II puntata del reportage di Vittorio Agnoletto dal Locarno Film Festival
SESSO E NON SOLO. QUANTO E’ DIFFICILE ESSERE GENITORE DI UN/UNA GIOVANE DISABILE
Dora ha diciott’anni, come tutti i coetanei è lanciata alla scoperta del mondo e quindi anche del sesso. Trova un giovane col quale sembra condividere i piaceri del corpo e la passione; ma Dora è una persona disabile psichica che ha appena interrotto l’assunzione di tranquillanti. Sua madre desidera intensamente un secondo figlio ma è Dora che rimane incinta. ” Dora o le Nevrosi Sessuali dei Nostri Genitori” è un film molto forte che affronta senza nessun moralismo una serie di temi estremamente complessi: qual’ è il confine tra le paure e il desiderio di protezione dei genitori verso un figlio disabile e l’aspirazione del giovane a sperimentare una vita sessuale ? fino a dove arriva il diritto all’autodeterminazione di un portatore di handicap ? Quanto può essere psicologicamente esplosivo, per una madre che ha dedicato gran parte della propria vita alla ricerca delle soluzioni migliori per la figlia disabile, scoprirsi di colpo gelosa verso le esperienze che la ragazza sta vivendo e che paradossalmente la vita sta negando proprio a lei ?
I ruoli si confondono, chi sembrava in equilibrio nella vita ora sbanda paurosamente e chi l’equilibrio non l’ha potuto mai avere ora sembra bearsi nella propria inconsapevole serenità. In un complesso rapporto madre/figlia amore e protezione rischiano di trasformarsi in rabbia ed invidia. Sullo sfondo le due figure maschili: l’amante di Dora, verso il quale lo spettatore non finisce mai di alternare sentimenti fra loro fortemente contrastanti, e il padre di Dora, prima in secondo piano e poi perno di una vita familiare sempre più instabile. Bravissima, nel difficilissimo ruolo di Dora, l’esordiente Victoria Schulz in un film che riesce spesso a far sorridere il pubblico, più volte posto di fronte a nevrosi che, nonostante l’eccezionalità della storia raccontata, riguardano il profondo di ciascuno.
“Genitori” è un documentario frutto della collaborazione tra il regista Alberto Fasulo e l’associazione Vivere Insieme di S. Vito al Tagliamento. Il film riprende quanto avviene all’interno di un gruppo di autoaiuto di genitori con figli portatori di handicap e consapevoli che “Quando un componente della famiglia è disabile, il rischio è che tutta la famiglia diventi una famiglia disabile”.
La paura del futuro, del dopo di me cosa accadrà? chi se ne occuperà? , la ricerca del lavoro, il senso di colpa, la difficile gestione della sessualità, il rischio che si sfaldi la propria coppia genitoriale, il complesso rapporto con gli altri figli, quelli “normali” oggi forse sacrificati nelle attenzioni quotidiane, se non negli affetti , e domani destinati, per sorte, ad occuparsi del fratello o della sorella invalida. Questi sono alcuni dei temi attorno ai quali si sviluppa una discussione, anche animata, nel gruppo di autoaiuto.
Un documentario nel quale le persone invalide non compaiono mai, seppure sono sempre al centro della scena; perché il merito fondamentale di Fasulo è stato proprio quello di centrare l’attenzione sui genitori, sui famigliari che di colpo si trovano ad affrontare una realtà alla quale nessuno li ha preparati, una vita molto diversa da quella che ognuno aspettava per se stesso; un’esistenza che d’ora in poi condurrai sempre restando un passo indietro, nella quale i tuoi desideri verranno sempre dopo o, più spesso, dovranno scomparire e non avere nemmeno il pudore di presentarsi: non è permesso, non posso permettermelo.
