Raramente ci chiediamo chi e cosa ci sia a monte dei prodotti che compriamo,  come i telefoni cellulari, che siamo ormai abituati a usare continuamente. Lo sciopero indetto dai lavoratori coreani della Samsung apre uno squarcio sulla questione.

La Samsung ha 270.000 dipendenti a livello mondiale in una settantina di nazioni ed è tra i protagonisti del “miracolo coreano”. Leader mondiale nella produzione di semiconduttori, TV e smartphone, è stata anche per decenni produttore di sindacati gialli, succubi dell’azienda, quando non riusciva a negare ogni tipo di contrattazione collettiva. E’ nota anche per i suoi aspri rapporti di lavoro, con rappresaglie verso gli organizzatori sindacali, per il flagrante mancato rispetto delle leggi del lavoro e per la sottovalutazione delle malattie professionali e delle morti indotte nei suoi reparti dalle lavorazioni per aver utilizzato sostanze potenzialmente cancerogene. Oggetto di una class action e di manifestazioni pubbliche durate un decennio, le accuse all’azienda di non tutela della salute dei dipendenti erano state “compensate” (per modo di dire) nel 2018 con un risarcimento ai lavoratori colpiti e con generiche scuse pubbliche.

Anche fuori dalle sue fabbriche, la Samsung si è dimostrata assai attiva: sette anni fa, Lee Jae-Yong, vice presidente e direttore aziendale di fatto, oltre che nipote del fondatore, irriducibile oppositore dei sindacati, è stato incriminato per corruzione, appropriazione indebita, spergiuro, esportazione di beni all’estero. Ad altri quattro dirigenti Samsung sono state addebitate una parte delle stesse accuse. Lee Jae-Yong è stato condannato nel 2020 e tradotto in prigione in manette con una condanna di 5 anni, poi dimezzata nel ricorso. Scarcerato per l’ “interesse nazionale” del suo lavoro, il suo rilascio è stato sollecitato anche dalla Camera di Commercio degli Stati Uniti, una lobby di imprese che l’ha sostenuto per il forte interesse del governo Biden verso la Samsung come partner nell’affrontare il ritardo nella produzione statunitense di microchip. Nel 2023, Lee Jae-Yong, tornato in sella, ha guadagnato oltre un miliardo di dollari come amministratore delegato aziendale ed è la persona più ricca della Corea del Sud.

I soldi della corruzione erano stati versati anche all’allora Presidente della Corea del Sud, costretto a dimettersi dalle massicce proteste popolari nel 2016 e nel 2017. Condannato a 25 anni per le suddette tangenti, è stato graziato dal successore Presidente.

E’ questo il contesto in cui nel 2021 la Samsung, che fino a quattro anni fa impediva in varie forme l’organizzazione sindacale, è stata costretta alle prime trattative per la firma di accordi collettivi. Il diritto di organizzarsi e di proclamare eventuali scioperi è stato esercitato dal sindacato National Samsung Electronics Union (NSEU), che ha 31.000 iscritti, un quarto della forza lavoro della Samsung in Corea ed è affiliato alla Federazione dei sindacati coreani (FKTU), abbastanza moderata. L’altra è la Confederazione coreana dei sindacati (KCTU), che dal 1995, con lo slogan “prima scioperate, poi contrattate”, è stata protagonista dell’intensa lotta contro la legge antisindacale del governo che avrebbe impedito la formazione di confederazioni di lavoratori. In anni più recenti, anche la KCTU ha subito critiche diffuse per la scarsa difesa della parità di diritti retributivi delle donne e per il disinteresse nella difesa dell’accesso al lavoro dei diversamente abili, ma è stata anche oggetto di repressioni governative per l’appoggio al contratto dei ferrovieri e ai diritti dei lavoratori stranieri.

Tornando in Samsung Electronics, oltre alla NSEU ci sono altri 4 sindacati. Lo scorso agosto, la NSEU è stata designata come contrattatore rappresentativo, il che significa che qualsiasi accordo che essa raggiunga con l’azienda farà da base per gli accordi con altri sindacati.

