Chi scrive ha i suoi 74 anni e non pretende in nessun modo di farsi interprete di questioni che riguardano i giovani. Ma ritiene suo dovere offrire spunti di riflessione ignorati o elusi da tutti di fronte a un evento drammatico.
Christopher Thomas Luciani, il sedicenne ucciso domenica 23 giugno nel parco “Baden Powell” di Pescara, era chiamato, con affetto, Crox, dagli amici. Tutti quelli che lo conoscevano dicono che era un ragazzo mite, dolcissimo, assai socievole. Abbandonato dalla madre e senza un padre, era stato allevato dalla nonna a Rosciano, un paese vicino al capoluogo abruzzese. Per il delitto che ha sconvolto profondamente la città di Pescara sono stati arrestati due suoi coetanei che si direbbero “di buona famiglia”. Non si tratta di un delitto avvenuto nelle estreme periferie disagiate della Città ove è attivo lo spaccio di droghe e ci sono situazioni di povertà e di emarginazione. I fatti sono avvenuti in una realtà sociale benestante in un quartiere che ha condomìni di lusso. Una crudeltà simile non si era mai vista da queste parti ove non c’è mai stata delinquenza organizzata tipo mafia, camorra, ‘ìndragheta o sacra corona unita, nonostante i casi di spaccio, droga, delinquenza comune. I presunti autori hanno ucciso a freddo, senza provocazione, premeditatamente, con violenza inaudita, secondo il magistrato- “proprio per provocare sofferenza e morte alla vittima”. E lo hanno fatto in presenza di testimoni, tutti ragazzi, che poi, insieme, sono andati al mare. Uno di loro al ritorno dalla spiaggia ha riferito ai genitori.
Crox era andato via da alcuni giorni da una comunità ove era ospite e aveva detto a un amico che sarebbe rientrato molto presto “perché non si può fuggire tutta la vita”. Per il movente degli assassini si parla, sui media, di un debito di droga di 200-250 euro, ma un amico della vittima intervistato ha riferito che tale debito era in realtà di circa 70 euro. La ragione dell’omicidio traspare, molto più realisticamente, dalla folle dichiarazione di uno degli arrestati che nello stesso giorno avrebbe esibito agli amici una pistola e che avvertiva che esigeva “rispetto”. Questione di rispetto: una logica para-mafiosa, quindi, spontanea, non appresa ed ereditata all’interno di un clan, ma autoprodotta. Per avere “rispetto” ha inferto a Crox 15 fendenti con un coltello da sub sotto gli occhi degli amici e, da aspirante capo, dicono di aver passato l’arma al designato “vice” che per meritarsi tanta considerazione ha inferto ulteriori 10 coltellate. Nel momento del pianto, si invocano dal mondo politico e dalla società provvedimenti severi: più polizia, più repressione, chiudere i parchi urbani. Si pensa ancora una volta agire alla fine dei fenomeni e dei guasti prodotti e non alla radice, a monte, per la loro prevenzione. In realtà quindi occorrerebbe agire esattamente il contrario: capire come si è potuto arrivare a tanto, avere più ascolto delle esigenze dei giovani e più apertura di spazi di socialità per loro.
