Esiste uno stretto legame tra l’obiezione di coscienza al servizio militare e le attività umanitarie dei Corpi civili di pace. Se n’è discusso in due incontri svoltisi a Roma nell’ambito della terza edizione di Eirenefest, il festival del libro per la pace e la nonviolenza.

Il primo incontro è stato coordinato da Fabrizio Ferraro, Presidente di CESC Project ed esperto di Servizio Civile Universale. Alla tavola rotonda, unitamente ai giovani redattori di appuntidipace, hanno preso parte due obiettori “storici”, Claudio Pozzi e Mario Pizzola, e il federalista Giorgio Montani. 

Claudio Pozzi ha dato vita nel 1972, insieme ad altri giovani obiettori, al secondo rifiuto collettivo del servizio militare ed ha raccontato le motivazioni che lo indussero a questa scelta e la sua esperienza del carcere militare di Gaeta nel libro “Uno spicchio di cielo dietro le sbarre”, Centro Gandhi edizioni; Pozzi, artigiano del cuoio e laureato in Scienze per la Pace presso l’Università di Pisa, è anche l’ideatore del sito www.obiezionedicoscienza.org che, dopo aver gestito direttamente per alcuni anni, è ora curato dal CESC Project. “L’idea del sito – ha spiegato Pozzi – è nata dalla esigenza di raccogliere le testimonianze di quanti, pagando di persona, contribuirono   a far crescere nel nostro Paese il movimento degli obiettori di coscienza che nel dicembre del 1972 portò al riconoscimento giuridico dell’obiezione e alla nascita del Servizio Civile. E’ un patrimonio di testimonianze che non può andare disperso ma che è doveroso trasmettere ai giovani di oggi e alle future generazioni affinché sia da stimolo, soprattutto in un periodo così buio come l’attuale, per costruire un mondo basato sui valori della pace, della fratellanza universale e della lotta nonviolenta ad ogni forma di militarismo e nazionalismo”. 

Mario Pizzola a vent’anni aderì al Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e nel 1971 ha attuato, con altri sette giovani chiamati alle armi, la prima obiezione di coscienza collettiva. Nel 2023 ha pubblicato, presso la casa editrice Multimage, il libro “La sporca pace” nel quale ripercorre le tappe della sua attività antimilitarista unitamente al diario scritto nella fortezza militare di Peschiera del Garda. “Ieri come oggi – ha detto Pizzola – il potere costituito dipinge i pacifisti come traditori della Patria e quinte colonne del nemico. In realtà proprio l’idea del “nemico” e la disumanizzazione dell’altro è funzionale per tenere in piedi ed alimentare enormi apparati militari che, a causa della follia di pochi capi di Stato, rischiano di precipitare l’umanità in una nuova terribile guerra mondiale. Potenti lobby come quella militare-industriale e quella dell’energia condizionano pesantemente le scelte dei governi. Le due maggiori minacce sono la guerra e il cambiamento climatico i cui effetti provocheranno enormi migrazioni di massa che a loro volta daranno luogo a nuovi micidiali conflitti. Fare pace tra gli esseri umani e fare pace con la natura sono le due grandi sfide alle quali tutti siamo chiamati”. 

Guido Montani è stato presidente del Movimento Federalista Europeo ed è professore di Politica Economica Internazionale all’Università di Pavia. La sua più recente pubblicazione è il libro “Antropocene, nazionalismo e cosmopolitismo”, Mimesis Edizioni. “Obiezione di coscienza, ecopacifismo e federalismo sono aspetti diversi di un unico impegno culturale e politico – ha affermato Montani -; noi federalisti intendiamo il pacifismo come condanna della violenza legalizzata degli Stati nazionali e primo passo verso la federazione mondiale e verso l’abolizione della guerra tra Stati sovrani. Oggi i movimenti ecopacifisti dovrebbero battersi per affermare il diritto di non uccidere come via maestra verso la pacificazione internazionale, un diritto che deve essere incluso nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La salvaguardia del Pianeta è un bene pubblico globale perché il saccheggio della natura può provocare catastrofi paragonabili a quelle di una guerra nucleare.  Per poter realizzare il disarmo universale è necessario giungere ad una legislazione mondiale che regoli le controversie tra Stati sulla base di una Corte di Giustizia mondiale e di una forza di polizia sovranazionale che faccia rispettare le sentenze della Corte”. 