Non ci sono ricette prefabbricate, imparerei giorno dopo giorno, sbagliando e riprovando, quali sono i limiti delle diverse esistenze che convivono sotto lo stesso tetto in un rapporto, quello genitore/figlio destinato a rimanere asimmetrico a senso unico, a dispetto delle fisiologiche stagioni della vita. Imparerai attraverso il confronto con altri a cui la vita ha dato in sorte un destino simile, ascoltando i loro racconti, i loro pianti e l’eccitazione che celebra la conquista di una meta insperata. Sperimenterai la solitudine, i vuoti istituzionali, un welfare fatto troppo spesso di servizi difficili da raggiungere. Litigherai sulla vita sentimentale e sessuale dei tuoi figli: chi chiede l’intervento chirurgico per evitare gravidanze, chi racconta di fidanzati immaginari, chi pensa al sesso a pagamento e chi racconta storie d’amore forse a te incomprensibili, ma che sanno comunque regalare momenti di felicità.
E mentre discuti e ti accalori pian piano diventi consapevole di quanto sia difficile evitare che anche dentro di te prevalgano pregiudizi e paure.
La speranza è che queste due pellicole, seppure molto diverse fra loro, una fiction e un documentario, trovino ambedue un distributore in grado di farle arrivare in contatto con il grande pubblico. Se dovessero restare a disposizione solo dei critici cinematografici e di coloro che già vivono sulla loro pelle questi temi, la società avrebbe perso una significativa occasione per crescere nella propria coscienza civile.
MORIRE GIOCANDO
” Vivere alla grande” è un film inchiesta di Fabio Leli di straordinaria attualità ed anzi probabilmente destinato nei prossimi anni ad assumere ancora più importanza. Il gioco d’azzardo legalizzato è una macchina perfetta che nell’ultimo anno ha prelevato dalle tasche degli italiani 100 miliardi di euro coinvolgendo persone di ogni estrazione sociale e di ogni età: sono 400.000 i giovani tra i 9 e i 15 anni che l’hanno sperimentato.
L’inchiesta mostra: i frequenti rapporti tra i gestori delle principali società coinvolte e numerosi politici in totale spirito bipartisan con un forte coinvolgimento di personalità del PD; l’intreccio con la criminalità organizzata attraverso società con sede nei paradisi fiscali ma ritenute a tutti gli effetti interlocutori validi dalle nostre istituzioni addette all’assegnazione delle licenze; la rimozione degli uomini della Guardia di Finanza che hanno svolto le principali inchieste giungendo ad identificare colossali evasioni da parte dei gestori delle società, evasioni poi condonate con provvedimenti legislativi ad hoc.
In questo desolante quadro di normalità italiana si affacciano da un lato gruppi di giovani e associazioni (il film è prodotto con il sostegno di Libera) impegnate nel contrasto del gioco d’azzardo e dall’altro le migliaia di persone che hanno sviluppato una dipendenza dal gioco, la ludopatia, che ha portato alla distruzione della loro vita personale e familiare, percorso nel quale un ruolo non secondario continuano a svolgere gli usurai.
Mentre si assiste al film capita di sorprendersi, negativamente, quando ci si rende conto di come la situazione attuale sia stata costruita coscientemente dal potere politico, attraverso scelte che abbiamo magari subito senza nemmeno renderci conto delle loro conseguenze: impressionante è rivedere il lancio del gioco d’azzardo operata dal governo Berlusconi come scelta nazionale per aiutare la popolazione de L’Aquila coinvolta nel terremoto. Si invitava la gente a rovinarsi con lo stimolo morale a fare del bene al proprio prossimo; non meno raccapricciante è vedere la pubblicità di un progetto istituzionale rivolto agli studenti che formalmente avrebbe dovuto limitare il gioco d’azzardo e che invece ne pubblicizzava il valore fino ad arrivare a considerare sfigati e bigotti i giovani che se ne tenevano lontani.
Pagine vergognose della nostra storia nazionale dimenticate troppo in fretta che “Vivere alla grande” ci sbatte in faccia chiamandoci ad una seria presa di coscienza in una società dove tutto sembra essersi trasformato in un grande gioco nel quale si può solo affidare il proprio destino alla ruota della fortuna.
…..continua