Il sindaco di Pescara Carlo Masci ci spiega che Pescara è una città aperta di 120mila abitanti che ogni giorno fornisce servizi a 300mila persone. Raccoglie un bacino molto ampio di persone, studenti, lavoratori. Ma non ci dice che la città non ha spazi di sorta liberi per la gioventù. Quelli che erano i campetti di calcio per chi ha la mia età, i luoghi positivi di socialità e di ritrovo non esistono più: è tutto edificato intensivamente. Anche il mare è tutto “privatizzato” dagli stabilimenti balneari e le spiagge libere sono microscopiche e lontane. Pescara, soprattutto nel dopoguerra, ha conosciuto uno sviluppo vertiginoso che l’ha portata ad essere il centro economico, sociale e politico della regione. Essa è un “hub”, vale a dire un nodo di tantissime connessioni nelle reti di collegamento tra tutto il nord e il sud del versante adriatico, trasversale tra l’Adriatico e il Tirreno, Napoli e Roma. Possiede un’importante stazione ferroviaria, un aeroporto con collegamenti di lunga distanza, un porto, e una rete stradale e autostradale fitta e veloce. Per questa posizione strategica nei collegamenti la città fu bombardata nell’ultimo conflitto mondiale otto volte dalle fortezze volanti degli Alleati dal 31 agosto all’11 dicembre del ’43 e ponti, strade ed edifici furono pure fatti saltare dalle truppe tedesche in ritirata che si abbandonarono ad eccidi e saccheggi, risultandone rasa al suolo all’80%. A partire dall’epoca del boom economico gli edifici crescevano come funghi ma il territorio comunale è alquanto esiguo: soli 33 chilometriquadri. Per questo il comune che è nato solo nel 1927 dall’unione dei due paesi sulle opposte sponde dell’omonimo fiume nei pressi della foce (Pescara vecchia e Castellammare Adriatico), sotto gli auspici di Gabriele D’Annunzio che proprio lì ha la sua casa natale, cesserà di esistere dal 1° dicembre del 2027, per l’esito di un referendum popolare che ha dato l’esito favorevole all’accorpamento del capoluogo con due comuni confinanti i cui abitati sono già fusi senza soluzione di continuità: Montesilvano coi suoi circa 60 mila abitanti e Spoltore con altri 20 mila abitanti. La città in soli 100 anni ha esaurito praticamente tutto il suo territorio e ha iniziato a crescere verso l’alto e quella nuova prevista tra tre anni avrà suolo da consumare ancora disponibile e viene già chiamata nei discorsi “la grande Pescara”, con compiacimento che tradisce il mito della crescita che viene evocata come fosse sinonimo del concetto di sviluppo. E i giovani? Difficile oggi avere luoghi in cui stare se non a pagamento, c’è carenza assoluta di spazi di socialità se si escludono alcune parrocchie.
L’altra Pescara
Nel 2011 un nutrito gruppo di giovani pescaresi del Collettivo Studentesco, con la SOHA, iniziano la campagna “DATECI SPAZIO”. Per tre anni hanno dato vita a tantissimi eventi, manifestazioni, invasioni pacifiche del centro della Città, promosso alleanze “per chiedere al Comune e alle istituzioni spazi di aggregazione da autogestire”.
Scrivono: “I giovani porteranno in strada tutte le attività che vorrebbero realizzare negli spazi richiesti, come ad esempio una sala prova, una stanza per l’arte, una stanza per i writer, aree per la danza, studio e dibattiti. Il nostro obiettivo è sensibilizzare i cittadini sul tema, in modo da raccogliere il più adesioni possibili per allargare il comitato Dateci Spazio in modo da far pressione sul Comune di Pescara per la concessione di uno spazio pubblico da adibire a centro aggregativo giovanile, democratico e autogestito. Nel caso in cui il Comune rimanga sordo alle richieste e alle pressioni del nostro comitato, continueremo la nostra battaglia fino all’ottenimento dello spazio. Chiediamo al Comune di riconoscere il nostro diritto al pieno esercizio della cittadinanza attiva tramite uno spazio pubblico da autogestire. Nel centro di cui sentiamo l‘esigenza ci saranno: una sala studio e una in cui organizzare corsi, incontri culturali, cineforum e assemblee; sale prove a utilizzo gratuito per i musicisti; uno spazio dedicato alle attività artistiche; un luogo per organizzare cineforum a spettacoli teatrali, nonché una cucina sociale. Naturalmente tutte le attività saranno gratuite, aperte a tutte/i e gestite orizzontalmente. Dateci Spazio Time, dimostrazione di piazza organizzata dal Collettivo Studentesco Pescara e dalla SO.HA. Giovani Cittadini Attivi, per rivendicare uno spazio aggregativo pubblico da autogestire in base a principi democratici”.
