“Un Nuovo Umanesimo per una Nuova Civiltà”: Alessandro Haag, “Appassionato di filosofia e storia delle religioni, meditazione Zen e giochi di ruolo, ha scritto nel 2005 il libro Fisica LIsergica, una guida per riscoprire i legami, non episodici e non superficiali, tra le conquiste della Fisica teorica e quel che è stato affermato nel corso della rivoluzione psichedelica degli anni sessanta e in particolare dallo psicologo e dal moderno ierofante Timothy Leary.” La sua esposizione si intitola “la rappresentazione del tempo nel mondo Greco Antico e nella fisica moderna: similitudini, differenze e riflessioni”.
Un nuovo Umanesimo per una Nuova civiltà: un titolo opportuno in questo momento storico?
E’ indubbio che da (troppi) anni l’intero sistema occidentale, culturale, politico e sociale, che per colpa o per ragione si è posto come sistema leader nel mondo contemporaneo, sia entrato in crisi.
Quello che sta accadendo di fronte e intorno a noi ogni giorno lo dimostra e l’unico modo per uscire da un modello fallimentare (senza giudizio etico sui motivi di questo fallimento) è proporre un nuovo modello che si propone di riuscire laddove il precedente è fallito.
Così agisce il metodo scientifico e così ha “vinto” ogni lotta che si è trovato ad affrontare: ogni modello raggiunge i suoi limiti, è intrinseco alla stessa definizione di modello, ed è giusto così.
L’uomo ha queste pulsione naturale e interiore di superare i limiti di giungere oltre: verso appunto un nuovo tipo di civiltà e per farlo deve rivedere il concetto di uomo, il suo posizionamento interno e esterno. Quindi sì, un titolo opportuno in questo momento storico.
Che cosa, la fisica moderna, recupera dalle concezioni fisiche del mondo antico greco e cosa supera per lanciarsi in una direzione evolutiva ?
Secondo me la Natura non parla un solo linguaggio, ma vista la sua complessità e le sue infinite sfaccettature, Essa parla un’infinità di linguaggi, che sono solo il modo con il quale l’Uomo tenta di comunicare con Essa, di spiegarLa, di mapparLa. L’evoluzione alla quale lei accenna, questa spinta evolutiva, non è altro che dire in modo nuovo quello che l’uomo ha percepito della Natura nei suoi diversi momenti storici e culturali, senza dimenticare le informazioni del passato, senza sostituirle, ma affiandonle con quelle nuove.
L’antichità in genere e il mondo greco senza eccezione esprimeva la meraviglia della Natura tramite il Mito e in esso un ruolo importante lo aveva il Tempo, come espressione del mito stesso, del suo rapporto con la storia e con la dimensione umana. La ciclicità degli eventi mitici, il collocarli fuori dal tempo, dava a quest’ultimo un aspetto che nell’esperienza umana mancava: per noi il tempo va solo “avanti”, non torna indietro, non si avvolge su se stesso. Nel mito questo anello temporale introduce una visione geometrica della componente temporale che è molto vicina a quella introdotta dalla fisica nei primi anni del ‘900, a seguito della grande rivoluzione della Relatività. Dove arriva la Fisica Moderna? Difficile esprimerlo a parole, senza le sue formule, ma in modo colloquiale, la Fisica arriva a concepire dimensioni, spaziali e temporali, che si riavvolgono su loro stesse,
divenendo difficili da percepire ma sempre presenti. E’ questo che mi ha spinto, in modo forse un po’ fantasioso, sicuramente non rigoroso, a proporre un piccola riflessione comparativa fra il Tempo del Mito e quello della Fisica.
Nel suo abstract fa riferimento ad un tempo a “spirale”.Ci può anticipare qualcosa di questa sua visione?
