Secondo la “fotografia” scattata dal Ministero della Salute e riportata nell’Annuario Statistico del SSN 2022, in Italia i Pediatri di libera scelta (PLS) nel 2022 in attività erano 6.962, ovvero 446 in meno rispetto al 2019 (-6%). Inoltre, i PLS con oltre 23 anni di specializzazione sono passati dal 39% nel 2009 al 79% nel 2022. E’ quanto evidenzia la Fondazione GIMBE, che se da un lato documenta una crescente anzianità dei PLS in attività, dall’altro lancia l’allarme su un’assistenza pediatrica territoriale che si avvia verso il baratro. Secondo le rilevazioni della Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati (SISAC), al 1° gennaio 2023, 6.681 PLS avevano in carico quasi 6 milioni di iscritti, di cui il 42,5% (2,55 milioni) della fascia 0-5 anni e il 57,5% (3,45 milioni) della fascia 6-13 anni. Ovvero l’81,8% della popolazione ISTAT al 1° gennaio 2023 di età 6-13 anni risulta assistita dai PLS, con percentuali molto diverse tra le Regioni: dal 95,9% della Liguria al 60,3% della Sardegna. In termini assoluti, la media nazionale è di 898 assistiti per PLS: superano la media di 880 assistiti (massimale di assistiti senza deroghe) 12 Regioni, di cui Piemonte (1.108), Valle d’Aosta (1.047), Provincia Autonoma di Bolzano (1.026) e Veneto (1.011) vanno oltre la media di 1.000 assistiti per PLS.
“In realtà – precisa il presidente di GIMBE, Nino Cartabellotta – lo scenario è più critico di quanto lasciano trasparire i numeri, perché con un tale livello di saturazione non solo viene ostacolato il principio della libera scelta, ma in alcune Regioni diventa impossibile trovare disponibilità di PLS sia nelle aree interne o disagiate, sia vicino casa nelle grandi città.” La Fondazione GIMBE, ritenendo accettabile un rapporto di 1 PLS ogni 800 assistiti (valore medio tra il rapporto ottimale di 600 e il massimale con deroga di 1.000) e utilizzando le rilevazioni SISAC al 1° gennaio 2023, stima una carenza di 827 PLS, con notevoli differenze regionali: il 62% delle carenze si concentra in sole 3 grandi Regioni del Nord: Lombardia (244), Piemonte (136), Veneto (134); mentre in 4 Regioni (Lazio, Molise, Puglia e Umbria) non si rileva alcuna carenza visto che la media di assistiti per PLS è inferiore a 800.
Serve innanzitutto un’adeguata programmazione del fabbisogno che richiede – secondo la Fondazione GIMBE– tre elementi: ridefinire la fascia di età di esclusiva competenza dei PLS, disporre di stime accurate sul numero di pediatri che intraprendono la carriera di PLS e, nel medio e lungo periodo, considerare il fenomeno della denatalità. Servono inoltre l’adozione di modelli organizzativi che promuovano il lavoro in team, l’effettiva realizzazione della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR (Case di comunità, Ospedali di Comunità, assistenza domiciliare, telemedicina), accordi sindacali in linea con il ricambio generazionale e la distribuzione capillare dei PLS, come indicato negli stessi atti di indirizzo. Perché guardando ai pensionamenti attesi, non è affatto certo che nei prossimi anni i nuovi PLS saranno sufficienti a garantire il ricambio generazionale, con l’inevitabile acuirsi della carenza in alcune Regioni.
E a mancare sono anche gli Infermieri, che in alcune regioni arrivano ad avere una media di 12-13 pazienti in gestione: una media che va ben oltre quella che può essere definita come una sanità di qualità. Secondo l’indagine del Sindacato Infermieri Italiani Nursing Up, si rischia il taglio di almeno il 10% dei posti letto a causa dei deficit di organico e molti reparti potrebbero essere accorpati se non addirittura chiusi. In pericolo le aree di emergenza-urgenza: si prevede almeno il 30% in più di afflusso dei pazienti nei pronto soccorsi, che non sarà assolutamente gestibile dal personale presente nelle strutture sanitarie da Nord a Sud. “Lombardia e Campania, da giugno in poi, è l’allarme che lancia Nursing Up, saranno senza dubbio alcuno, le due principali regioni dove si annuncia “una estate davvero rovente” per i nostri professionisti dell’area non medica, in particolar modo per la precaria situazione dei pronto soccorsi e, naturalmente anche per gli altri reparti di emergenza-urgenza, laddove occorrerebbero inserimenti immediati di professionisti, che inevitabilmente vengono a mancare all’appello tra realtà concorsuali che finiscono il più delle volte deserte per le magre offerte economiche, e un piano di assunzioni decisamente deficitario per via delle lacunose politiche regionali.”
In questo momento, evidenzia il Sindacato degli Infermieri, nell’occhio del ciclone, ci sono realtà come l’ASST di Lecco, quotidianamente alle prese con la fuga di professionisti verso la Svizzera (che paga almeno il doppio di quanto percepisce un infermiere in Italia). L’azienda sanitaria lecchese avrebbe una necessità immediata di 400 infermieri. Scendendo al sud, vi è invece la situazione della Campania, dove accanto alle croniche emergenze di realtà da sempre in difficoltà come il Cardarelli, emergono situazioni a dir poco “esplosive” come quelle dell’Ospedale dal Mare, tra i principali pronto soccorsi cittadini, alle prese con un surplus di pazienti che già dal mese di marzo è ingestibile per i pochi infermieri “rimasti in trincea”. Un’emergenza, ormai perenne, che rischia di aggravarsi ulteriormente.
Si annuncia all’orizzonte una nuova estate caldissima per i servizi sanitari, mentre il nostro SSN va sempre più a picco.