Finalmente nel 2014 c’è il primo impegno dell’Amministrazione Comunale a concedere – con un bando – lo spazio richiesto individuato nella vecchia scuola elementare abbandonata del quartiere di Villa Fabio. Quella struttura diventa una calamita di attività per i giovani volontari tra cui molti lavoratori (elettricisti, idraulici, artigiani…) che con entusiasmo riparano e mettono a nuovo tutto e con esiti di qualità professionale. Lo Spazio è stato aperto il 12 maggio 2017 ed è stato chiamato “LO SPAZ” per evocare non solo il concetto di spazio conquistato ma anche la memoria di Pazienza (Andrea), illustre talento della grafica vignettistica italiana, che ha studiato a Pescara. Viene realizzata la sala di prova con palco, luci e servizi per le scuole di teatro, scuole di musica con messa a disposizione di strumenti musicali, viene installato un proiettore e schermo per convegni, realizzata una sala per studiare (per chi non aveva un posto in casa e per i pendolari in attesa degli autobus) con numerose postazioni per i computer, una scuola di lingua italiana per bambini immigrati, ripetizioni scolastiche, una ricca biblioteca. All’esterno giovani hanno pulito tutto, coltivato le aiuole. Niente droga e regole precise accettate da tutti, non esagero se dico “scuola di democrazia” ove si parla uno alla volta, non ci si offende, si contestano affermazioni sessiste o anche labili discriminazioni di genere. Ho partecipato in quella sede a un convegno sulla crisi climatica in cui era relatore in prof. Stefano Caserini e un suo collega del Politecnico di Milano e a un convegno sugli alberi monumentali spontanei autoctoni della Regione Abruzzo e la sua flora. Ogni convegno ha avuto accanto al relatore una persona giovane esperta nel linguaggio dei segni che consentiva la partecipazione agli audiolesi.
Lo SPAZ è stato sgomberato il 31 luglio 2020. L’amministrazione di centro-sinistra non procedette a difenderlo rinunciando a rinnovare, per tempo, la convenzione in scadenza… non erano formalmente nella galassia dei loro affiliati e la libertà è stata vista con sospetto. La successiva amministrazione di destra che esprime, rimesso in carica, il sindaco attuale, aprì una vera guerra contro quei giovani. Parlava di dover chiudere “il centro sociale” anche se i giovani ribadivano di essere un Centro di Aggregazione Giovanile. Poi qualcuno d’area di destra spinta diede alla stampa un comunicato in cui si lamentava l’invivibilità nel quartiere per il chiasso proveniente dal cosiddetto “centro sociale”. I Cittadini del vicinato smentirono con numerose lettere e firme l’esistenza di questo chiasso e testimoniarono che i loro figli frequentavano lo SPAZ come luogo civilissimo e che erano favorevoli all’esistenza di quella struttura tanto vitale. Anzi, i giovani suscitavano simpatie anche perché avevano incominciato a raccogliere dagli anziani notizie per scrivere un libricino sulla storia del quartiere che è piuttosto interessante. Allora il Comune provò con l’igiene: ispezioni dell’assessora che trovò però tutto pulitissimo e igienizzato inclusi i bagni rifatti nuovi. I giovani come forma di resistenza invasero pacificamente e in silenzio il consiglio comunale. Erano centinaia, ma non servì a nulla e arrivò lo sgombero esecutivo. L’unico posto dove i giovani potevano stare per tutto il tempo che avessero voluto, imparare, conoscersi, senza pagare e “consumare” ove poteva fare amicizie, cultura, cose creative… è stato chiuso. Pescara, città giovane e “moderna”, mostra una cultura, anche politica, dominante e trasversale ottusa e geriatrica. Non è città per giovani. Tutti protagonisti dei fatti che ho voluto narrare e che nessuno oggi richiama e che molti ignorano o non ricordano, sono andati via dalla città per svariati destini, lascio immaginare con quanto sconforto, quanta tristezza… Troppi giovani non vanno a votare. Adesso scopriamo che ci sono apprendisti capibanda senza cuore né sensibilità, che vagano come randagi nei pochi giardinetti pubblici e che loro amici sono incapaci persino di cogliere la gravità di un omicidio di cui parlano solo dopo essere rientrati dalla spiaggia per un buon bagno.
Giovanni Damiani