Le invettive contro i profughi e i richiedenti asilo presenti in Italia, “mantenuti” dai poveri italiani che lavorano, sono solo l’altra faccia della medaglia delle polemiche contro la “casta” e gli “sprechi” dei politici. Con la differenza che, nel primo caso, i travasi di bile degli istrioni mediatici e dei loro seguaci sono ancora più vili, ipocriti e odiosi, perché sono rivolti contro chi non ha nessuna colpa per la condizione attuale e anzi ne è la vittima principale. I “costi della politica” sono in realtà i centesimi o i millesimi del PIL italiano, che – è sempre bene ricordarlo per comprendere gli ordini di grandezza – si aggira attorno ai 1800 miliardi di euro, e della spesa pubblica che è di circa 800 miliardi di euro all’anno, a fronte di qualche centinaio di milioni degli stipendi dei parlamentari: i quali scompaiono letteralmente solo di fronte ai “tributi” da versare al “feudatario” Europa, per il Fondo Salva Stati, il MES e il Fiscal Compact.
Analogamente i 30 euro per persona destinati ai 40 o 50 mila profughi presenti in Italia rappresentano una cifra ancora più ridicola, qualcosa come (facendo i conti della serva, moltiplicando i 30 euro per 50 mila e dividendo per 800 miliardi) lo 0,00018% dell’intera spesa pubblica. Che poi si sa che di questi 30 euro solo 2 o 3 sono effettivamente per gli stranieri e tutto il resto va alle strutture di accoglienza e agli albergatori. Anche volendo fare una colletta tra tutti gli italiani, ogni profugo graverebbe su ognuno di noi (60 milioni) per la straordinaria somma di 0,0000005 euro, ben 2 centesimi a testa per tutti quanti i profughi presenti in Italia!
Ma al di là di tutta la manfrina inutile sui centesimi e sui millesimi di qualche poveraccio, proprio nel mentre l’usura finanziaria, di ben altre proporzioni, sta strangolando la nostra economia, ci si dimentica sempre che i primi immigrati siamo noi occidentali. E non sto parlando della guerra di Libia o d’Etiopia del secolo scorso, sto parlando del presente, anno di grazia 2015. Noi, con le nostre multinazionali e i nostri coloni che costituiscono una casta (questa sì, reale) di sfruttatori privilegiati in loco, con i nostri governi che orchestrano colpi di stato e armano milizie di mercenari per assicurarsi l’accaparramento delle risorse con la forza, quando non è possibile con l’economia e con la “mano invisibile” del mercato. I lavoratori malpagati del cosiddetto Terzo Mondo hanno costituito il vero “miracolo economico” italiano (come di tutta l’Europa) e rappresentano ancora l’origine dei risparmi cui le famiglie italiane ora attingono in una fase di recessione economica.
Dunque, la vera causa che ha portato i migranti a fuggire dalle loro terre per approdare sulle nostre coste non è la volontà di “fare la bella vita” negli alberghi italiani, di delinquere, di convertirci all’Islam o altri fantasiosi moventi che possono essere inventati da Salvini & Soci; la vera causa è il nostro colonialismo, sul quale tutti noi, ricchi e poveri (in diverse proporzioni ovviamente, ma comunque tutti noi) abbiamo mangiato e continuiamo a mangiare. I veri parassiti siamo noi occidentali. Siamo noi che dovremmo tornarcene a casa nostra.
Personaggi come Grillo e Salvini sono degli sciacalli mediatici di infima risma, che approfittano dell’ignoranza generale per scaricare problemi enormi su minuscoli capri espiatori, tutto al fine di raccattare qualche punto in più nei sondaggi elettorali. Ma quel che è peggio contribuiscono a occultare le vere ragioni delle migrazioni contemporanee, innescando un odio cieco e irrazionale nei confronti dell’insignificante Razzi di turno, o, cosa ancor più grave, verso il naufrago disperato raccolto nei nostri mari. Tutta questa catarsi collettiva da un lato ci autoassolve, dall’altro mantiene ben protetti e al riparo da qualsiasi protesta i principali responsabili, gli usurai internazionali, le élite capitaliste puntualmente assolte e preservate da ogni critica, cioè l’unica reale “casta” mondiale esistente, che gli urlatori grillini o leghisti si guardano bene dal mettere sotto accusa, stornando tutto il malcontento popolare verso anelli più deboli della catena.