Il secondo incontro è stato coordinato da Rossano Salvatore, Vicepresidente di CESC Project e formatore in corsi per obiettori di coscienza, operatori del servizio civile e dei Corpi civili di pace. 

Nella prima parte è stato presentato il libro, edito da IRIAD, Archivio Disarmo, “Il coraggio della pace, 50 anni di nonviolenza e di diritti civili”. “Il libro – hanno spiegato due dei tre autori presenti, Andrea Pantarelli e Alessandro Ricci (il terzo è Giovanni Esperti) – ripercorre i passaggi fondamentali che hanno portato nel 1972 allo storico evento del riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza. Entrambe le culture pacifiste e antimilitariste, quella “etica” e quella “politica”, condividevano lo stesso fine, ovvero la contestazione del ruolo delle forze armate non solo come strumenti di guerra ma anche come strutture di condizionamento e di ostacolo ad un vero sviluppo della società civile. Grazie alla legge 772/1972 è potuta iniziare l’esperienza del Servizio civile sostitutivo da cui, tre decenni dopo, sarebbe scaturito l’attuale Servizio Civile Universale. Il libro ha come obiettivo quello di far conoscere vicende apparentemente lontane nel tempo ma strettamente connesse al Servizio Civile Universale, che dovrà svilupparsi secondo una visione strategica e una solida struttura europea come impegno concreto per il disarmo e per una pace oggi sempre più minacciata”. 

Nella seconda parte sono state presentate alcune esperienze in corso dei Corpi civili di pace. Essi sono un importante mezzo di impegno civile, non armato e nonviolento il cui scopo è l’attuazione della diplomazia dei popoli, la promozione dei diritti umani e della pace, la tutela dell’ambiente e la prevenzione e il contrasto della guerra. Istituiti con la legge n. 147 del 27 dicembre 2013, ma il cui decreto attuativo è stato emanato solo nel 2015, le attività dei Corpi civili di pace si esplicano in due aree di intervento, quelle di conflitto o a rischio di conflitto e quelle di emergenza ambientale. Dal 2016, cioè da quando è iniziata la sperimentazione, sono stati impiegati nei Corpi civili di pace 389 giovani volontari ed entro quest’estate è previsto un nuovo bando per circa 100 volontari. Gli operatori del CESC Project fino al periodo pre Covid hanno svolto le loro attività nel Nord dell’Equador in un progetto sui diritti umani di assistenza con i rifugiati colombiani e venezuelani, in Tanzania per i diritti delle persone con disabilità e in Argentina sui diritti umani e salute mentale. 

Dal 16 ottobre scorso il CESC Project ha 6 operatori in Argentina di cui 4 sui diritti umani e memoria del periodo della dittatura e 2 sui diritti delle persone disabili; in Mozambico vi sono 2 operatori sui conflitti ambientali nel campo dell’agricoltura intensiva; 2 in Ruanda e 4 in Tanzania per i diritti delle persone disabili; 20 giovani invece operano in Equador, 6 di essi sono impegnati sul rispetto dei diritti umani dei rifugiati colombiani e venezuelani e 14 sui conflitti ambientali nella zona andina e contro l’estrattivismo nella foresta amazzonica. All’evento di Eirenefest sono intervenuti in collegamento da remoto Sara e Alison dall’Equador che hanno parlato della loro esperienza nell’ambito del progetto “In difesa della terra madre: supporto alle popolazioni vittime di emergenza ambientale e del cambiamento climatico”; dall’Argentina, invece, si sono collegati Ylenia, Eleonora, Giulia e Marco che hanno riferito in merito al lavoro che stanno svolgendo sulla memoria storica dei desaparecidos durante la dittatura militare, in attuazione del progetto denominato “Nunca mas per una educazione alla pace e alla memoria in Argentina”. L’auspicio è che le attività dei Corpi civili di pace possano continuare ad essere finanziate con fondi che vadano ben oltre i tre milioni di euro impegnati finora e che vengano estese fino a comprendere la preparazione alla Difesa popolare nonviolenta come valida alternativa alla guerra.