Giudizio immediato per la giovane attivista curda per i diritti umani, accusata di essere una “scafista”

Non si intravedono spiragli di libertà per Maysoon Majidi1. Si aggravano di giorno in giorno le condizioni di salute e la situazione giudiziaria della giovane attivista, reporter e videomaker curda, arrestata con la demenziale accusa di essere una “scafista“, dopo essere sbarcata, insieme ad altre 77 persone migranti, lo scorso 31 dicembre, proprio a poca distanza dal tratto di costa calabrese in cui nella notte tra il 25 e 26 febbraio 2023 si verificò la strage di Cutro che provocò la morte di 94 esseri umani, di cui 34 bambini.

Maysoon è sopravvissuta al viaggio, ma rischia di soccombere dinanzi all’arbitrio penale che sorregge il decreto approvato dal governo Meloni dopo il naufragio di Cutro.

Lo scorso 11 giugno, il giudice di Crotone ha accolto la richiesta avanzata dal pubblico ministero: il prossimo 24 luglio Maysoon Majidi sarà processata con giudizio immediato. Contro di lei, le presunte prove consistono nei verbali redatti dalla Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza e nell’esame del suo telefono cellulare. Sabato scorso, il GIP ha respinto l’istanza che il suo legale aveva presentato per ottenere un supporto psicologico in carcere.

«La ragazza è indignata dal semplice fatto di essere definita scafista, lei che ha speso i 28 anni della sua giovane vita per azioni solidali e per la difesa dei principi di libertà e democrazia», spiega l’avvocato Giancarlo Liberati. In caso di espulsione, rischierebbe il rimpatrio in Iran dove essendo considerata un’oppositrice del regime, potrebbe subire torture ed essere condannata a morte.

La condizione di Maysoon è comune a centinaia di altre persone recluse nelle carceri italiane. Le politiche introdotte dall’attuale governo hanno trasformato le procedure di soccorso nel teatro di un presunto crimine. Al momento dello sbarco, gli agenti impegnati identificano i profughi in funzione della caccia allo scafista. E come spesso accade nelle operazioni di intelligence sui delitti comuni, nell’impossibilità di individuare il reo, lo si può anche inventare.

È considerato sospetto qualsiasi comportamento riconducibile alla volontà di sottrarsi ai controlli, è recepita ogni minima delazione da parte degli altri disperati passeggeri di questi viaggi sul crinale dell’impossibile, nonostante tali segnalazioni non siano poi confermate nelle aule di giustizia.

In sostanza, gli investigatori interpretano casi come quello di Maysoon in base a “criteri” riguardanti indagini su fatti criminosi tipici del nostro mondo, mentre questo dramma trae origine in luoghi e mari privi di qualsiasi forma di razionalità giuridica e applicazione del Diritto.

Intanto cresce la mobilitazione in sostegno di Maysoon2. Si svolgono un po’ ovunque, in Calabria, pubblici dibattiti e proiezioni dei film in cui la ragazza, prima di sbarcare in Italia, ha recitato o avuto un ruolo di sceneggiatrice. Diversi parlamentari e il consigliere regionale Ferdinando Laghi si stanno recando spesso nel carcere di Castrovillari per incontrare Maysoon. L’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione monitora in continuazione la sua vicenda. L’organizzazione umanitaria Sea Watch è in procinto di inserirla nella campagna contro la criminalizzazione dei conducenti di barche.

Bisognerà attendere comunque il prossimo 24 luglio per sapere se l’ennesima barbarie sarà celebrata nei tribunali di questo Stato. Con la speranza che Maysoon incontri un giudice. A volte accade.

 

1 In Italia come in Iran: liberare Maysoon, Claudio Dionesalvi – Il Manifesto (9 giugno 2024)

2La pagina Free Maysoon Majidi

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