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L’offensiva contro Gaza non è una guerra, bensì “una pulizia etnica e di azioni genocidarie volte a spingere la popolazione a lasciare la Striscia”

Le dichiarazioni all’agenzia Dire di Hamdi Shaqqoura, direttore del Palestinian Centre for Human Rights di Gaza City, esprimono una verità incontrovertibile non più mistificabile dal governo israeliano. Non è più sostenibile la giustificazione che legittimava l’offensiva su larga scala lanciata dall’esercito sionista quale risposta agli assalti dei commando di Hamas. Ad oggi  «oltre 37 mila palestinesi sono stati uccisi attraverso quella che Shaqqoura definisce “una strategia deliberata” che si fonda sulla “fame come arma di guerra e il bavaglio ai media internazionali”»

Tale strategia – scrive Alessandra Fabbretti nell’intervista al difensore dei diritti del Pchr – si basa sulle seguenti azioni, secondo Shaqqoura, intervistato a Roma, a margine del festival Mondo in periferia: “Primo, raid su larga scala contro aree residenziali, attraverso 15-20 attacchi consecutivi con bombe di centinaia di chili. Israele sostiene di avvertire sempre le persone di allontanarsi prima che avvengano gli attacchi. Le autorità dividono il territorio in ‘zone sicure’ e ‘zone non sicure’, e le cartine aggiornate vengono pubblicate online. Il problema però, è che Israele ha anche tagliato le forniture di energia elettrica e le telecomunicazioni, perciò spesso le persone non hanno modo di accedere ad internet per verificare in che modo le mappe sono state aggiornate“. Il risultato, denuncia il direttore, è che “la gente non sa dove deve andare. Abbiamo documentato centinaia di casi di civili che hanno subito attacchi in presunte aree sicure, anche in campi profughi dove le famiglie vivono nelle tende”.

fonte: Dire

 

II° Report statistico delle Caritas diocesane: “La povertà in Italia”

Cresce il numero delle persone accompagnate e aiutate dalle Caritas diocesane: non sono solo “numeri”, sono soprattutto 269.689 “volti” di poveri, che a loro volta rappresentano altrettante famiglie, dato che la presa in carico risponde sempre alle esigenze dell’interno il nucleo familiare

Il Report statistico nazionale 2024 di Caritas Italiana sulla povertà in Italia, presentato il 19 giugno a Roma, valorizza le informazioni provenienti da 3.124 Centri di ascolto e servizi delle Caritas diocesane, dislocati in 206 diocesi in tutte le regioni italiane. Si tratta peraltro solo di quelli già in rete con la raccolta dati, dal momento che i servizi e le opere sui territori sono in realtà molti di più. Ne emerge una fotografia drammatica che chiama all’impegno di tutti. Dal Report risulta che nel 2023 cala la quota dei nuovi poveri ascoltati, che passa dal 45,3% al 41,0%. Crescono invece le persone con povertà “intermittenti” e croniche, riguardanti in particolare quei nuclei che oscillano tra il “dentro-fuori” la condizione di bisogno o che permangono da lungo tempo in condizione di vulnerabilità: una persona su quattro è infatti accompagnata da una Caritas diocesana da 5 anni e più. Sembra quindi mantenersi uno zoccolo duro di povertà che si trascina di anno in anno senza particolari scossoni e che è dovuto a più fattori; il 55,4% dei beneficiari nel 2023 ha manifestato contemporaneamente due o più ambiti di bisogno. Chi si rivolge alla Caritas? Si tratta di donne (51,5%) e uomini (48,5%), con un’età media che si attesta sui 47,2 anni (46 nel 2022). Cala l’incidenza delle persone straniere che si attesta sul 57,0% (dal 59,6%). Alta invece l’incidenza delle persone con figli: due persone su tre (66,2%) dichiarano di essere genitori. Oltre i due terzi delle persone in povertà, secondo i dati dei Centri di ascolto Caritas consultati, hanno livelli di istruzione bassi o molto bassi (67,3%), condizione che si unisce a una cronica fragilità occupazionale, in termini di disoccupazione (48,1%) e di “lavoro povero” (23%). Non è dunque solo la mancanza di un lavoro che spinge a chiedere aiuto: di fatto quasi un beneficiario su quattro è un lavoratore povero. Inoltre la percentuale dei percettori del Reddito di Cittadinanza, la misura di contrasto alla povertà sostituita oggi dall’Assegno di Inclusione, si attesta al 15,9%, dato in calo rispetto al 2022 e soprattutto al 2021: allora i beneficiari corrispondevano rispettivamente al 19,0% e al 22,3%. In termini di risposte, le azioni della rete Caritas sono state numerose e diversificate. Complessivamente sono stati erogati oltre 3,5 milioni di interventi, una media di 13 interventi per ciascuna persona assistita (considerate anche le prestazioni di ascolto). In particolare: il 73,7% ha riguardato l’erogazione di beni e servizi materiali (distribuzione di viveri, accesso alle mense/empori, docce, ecc.); l’8,9% gli interventi di accoglienza, a lungo o breve termine; il 7,3% le attività di ascolto, semplice o con discernimento; il 5,2% il sostegno socio-assistenziale; l’1,7% interventi sanitari. «Questo Report statistico si colloca in un tempo particolare, segnato da vicende che toccano le nostre comunità. Da un lato le crisi internazionali che condizionano pesantemente i rapporti tra i Paesi e lo sviluppo di percorsi di pace, dall’altro l’incessante aumento della povertà e la forte incidenza di situazioni di rischio e vulnerabilità. Di fronte a questi scenari la Chiesa continua a sognare e ad affermare un umanesimo autentico, secondo cui ogni essere umano possa realizzarsi pienamente, vivendo in un mondo più giusto e dignitoso», sottolinea il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello.

