A Palermo, come in centinaia di altre città nel mondo, ieri 15 maggio si è commemorata la Nakba, lo sterminio dei Palestinesi iniziato nel 1948 e non ancora concluso.

La manifestazione, intensa e suggestiva, voluta dall’Associazione Palestina nel Cuore Sicilia, cui ha partecipato anche l’altra organizzazione presente in città, Voci dal Silenzio, ha visto la presenza di Amnesty International, dell’Assemblea No Guerra, del Laboratorio A. Ballarò, de Le Radici del Sindacato – CGIL, di Pressenza nazionale e degli studenti protagonisti della acampada nel parco della cittadella universitaria.

L’Intifada Studentesca, che si oppone agli accordi per il finanziamento di progetti militari tra Ateneo, Leonardo spa e governo di Israele, ha raggiunto la piana a mare dopo un lungo corteo e un incontro con il Rettore, disponibile al dialogo specie dopo che diversi professori si sono dichiarati solidali con i ragazzi.

Il luogo scelto per l’iniziativa è stato la Marina, un vastissimo prato che si sciorina per qualche chilometro davanti al mare e ha alle spalle Porta Felice, il quartiere arabo della Kalsa, alcuni palazzi storici e le mura delle Cattive, “passeggiata” un tempo delle prigioniere condotte al palazzo dell’Inquisizione, lo Steri, e ora aperta a tutti.

Il lungomare Arafat, come è stato ribattezzato il posto, è da sempre caro ai cittadini musulmani di Palermo, che qui vengono a salutare il sole in preghiera alla fine del Ramadan, con danze e canti.
Sul prato si sono succeduti numerosi interventi, ma il più toccante è stato quello di una giovane palestinese che ha raccontato, senza riuscire a trattenere i singhiozzi, di aver perso a Gaza una sorella, studentessa in medicina, e di sapere il resto della sua famiglia affamata e in pericolo.

Nel frattempo, i bambini agitavano bandiere palestinesi e nel cielo volavano aquiloni in forma di grandi uccelli multicolore, verdi bianchi neri e rossi.

Il pomeriggio si è concluso con una cerimonia commovente. Tutti gli intervenuti si sono disposti in un duplice cerchio tenendosi per mano e sono poi sfilati per disporsi in un’unica lunghissima fila davanti al mare che, idealmente, riuniva le coste siciliane a quelle palestinesi.

Qui hanno osservato cinque minuti di raccoglimento in silenzio, visualizzando un volto, un’immagine o un oggetto che raffigurasse un aiuto da inviare al popolo perseguitato. Quindi, sempre per mano, la catena umana è ritornata sul prato a ricomporre i due cerchi, per cantare una dolcissima e tristissima nenia di solidarietà e di conforto.
Intanto, alle spalle del raduno, tramontava un sole pallido e stormi di passa tagliavano le nuvole lanciando richiami.