“Giù le armi “ è il titolo del libro più noto scritto dalla pacifista austriaca, la baronessa Bertha von Stutter, la prima donna a ricevere il Premio Nobel per la pace nel 1905. Scritto nel 1887 e tradotto in 20 lingue, è diventato il libro più letto degli ultimi decenni dell’Ottocento. Bertha von Suttner denunciava l’insorgere pericoloso dei nazionalismi e la corsa agli armamenti.
Amica di Alfred Nobel, dobbiamo probabilmente a lei l’istituzione tra i tanti premi Nobel di quello per la pace. È importante ricordarla perché sarà lei, per prima, con la sua attività internazionalista, a lanciare il sodalizio tra femminismo e pacifismo che ha poi prosperato significativamente negli anni a venire.
Sodalizio efficacemente portato avanti da Jane Addams, anche lei insignita del premio Nobel per la pace nel 1931, la seconda donna a riceverlo, Nota nel suo paese gli Stati Uniti come riformatrice sociale, a Chicago, nei quartieri più poveri della città, fondò delle comunità- di cui scrisse nel libro Hull House-dove si portavano avanti delle pratiche di cittadinanza pacifica tra persone di provenienza diversa, di religione diversa. Dobbiamo a lei quella frase che sentiamo spesso ripetere :
“Per pace non si intende semplicemente assenza di guerra, ma il dispiegamento di tutta una serie di processi costruttivi e vitali che si rivolgono alla realizzazione di uno sviluppo comune”.
Jane Addams è stata l’anima della Lega Internazionale delle donne per la pace e la libertà (Wilpf) di cui il 28 aprile si è celebrato l’anniversario della nascita, 109 anni fa.
Nel 1915 nel secondo anno in cui imperversava la Prima guerra mondiale, un gruppo di 1136 donne provenienti da 22 paesi in guerra e neutrali, accolsero l’invito di Jane Adams e di Aletta Jacob, una suffragista olandese, di ritrovarsi all’Aja per lanciare un appello ai ministri della Difesa di porre fine alla guerra. Queste donne superarono enormi difficoltà; la traversata dall’ America, da New York al continente europeo significava tre settimane di viaggio in mare, l’Europa era in guerra, le comunicazioni erano difficili, interrotte, pericolose. Non tutte riuscirono ad arrivare a destinazione, la delegazione delle donne inglesi non riuscì ad arrivare sul suolo europeo perché al momento dell’imbarco le autorità rifiutarono il permesso di lasciare il paese. L’impresa di queste donne di lasciare le loro case e intraprendere il viaggio periglioso fino all’Aja è di per sé stesso eroico, ed è triste constatare che i testi scolastici non lo ricordino.
Tra quelle 1136 donne c’era anche un’italiana, una sarta di Milano Rosa Genoni, una donna che riuscì a emergere nel mondo della moda, pur essendo cresciuta nella povertà, diventò socialista e si batté per i diritti delle donne e dei più bisognosi. Quando i suoi sette fratelli disertarono il fronte della guerra, Rosa donò loro trecento lire a testa per farli emigrare in Australia, dove oggi è presente una piccola comunità di discendenti della famiglia.
Il fatto che tra le fondatrici della Wilpf ci siano state donne femministe di grande spicco oltre a Jane Addams la seconda presidente Emily Green Balch, studiosa anche lei insignita del Nobel per la pace nel 1946, ha dato un tono molto preciso a questa organizzazione che ha, uno dei suoi aspetti fondanti, nella pratica di una diplomazia femminista. Queste donne avevano maturato un’esperienza decennale come riformatrici sociali, sapevano come risolvere i conflitti di classe di genere e di etnia, portarono nel movimento pacifista questa loro precisa esperienza e la volontà di applicare una strategia di continua negoziazione alla risoluzione dei conflitti.
La lega internazionale delle donne ha continuato negli anni ad attrarre le donne migliori. In Italia ad esempio sono state socie onorarie personalità del mondo della cultura, della politica, della scienza, come l’avvocata Tina Lagostena Bassi, l’attrice e attivista Franca Rame, la scienziata Rita Levi Montalcini, la politica Adele Faccio, Franca Ongaro Basaglia e tante altre.
Fin dal suo secondo congresso a Ginevra nel 1919 Wilpf ha chiarito che l’ostacolo al raggiungimento della pace erano gli interessi economici e imperialistici degli Stati e il colonialismo. L’Onu non era ancora stato fondato ma Wilpf invocò la creazione di un’istituzione al di sopra delle parti per l’arbitrio dei conflitti tra gli Stati.
Già da allora uno dei loro slogan era “Spostare i soldi dalla guerra alla pace”.