comunicato Caritas Roma [Il Report integrale \  La scheda di sintesi]

 

Autonomia differenziata, Forum Terzo Settore: “Storica occasione mancata”

“Disuguaglianze multidimensionali e divari già profondi tra territori si cristallizzeranno o aumenteranno. Piuttosto che un’autonomia differenziata, si apre la strada a un regionalismo delle disuguaglianze”. Così sintetizza Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore (in rappresentanza di 100 reti nazionali ed oltre 120mila realtà territoriali), dalle pagine del Redattore sociale

“Il via libera definitivo al testo sull’autonomia differenziata è, purtroppo, innanzitutto una storica occasione mancata. Dopo oltre venti anni dalla riforma del Titolo V della Costituzione, cui oggi si vuole dare attuazione, si è iniziato a lavorare per la definizione di alcuni Livelli essenziali di prestazioni (Lep) in modo da garantire stessi servizi e diritti in tutto il Paese, senza però contemplare minimamente ambiti sociali come la povertà, la disabilità, l’emarginazione sociale. Poteva essere l’occasione per realizzare un obiettivo atteso da tempo, per attuare finalmente una maggiore uguaglianza sostanziale e far progredire l’Italia sul piano dei diritti, della coesione e dell’inclusione sociale, ma non è stato considerato”. Così Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore, che rappresenta 100 reti nazionali e oltre 120mila realtà territoriali di Terzo settore.

leggi articolo integrale su.redattoresociale

 

Contro il premierato elettivo a fianco di Liliana Segre. Un appello di 180 costituzionalisti 

La nostra Costituzione è un testo che va maneggiato con cura ed è naturale che quest’attenzione debba essere massima da parte di tutti i cittadini nel momento in cui il disegno di cambiamento investa i suoi punti chiave

Non è frequente che i costituzionalisti, i cultori professionali della Carta, prendano posizione collettivamente sottoscrivendo pubblici appelli. Molti di loro sono più favorevoli a prese di posizione individuali, magari nello spazio più protetto delle aule universitarie o in audizioni o convegni. Ci sono però dei momenti nella vita di un Paese nei quali il progetto di cambiamento delle regole fondamentali assume un significato preoccupante. Sono questi i tempi nei quali alcune personalità di altissimo valore morale pur non essendo “addette ai lavori”, sentono la necessità di uscire allo scoperto per denunciare possibili pericoli. Questo è quanto è avvenuto il 14 maggio di quest’anno, quando la Senatrice a vita Liliana Segre ha chiesto la parola per intervenire nel dibattito sul Premierato che si stava svolgendo nell’Aula del Senato (micromega). Ascoltando quelle parole pronunciate con tanta autorevolezza, molti costituzionalisti e studiosi di diritto pubblico, anche i meno avvezzi a sottoscrivere appelli, hanno deciso non di prendere una posizione autonoma ma di mettersi al fianco di Liliana Segre. Tutti i timori esposti nell’accorato intervento della Senatrice Segre sono fondati. La creazione di un sistema ibrido, né parlamentare né presidenziale, mai sperimentato nelle altre democrazie, introdurrebbe contraddizioni insanabili nella nostra Costituzione. Una minoranza anche limitata, attraverso un premio, potrebbe assumere il controllo di tutte le nostre istituzioni, senza più contrappesi e controlli. Il Parlamento correrebbe il pericolo di non rappresentare più il Paese e di diventare una mera struttura di servizio del governo, distruggendo così la separazione dei poteri. Il Presidente della Repubblica sarebbe ridotto ad un ruolo notarile e rischierebbe di perdere la funzione di arbitro e garante. Di fronte a tutto questo anche noi – come la Senatrice – non possiamo e non vogliamo tacere. Facciamo appello a tutte le forze politiche affinché prevalga l’interesse generale, si ascoltino gli allarmi che autorevolmente sono stati lanciati e si prevengano i pericoli. Finché siamo in tempo.

pubblicato anche su volerelaluna

 

Agroecologia, è tempo di convergenza per la trasformazione dei sistemi alimentari. Una nuova soggettivazione costituita da “contadine, agronomi, ricercatrici, esponenti di empori solidali, GAS e CSA, attiviste per i diritti dei braccianti e dei movimenti per la giustizia climatica… e l’elenco potrebbe continuare!”

