Sabato 6 aprile, presso l’auditorio S. Luigi di Trani, si è tenuta la proiezione del documentario “Food for Profit” di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi, un viaggio all’interno dei rapporti tra industria alimentare, lobby e potere politico, una denuncia dei meccanismi di finanziamento della politica comune dell’Unione Europea, sempre più sganciata dalle esigenze dei cittadini, dalla tutela della salute e dai diritti degli animali.
L’evento è stato organizzato da una rete cittadina locale sorta spontaneamente in previsione della proiezione, con la collaborazione di Hub Porta Nova, Wolakota Barletta, Legambiente Trani e il patrocinio di Retake, Animal Law Italia e WEEC.
Il film, proiettato in numerose sale e teatri in giro per l’Italia, è uno dei più visti nelle ultime settimane nel nostro Paese, pur non essendo incluso nella distribuzione mainstream per ovvie ragioni politiche.
L’autrice, nota al grande pubblico per la sua attività giornalistica in programmi televisivi di successo, era presente in sala e ha risposto alle numerose domande scaturite da un dibattito appassionato e trasversale, che ha toccato i tanti aspetti collegati all’argomento, interconnessi dalla logica e dalle derive del capitalismo neoliberista.
La sala si è riempita dieci minuti prima dell’inizio del film ed è stato necessario organizzare una proiezione in contemporanea in un edificio adiacente, a dimostrazione del grande interesse suscitato nella comunità dalle tematiche ecologiste.
Gli allevamenti intensivi stanno prendendo sempre più piede nel nostro continente sul modello cinese e sono finanziati da massicce dosi di miliardi europei, pur rappresentando un pericolo per la nostra salute a causa in primis della resistenza agli antibiotici e del rischio pandemico, per la vita di animali maltrattati e “usati” per fini commerciali, per l’ambiente a seguito dell’enorme spreco di acqua e della deforestazione e per gli stessi diritti sociali: investire nella transizione ecologica significa anche creare lavoro contro la scelta “intensiva” che, al contrario, riduce sempre più la presenza e il controllo dell’essere umano nella produzione alimentare.
Il documentario ha un taglio investigativo ma uno stile cinematografico; affidando a una squadra di investigatori sotto copertura il compito di smascherare l’ipocrisia di molti rappresentanti dell’Europarlamento, propone come soluzioni lo stop ai sussidi pubblici agli allevamenti intensivi e una moratoria su quelli non ancora finanziati.
Al termine del dibattito abbiamo potuto rivolgere alcune domande a Giulia Innocenzi sui pochi aspetti che non erano stati affrontati nel lungo dibattito post-proiezione.
Le tematiche ambientaliste e animaliste sono strettamente legate alle questioni generali del capitalismo e dello sfruttamento, quindi anche ad altri aspetti dell’economia. Come credi si possa creare una sinergia tra settori diversi della società che hanno in comune l’obiettivo di un Paese più equo e più sano?
In quanto giornalista il mio primo obiettivo è quello di creare un dibattito pubblico, ma ho anche un’anima da attivista e mi piace portare avanti battaglie politiche. E’ fondamentale che i cittadini escano dal loro torpore e si sentano responsabilizzati, ad esempio esercitando un voto consapevole alle prossime elezioni europee, ma anche attraverso iniziative dirette nelle proprie comunità territoriali. Non è possibile aspettare un cambiamento dall’alto e con questo film, che ritengo politico, ho proprio cercato di favorire una presa di coscienza riguardo alla possibilità di incontro tra anime diverse della società, in grado di organizzarsi nella condivisione di interessi comuni.
Credi ancora che l’Unione Europea, con tutte le sue difficoltà e divergenze ideologiche, possa costituire uno strumento per rappresentare e valorizzare la richiesta di maggiore salvaguardia della salute, della tutela dell’ambiente e dei diritti sociali, per far arrivare la voce delle persone a chi può tradurre in atto le loro richieste?
Assolutamente sì. Oggi che dobbiamo confrontarci con colossi come Cina e Stati Uniti non possiamo restare isolati nella nostra piccola Italia, per cui l’Europa è fondamentale. Tuttavia quello che voglio mostrare con il film è che l’Europa non è un colosso indistruttibile e va messa in discussione a partire dalla democrazia che la governa, che va rafforzata. I cittadini devono essere inseriti maggiormente nel processo decisionale, ad esempio attraverso una delle proposte presenti nel film, un’assemblea pubblica di cittadini estratti a sorte, esperimento già portato avanti in alcuni Paesi europei. Sono i cittadini che devono decidere come stanziare i soldi pubblici verso la politica comune, togliendo questo potere alle lobby.
Cosa pensi della lista “Pace, Terra e Dignità” da poco presentata da Michele Santoro, colui che ti ha “lanciato” in qualità di giornalista televisiva?
Santoro sta imponendo dei temi che sono scomparsi dal dibattito pubblico nonostante siamo nel periodo storico più cruento dalla seconda guerra mondiale e sta cercando di mettere al centro la parola “pace”. Spero che abbia un successo elettorale tale che il suo movimento possa entrare al Parlamento Europeo, ma non ho intenzione di candidarmi, perché credo di essere più utile continuando a fare il mio lavoro di giornalista.