C’è un concetto matematico molto interessante e assai noto: è l’integrale in campo complesso, che si differenzia dal tradizionale integrale (in campo reale) perché agisce appunto in ambito nei numeri complessi, trattando quindi l’unità immaginaria “i” che forma i numeri complessi. Bene, quando un integrale complesso “fa il giro” intorno all’unità “i” esso è come se cambiasse piano di riferimento per il calcolo dell’integrale… anche qui, un grafico renderebbe tutto più chiaro, come questa superficie di Riemann, che mostra come ad ogni “giro” la superficie “sale di livello”
http://s0.wdstatic.com/images/it/ll/0/0c/Superficie_di_Riemann_1.gif
Accanto a questo concetto squisitamente matematico, ho affiancato, sempre nel senso di analogie e fantasie speculative, senza alcune ambizione scientifica, i moderni concetti cosmologici degli universi a bolle, ovvero universi che nascono dalla diversa espansione dello spazio e del tempo, e il concetto di espansione/contrazione infinita, che riporterebbe ogni universo alla sua espansione iniziale, come un palloncino che si sgonfia, e verso una nuova bolla. Il tempo quindi sarebbe come una spirale, che si estende, poi si riavvolge su stesso, poi, in una nuova bolla, ovvero un nuovo piano di esistenza, si riespande di nuovo… una spirale infinita…
– Fisica teorica e psichedelia, due mondi che comunicano anche se, al comune mortale, sembrano distanti: possiamo approfondirne i legami?
La Psiconalisi americana degli anni 60 inizia a fare uso di LSD per studiare “stati alterati” di coscienza e questo a opera di Timothy Leary.
Questi studi portano a sostenere la seguente tesi: il cervello umano possiede dei recettori che interpretano le informazioni che ci sono nella realtà. La realtà si forma nell’azione di questi recettori, quindi la realtà non è oggettiva ma dipende da quali recettori sono attivi e quali no (nel cervello umano Leary individua qualcosa come una trentina di recettori sensibili alle sostanze naturali di origine vegetale). La realtà oggettiva non esiste: esiste solo una realtà soggettiva, nata dall’azione tra soggetto (recettore) e informazione (realtà).
Passiamo ora alla fisica. La fisica del ‘900 ha dovuto abbattere un pilastro logico fondamentale fino ad allora per poter andare avanti: si tratta del principio del terzo escluso di Aristotele che sostiene
che un’affermazione (logica, quindi anche matematica/fisica) o è vera o è falsa. Non c’è una terza
strada.
Partendo da fenomeni come la radiazione di corpo nero e l’effetto fotoelettrico, personalità come Einstein e Plank (due mostri sacri della fisica) hanno detto che le onde (luce) possono essere anche
particelle (fotoni) e che le particelle (elettroni) possono comportarsi come le onde. Quindi non vale più il principio del terzo escluso: ogni cosa è sia un’onda che una particella.
Altro concetto che la fisica ha dovuto rivalutare nel 900 è la misura: prima la misura di una grandezza fisica era un processo “oggettivo”, ovvero chi misurava (il soggetto) non interagiva minimamente con cosa veniva misurato (l’oggetto). Questo non è più vero per le grandezze
microscopiche: immagina di voler saper dove è un elettrone. Potresti immaginare un specie di pistola che spara una particella verso l’elettrone e poi la riprende quando torna indietro, giusto? Un po’ come fanno gli oggetti che misurano la distanza con i laser, ti sarà capitato di vederli.. bene, il problema è che se mando una particella contro una particella avviene quello che si chiama urto elastico: come sul tavolo da biliardo, sia il pallino bianco (la mia particella sonda) che il pallino colpito rimbalzano via. Posso dire dove era il pallino nell’istante dell’urto, ma misurando la sua posizione ne ho variato lo stato, ovvero l’ho spinto da un’altra parte…
Quindi nella fisica del 900, la fisica del microscopico, il soggetto della misura influenza lo stato dell’oggetto della misura e questo non perchè non so costruire uno strumento di misura adatto, ma proprio concettualmente: la realtà stessa oggettiva non esiste, ma esiste solo quella soggettiva nata dall’interazione.
A questo poi si aggiunge il fatto che il modo di interagire degli oggetti/soggetti (ovvero della particelle, che per comodità i fisici hanno chiamato in altro modo, ovvero campi) cambia con l’energia che possiedono: questo è quello che dice la rinormalizzazione, cioè che il mondo cambia nel suo “aspetto”, inteso come interazione fra i suoi costituenti, man mano che l’energia varia, giungendo fino ad un livello incredibile di simmetria dove esiste un’unica entità interagente dalla
cui vibrazione nasce tutto l’universo.
E’ chiara quindi la vicinanza che ho notato fra le posizioni psicoanalitiche di Leary e quelle scientifiche della fisica del 900: la mancanza di una realtà oggettiva e immutabile.