In continuità con la Conferenza Contadina “Cambiare il campo” nel marzo di quest’anno, lo scorso fine settimana a Roma, alla Città dell’Altra Economia, si è tenuto un incontro per discutere su come  rendere operativa la proposta organizzativa emersa dalla precedente assise, dando così “continuità al percorso di convergenza agroecologica e sociale”. In tal senso il Collettivo promotore della Conferenza si era assunto il compito di rielaborare le idee e tradurle “in una proposta concreta politica” con l’obiettivo di creare “uno spazio collettivo per attuare una profonda trasformazione dei sistemi alimentari”

Vogliamo promuovere alleanze, campagne e azioni condivise tra i diversi attori che costruiscono quotidianamente alternative al sistema agroalimentare industriale, costruire una voce comune a supporto delle lotte per l’agroecologia e la sovranità alimentare, rafforzare e favorire la circolazione di cultura, narrazioni e conoscenze agroecologiche, garantire la continuità e l’efficacia dell’azione politica e sociale. “Cambiare il Campo!” si muoverà sempre in un’ottica di convergenza per valorizzare e rafforzare la biodiversità politica e culturale, interagendo in modo efficace ed innovativo con le realtà collettive esistenti senza sovrapposizioni. Abbiamo immaginato un’articolazione basata sull’interazione tra Connettivo, Gruppi di Lavoro, e Assemblea delle attiviste e degli attivisti. Al “Connettivo“ spetta il compito di armonizzare la proposta politica complessiva in linea con le proposte provenienti dai Gruppi di Lavoro. Nei “Gruppi di Lavoro” le attiviste e gli attivisti avviano e realizzano progetti e campagne, costruiscono gli strumenti operativi per l’iniziativa politica e i percorsi concreti in cui si articola la convergenza. La “Assemblea nazionale delle attiviste e degli attivisti” si riunisce periodicamente per il bilancio dell’andamento del percorso collettivo e per definire gli indirizzi politici e operativi. Per raggiungere questi traguardi è fondamentale ripensare e ricostruire la politica come attività democratica, condivisa ed inclusiva che permetta di immaginare e sperimentare modelli sociali, relazionali ed economici fondati sull’inscindibile nesso tra giustizia sociale e transizione ecologica. In questo contesto nessuno spazio deve essere lasciato ad atteggiamenti sessisti, razzisti, omotransfobici e, più in generale, discriminatori: servirà grande attenzione alla cura delle relazioni, all’equilibrata distribuzione del potere e alla democraticità dei processi decisionali. Perciò proponiamo modalità decisionali basate sul consenso/assenso e suggeriamo di attuare la facilitazione come metodo per la gestione dei momenti collettivi e la risoluzione dei conflitti.

Se vuoi entrare nel dettaglio della proposta per ciascuna componente di Cambiare il Campo e le relazioni tra di esse leggi qui lo schema completo della proposta e le schede sintetiche.

 

Stop Racism, Not the Game. Storie e pratiche di antirazzismo nel mondo dello sport di base

Di questo che si parlerà Lunedì 24 Giugno dalle 19.00 al Parco del Torrione in via Prenestina 73

L’iniziativa si articolerà in tre momenti. La prima parte sarà dedicata alle vere e proprie storie, alla condivisione di pratiche che realtà sportive del territorio e non solo hanno trovato per affrontare il razzismo nel mondo dello sport. Saranno presenti le esperienze di sport popolare con Roberto Viviani di Lokomotiv Prenestino e Antonello Azarà di Atletico San Lorenzo, interverrà anche Margherita Lodoli di Campo Libero, realtà nata in seno all’esperienza dell’associazione di genitori della Toti la scuola primaria situata nel cuore del pigneto. A dare ulteriori spunti ci sarà il Comi con il presidente Paolo Naggar ed Elisa Nucci, infine l’esperienza diretta di John Micciulla, pallanuotista Rari Nantes Roma Vis Nova. La seconda e la terza parte dell’evento sono dedicate all’aggregazione e alla socialità con un torneo di biliardino antirazzista, a cui ci si potrà iscrivere direttamente durante l’evento, e alle nove ci sarà la proiezione della partita del Campionato Europeo Italia – Croazia. L’evento si svolge nell’ambito del progetto europeo Monitora, coordinato da Lunaria APS e 6 partner europei, supportato dal programma Erasmus +.

per info.cronachediordinariorazzismo

 

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