Dal 30 novembre all’11 dicembre 2015 si terrà a Parigi la 21° Conferenza delle Parti dell’ONU sui Cambiamenti Climatici. Si tratta di un’importante occasione per rimettere al centro dell’agenda politica nazionale e internazionale i temi che riguardano il modello di gestione delle risorse, la tutela ambientale, i diritti delle comunità, la difesa dei beni comuni e, più in generale, il sistema economico.
Come movimento per l’acqua siamo interessati a contribuire al dibattito e al percorso di avvicinamento a questo importante appuntamento.
Siamo consapevoli che la concomitanza di diversi fattori (quali il ricaldamento globale, la caratteristica intrinseca dell’acqua di essere risorsa vitale ripartita in modo ineguale sul nostro pianeta, la rapida crescita demografica mondiale, l’incremento dei consumi, i pericolosi nazionalismi, l’essere diventato fattore economico determinante) ha fatto sì che l’acqua sia e sarà sempre più scarsa e, quindi, obiettivo della politica nazionale e internazionale.
Siamo anche consapevoli che la crisi idrica globale nasce da una scarsità “man-made” della risorsa acqua: una scarsità prodotta dall’uomo e dal sistema economico, alterando il ciclo idrico e l’integrità degli ecosistemi. Per citare V. Shiva: “la crisi dell’acqua è una crisi ecologica che ha cause commerciali ma non soluzioni di mercato” (Le guerre dell’acqua – 2002).
E’ proprio nel momento in cui l’acqua diviene “scarsa” che ancor di più si concentrano su di essa le attenzioni del mercato, trasformandola così da bene comune a bene commerciabile.
Da un certo punto di vista, l’acqua mondiale è come la ricchezza mondiale: in termini globali è più che sufficiente, ma alcuni paesi ne dispongono in quantità ben maggiori rispetto ad altri, con una disponibilità procapite annua ben più alta dei 1700 metri cubi definiti come quantità minima necessaria per produrre cibo, sostenere le industrie e conservare l’ambiente.
La scarsità di questo bene, insieme alla sua mercificazione, sta provocando e genererà sempre più l’esclusione dalla possibilità di accedervi per centinaia di milioni di persone con conseguenti migrazioni di proporzioni imprevedibili. Inoltre, guerre e conflitti per l’acqua si sono succeduti ad un ritmo sempre più incessante nel secolo scorso e si avviano a contraddistinguere ancor più questo secolo. In questi conflitti l’acqua viene utilizzata come strumento bellico, di pressione-oppressione e di potere.
Intanto il processo di riscaldamento globale e del mare in atto sta influenzando, accelerando e intensificando, i meccanismi di evaporazione e precipitazioni, con una conseguente maggior violenza e minore prevedibilità del ciclo idrico, come dimostrano i catastrofici eventi che sempre più spesso accadono anche nel nostro paese.
Diversi studi dimostrano che, se questo processo non si arresta, le zone aride diventeranno più aride e quelle umide diventeranno più umide, con importanti conseguenze per la distribuzione della produzione agricola, in particolare nei paesi del Sud del mondo e con un peggioramento delle disuguaglianze sociali e un maggiore degrado ambientale. La risposta che su questo saprà dare la comunità internazionale determinerà le prospettive per le generazioni di oggi e per quelle future.
Il tema dei cambiamenti climatici è strettamente connesso alle battaglie in difesa del territorio che si stanno giocando anche nel nostro paese. A partire dai conflitti sociali innescati dal decreto Sblocca Italia, il quale costruisce un piano complessivo di aggressione ai beni comuni tramite il rilancio delle grandi opere, misure per favorire la dismissione del patrimonio pubblico, l’incenerimento dei rifiuti, nuove perforazioni per la ricerca di idrocarburi e la costruzione di gasdotti, oltre a deregolamentare la procedura delle bonifiche e rilanciare la privatizzazione dell’acqua.
In generale la devastazione e il saccheggio ambientale sono fattori su cui si regge il sistema economico dominante. Tutto ciò è quanto mai evidente nella pressione lobbistica nel corso dei negoziati per il TTIP (Trattato di Partenariato Transatlantico su commercio e Investimenti) in favore delle tecniche estrattive non convenzionali, degli OGM, delle privatizzazioni, delle fonti fossili.
D’altra parte non possiamo che concordare con quanto affermato da Via Campesina Internazionale, ovvero che il sistema alimentare globale imposto dalle multinazionali, cosiddetto “agrobusiness” è una delle principali cause della crisi climatica, un sistema alimentare dipendente dai combustibili fossili e responsabile del 44-57% di tutte le emissioni globali di gas serra.
La produzione di cibo industriale dell’agrobusiness pratica un uso intensivo della terra e dell’acqua, incluso il massiccio utilizzo di input chimici e pesticidi che avvelena e aridifica il suolo e l’acqua; di conseguenza il suolo non è più in grado di trattenere e metabolizzare l’enorme quantità di gas serra che contiene, così come non riesce a trattenere l’acqua.
Nella lotta per mantenere e ridare la fertilità al suolo c’è la base per un’alleanza tra i movimenti dell’acqua e della terra.
Agrobusiness e idrobusiness sono i grandi nemici della natura e dell’umanità, sono ormai grandi alleati nell’accaparramento di terra e acqua, il water-land grabbing, soprattutto delle terre ricche di risorse dell’Africa, America Latina e Asia.
Come movimento per l’acqua intendiamo ribadire l’irrinunciabilità e l’urgenza di un cambiamento del sistema economico, produttivo e sociale rimettendo al centro la tutela e gestione partecipativa dei beni comuni.
Per queste ragioni come movimento per l’acqua riteniamo sia utile e importante ragionare e collaborare con altri movimenti e realtà sociali verso e oltre l’appuntamento di Parigi.