Nella tarda mattinata del 26 marzo a Londra Julian Assange sentirà pronunciare il verdetto dei due giudici dell’Alta Corte britannica che dovranno decidere se riaprire il suo processo oppure negare ogni ulteriore ricorso e quindi consentire l’estradizione negli Stati Uniti, dove lo attendono un processo già scritto e fino a 175 anni di galera.
Contemporaneamente a Roma, dalle 12.30 alle 14, gli attivisti pro-Assange si riuniranno in solidarietà davanti all’Ambasciata del Regno Unito. Se saranno un numero contenuto, potranno stare sul marciapiede dall’altra parte di via XX Settembre rispetto all’ambasciata; altrimenti, se saranno troppo numerosi, dovranno manifestare davanti all’entrata di Porta Pia, lato Corso d’Italia.
A Napoli gli attivisti si riuniranno alle 17.30 in Piazza Dante, dove in altre occasioni hanno già allestito una “cella” piccola come quella di Julian (3mx2m), in cui, a turni, si siedono vestiti di arancione come i prigionieri di Guantanamo.
A Milano, invece, l’appuntamento è per le ore 18 in piazza del Liberty, davanti al consolato britannico di Milano. Si tratta di un presidio per valutare insieme quanto sarà stato deliberato dai giudici inglesi e per preparare le eventuali altre iniziative di contestazione.
La notifica della sentenza, che avverrà oggi a Londra dopo le 11.30 ora italiana, fa seguito alle due udienze che i giudici hanno presieduto il 20 e il 21 febbraio scorso. Dopo aver sentito le parti, avevano chiesto una ulteriore documentazione, da fornire entro il 4 marzo. Ci sono voluti altre tre settimane per studiare i documenti e per scrivere il verdetto.
Negare la riapertura del caso significherebbe, in pratica, consegnare Assange nelle mani dei marshall (ufficiali giudiziari) statunitensi, che lo porteranno negli Stati Uniti su un aereo che è già sulla pista di un vicino aeroporto militare britannico.
Concedere la riapertura, invece, significherebbe consentire all’Alta Corte di rivedere i difetti della richiesta statunitense di estradizione già presentati nel 2021 in primo grado ma, secondo gli avvocati di Julian, Edward Fitzgerald e Mark Summers, insufficientemente presi in esame dall’allora giudice Vanessa Baraitser.
I due giudici che si pronunceranno questa mattina sono Dame Victoria Sharp, presidente del tribunale per anzianità e Jeremy Johnson. Quest’ultimo, da avvocato, ha difeso i Servizi Segreti britannici (MI6) e il Ministro britannico della Difesa – due enti denunciati da Julian Assange in passato con rivelazioni sul suo sito WikiLeaks. Tuttavia, non è detto che i due non possono comunque negare agli Stati Uniti l’estradizione di Assange. L’anno scorso, per esempio, Sharp e Johnson si sono pronunciati contro l’estradizione negli Stati Uniti di un cittadino britannico accusato di frode in criptovalute, sostenendo che “era possibile perseguirlo nel Regno Unito”.