Il contesto delineato (una storia aziendale di anti-sindacalismo, una vicenda di tangenti, delle lavorazioni letali per gli operai, profitti e retribuzioni dei manager alle stelle) ha fatto sì che un sindacato moderato come NSEU, non certo sospettabile di avversare l’azienda, abbia indetto nel giugno 2024 il primo sciopero della storia di Samsung, effettuato il 7 giugno presso la fabbrica di Hwaseong, a 45 chilometri da Seoul. Le richieste dei lavoratori sono un aumento del 6,5% (poi ridotto al 5,6%, dall’ 8,1% richiesto all’inizio delle trattative, a febbraio) e la trasparenza del sistema di bonus legati ai profitti aziendali, i quali costituiscono una parte significativa del salario e sono assegnati, o non concessi, ai dipendenti delle varie divisioni dell’impresa con criteri poco chiari. I lavoratori chiedono inoltre un giorno di ferie in più, nel giorno della fondazione dell’azienda (rimarcando l’ancestrale attaccamento imposto nelle aziende dei giganti economici asiatici).

Il primo storico sciopero in Samsung, quello del 7 giugno, è stato assai “discreto”, utilizzando una giornata di vacanza, ma gli storici problemi di lavoro nei reparti hanno trascinato velocemente una progressione della conflittualità: da lunedì 8 luglio gli iscritti al sindacato NSEU hanno effettuato uno sciopero generale di 3 giorni, trasformato da giovedì 11 in uno sciopero a tempo indeterminato, in considerazione del rifiuto della direzione di aprire una seria discussione sulla piattaforma rivendicativa.

Secondo il sindacato, la produzione di microchip, di cui la Samsung è il principale produttore nel mondo, se non è interrotta, è quanto meno rallentata, compatibilmente con lavorazioni che sono in gran parte automatizzate.

I chip sono dei piccoli circuiti elettronici che immagazzinano ed elaborano informazioni, usati su vasta scala in vari settori dell’elettronica, negli smartphone, ma anche nelle produzioni di armi. Non per niente, il Presidente degli Stati Uniti Biden ha fatto dello stabilimento di semiconduttori Samsung a Pyeongtaek la sua prima tappa durante il viaggio del 2022 in Corea del Sud per gli incontri col governo, di destra, di uno Stato storico alleato degli USA.

Nel corso dello sciopero si stanno tenendo presidi davanti ai cancelli della fabbrica, mentre la direzione avrebbe minacciato di assumere lavoratori sostitutivi. Difficile possa farlo, a causa della particolare specifica competenza ed esperienza richiesta dal lavoro.

La Corea del Sud è caratterizzata da un movimento sindacale assai attivo e articolato, protagonista di manifestazioni caratterizzate da una partecipazione colorata e, diremmo noi, di immagine “guerresca”, comprensiva di fasce alla fronte dei partecipanti.

In questo periodo, 60.000 membri del sindacato dei metalmeccanico (KMWU) della Confederazione coreana dei sindacati (KCTU) hanno fatto uno sciopero di 8 ore mercoledì 10 luglio per opporsi alle politiche favorevoli alle imprese del governo di Yoon Suk Yeol. Lo sciopero fa parte dei tentativi sindacali di sostenere l’approvazione della legge, ferma in Parlamento, di sostegno ai diritti del lavoro e della sindacalizzazione. La legge impedirebbe anche la richiesta di risarcimenti da parte delle imprese dei costi delle azioni di sciopero.

Infine, la casa automobilistica Hyundai ha siglato in extremis un accordo salariale lunedì 8 luglio, due giorni prima dell’effettuazione dello sciopero di due giorni proclamato dai lavoratori.

Fonti principali:

Rocchi, Samsung verso il primo sciopero nella sua storia, la protesta contro lo stallo dei salari, Rai News, 29.5

Rahaman, Defying threats of replacement, thousands of Samsung workers go on indefinite strike, Peoples Dispatch, 10.7

McGrath, Samsung Electronics workers in South Korea stage first-ever strike in company’s 55-year history, WSWS.org, 12.7