” verso l’acquisizione di posizioni e atteggiamenti di “non violenza”, capaci di costruire una rete di “corpi civili di pace” da estendere in Italia e non solo.
Pertanto ribadiamo l’idea di attivare con coscienza una nuova resistenza contro il dominante clima di pelosa e assoluta giustificazione non solo delle guerre, nonostante il categorico rifiuto imposto dall’art. 11 della Carta Costituzionale, ma anche del falso rispetto dei diritti umani, della salute e del mondo del lavoro.
C’è la necessità improcrastinabile di ri-creare percorsi di formazione civile rispettosa della democrazia e dello “Stato di Diritto” e alternativa allo “Stato di Polizia”, che pretende di educare i futuri cittadini e le future cittadine all’ordine e alla disciplina da caserma, dove vige l’ambiguità dello “spirito di corpo” interconnesso a tutti quei comportamenti visibilissimi nelle “derive autoritarie”, perseguite con arroganza reazionaria e fascistoide.
In tal senso va ricordato che lo “spirito” ha sempre fatto parte delle attività speculative dell’uomo sovrapponendosi al “corpo”, la cui entità col passare dei secoli è stata riletta e sviluppata con modalità sempre più vicine alla “scienza della vita” e alle politiche sociali ed economiche.
Marx ed Engels, con il loro “materialismo dialettico”, hanno voluto difendere le acquisizioni della scienza in modo completamente diverso da quello perseguito dai poteri costituiti, che davano una visione meccanicistica e distorta della vita reale, mascherando gli interessi di classe e reprimendo, senza se e senza ma, qualsiasi dissenso e opposizione al sistema.
Occorreva, a loro modo di vedere, costruire una scienza proletaria capace di delineare l’“uomo onnilaterale” in luogo dell’“homo oeconomicus” e di progettare una società di liberi e uguali.
Il meccanicismo, invece, precludeva e preclude la comprensione della storia vissuta da uomini e donne nella loro interezza giorno dopo giorno.
Non va dimenticato, però, che quel “materialismo dialettico”, indispensabile per una vera rivoluzione proletaria, lungo la prima metà del secolo scorso venne tristemente compromesso, stravolto e degenerato dalla politica sviluppatasi nell’URSS di Stalin e nei paesi satelliti.
Antonio Gramsci, a proposito dello “spirito di corpo”, tra il 1931 e il 1932, scrisse:
“Nel segno migliore del termine potrebbe significare la concordia degli intenti e delle volontà, la compatta unità morale per cui importa che le cose buone siano fatte nell’interesse dell’unico tutto, non importa se dall’uno o dall’altro componente del tutto.
Di solito però ‘spirito di corpo’ ha assunto un significato deteriore, cioè di ‘difesa’ del tutto contro le sanzioni per il male fatto dai singoli.
E si comprende quale sia la radice della degenerazione: è una falsa comprensione di ciò che è il ‘tutto’.
Si assume per ‘tutto’ solo una frazione di esso, una frazione, s’intende, subordinata, e attraverso la ‘forza’ data dallo ‘spirito di corpo’, si tende e si tenta di far prevalere la parte (subordinata) al ‘tutto’, per esercitare un potere indiretto (se non è possibile quello diretto) e ottenere privilegi.
Se si analizza ancora si vede che alla radice di tale ‘spirito di corpo’ è l’ambizione di una persona o di un piccolo gruppo di persone (che si chiama allora ‘consorteria, cricca, combriccola, camarilla’ ecc.).
L’elemento burocratico, civile, ma specialmente militare, ha le maggiori tendenze allo ‘spirito di corpo’, che conduce alla formazione di ‘caste’.
L’elemento psicologico e morale più forte dello ‘spirito di corpo’ è il punto di onore, dell’onore del corpo, si intende, che crea le passioni più sviate e deteriori.
La lotta contro lo ‘spirito di corpo’ deteriore è la lotta del tutto contro la parte, della collettività contro le ambizioni dei singoli e contro i privilegi, dello Stato contro le caste e le associazioni a delinquere.”
[Antonio Gramsci: “Lo spirito di corpo” in Quaderni del carcere, Ed. Einaudi, volume secondo, pag. 986].